Perfezione e morte: simbologia, miti e mercato della frutta extralusso

Cibo è il nostro inserto mensile che racconta il mondo attraverso ciò che mangiamo. Esce l’ultimo sabato di ogni mese sulla app di Domani e in edicola. In ogni numero svisceriamo un tema diverso con articoli, approfondimenti e commenti: il tema del numero di questo mese è la frutta che diventa un lusso. Qui troverete man mano tutti gli altri articoli di questo numero. In questa pagina, invece, tutti gli altri articoli di Cibo, che è anche una newsletter gratuita. Ci si iscrive a questo link. Il sapore del futuro: quanto pesa il gusto nuovo che si coltiverà Al mercato cittadino, tra i banchi ancora pieni e nel cuore dell’estate, c’è una pesca. Non una qualsiasi: perfetta, polpa tesa sotto la peluria dorata, forma simmetrica, profumo sottile ma presente. Costa diciotto euro al chilo. Qualcuno la prende, la pesa nella mano, la rimette giù. La infila con cautela nella borsa e la porta via con sé. Una cosa è abbastanza certa: non la mangerà, o almeno non subito. Sembra una storia, ma è una perdizione quotidiana quella di desiderare un frutto. È un gesto antico, che non ha a che fare con la fame ma con un’urgenza più segreta. Nella Genesi, Eva prende un frutto e con quel gesto inaugura il mondo fuori dal paradiso. Non ha fame, cerca conoscenza. Anche Paride, quando consegna il pomo d’oro alla più bella, non nutre: divide, destabilizza. Persefone accetta sei semi di melograno mentre è negli Inferi, e con quel gesto si vincola al regno dei morti. Secondo il mito, trascorre sei mesi con Ade e sei con la madre Demetra, che durante la sua assenza lascia la terra arida e incolta. È in quel gesto – apparentemente minimo – che si fonda il ciclo delle stagioni, una scelta che crea il tempo. Da Dioniso al no alcol, miti e falsi miti nel mondo del vino Non è frutta, è rito. È il passaggio da uno stato a un altro. Il frutto proibito non ha stagione, cambia forma, ma resta intatto nel suo status di oggetto desiderato e sottratto. Lo sapevano anche i poeti. Nel Cantico dei Cantici, le labbra della sposa sono “come un nastro di porpora” e le sue gote “come spicchio di melograna”, metafore che parlano di sensualità e fertilità. La frutta è sempre messaggio: del corpo, del desiderio, del tempo. In Biancaneve, la mela è promessa e veleno insieme. Nel Gattopardo, la natura siciliana è piena di odori dolci e marcescenti: “L’odore di gelsomino, di limoni marci, di polvere calda, si spandeva nell’aria”. Il frutto maturo non consola: inquieta. La febbre dell'oro tagiko, il potere delle albicocche Questione di marketing Oggi il frutto proibito non si trova più tra i rami dell’Eden, ma nelle vetrine climatizzate di un grande magazzino, sotto lampade a led e confezioni in cartoncino ruvido. A Tokyo (in realtà Sapporo), all’inizio della stagione nel 2019, una coppia di meloni Yubari King è stata battuta all’asta per 5 milioni di yen, nuovo record assoluto per la varietà. Sempre in Giappone, all’asta inaugurale del mercato di Hachinohe, una cassetta di ciliegie Aomori Heartbeat (varietà Juno Heart) è stata venduta per 600.000 yen (quasi a 4.000 euro). In Italia, varietà locali di pesche saturnine vengono selezionate, lucidate, vendute in confezioni singole. Alcune aziende tecnologiche sviluppano sistemi capaci di rilevare difetti invisibili, per garantire l’ideale estetico della frutta. Ma oggi non si vende più solo frutta. Si vende un’idea: di purezza, di eccezione, di promessa. Un frutto perfetto, isolato, privo di imperfezioni visibili, si espone come un corpo. Spesso nudo, a volte protetto da reti bianche, coccolato da veli trasparenti. Non è un bene di consumo: è una rappresentazione. Si cela dietro le plastiche, oppure viene tagliato a pezzi, pronto per essere guardato prima ancora che mangiato. Il frutto extralusso è ciò che resta dell’Eden in un mondo che non crede più alla caduta ma continua a desiderare il peccato. Costoso, inaccessibile, immobile, privo di odore ma non di forma. A testimoniare che qualcosa, da qualche parte, è ancora perfetto. Il paradosso dell’anguria: caldo e concorrenza insidiano la Puglia Lo sanno bene i contadini, le donne e gli uomini di una volta, e chi abita le province: a volte il difetto non è imperfezione, ma verità. E così il confronto tra apparenza e sostanza si densifica attorno all’alimento più carico di bellezza. La frutta: la mela dell’Eden, quella delle fiabe, ma anche quella nelle cassette in plastica delle corsie. È simbolo di bellezza, ma anche di illusione. Chi la compra, raramente intende mangiarla famelicamente. La tiene da parte, le assegna uno spazio preciso in casa. Oppure la osserva fino a quando non è più commestibile. Il frutto proibito non nutre, non disseta. Fa qualcosa di più importante: tiene viva la distanza tra il desiderio e il suo oggetto. È in quello spazio che si muove il lusso. La persona, quella con la pesca, l’ha portata a casa. L’ha posata sul marmo, l’ha guardata per giorni. Ogni sera ne ha valutato il colore, la tensione della buccia, la resa della forma alla luce. L’ultima sera di luglio, l’ha sbucciata. La polpa era perfetta, ma non era più importante. Doveva consumarla. Non per istinto, ma per morale: quella di chi pensa che ciò che si compra va sempre mangiato. Il desiderio incontra il peccato, e l’uomo cerca di redimersi. L’ultimo atto di una parafrasi millenaria. [Missing Caption][Missing Credit]