Gert Jonkers è editore e direttore di Fantastic Man, unanimemente considerata la migliore rivista internazionale di stile maschile degli ultimi dieci anni, con sede a Londra e Amsterdam. L’intervista è parte di una serie di interviste condotte dal critico Carlo Antonelli contenute nello speciale DopoDomani dedicato alla moda, in edicola e in digitale sabato 18 dicembre. Leggi qui tutte le interviste in aggiornamento.

Carlo Antonelli: A che punto è lo stile maschile oggi? Dal punto di vista tecnico, metaforico, geografico. 

Gert Jonkers: È in un’ottima posizione in termini economici. È anche dappertutto, in tutto il mondo: molti parti del pianeta stanno dettando lo stile corrente. La moda maschile oggi è molto divertente e di grande ispirazione. Il “leisurewear” sportivo in California. Il modo con cui gli uomini coreani abbracciamo la moda in modo così accorato. Lo stile comunque radicale della gente nelle strade di Londra. E, come sempre, la classica eleganza di Parigi con i maglioni a collo alto, gli stivaletti neri a punta, e i lunghi cappotti neri. E così via. 

Antonelli: Chi sono le menti (e le mani, e i cuori) che hanno intuito, venti anni o dieci anni fa, cosa sarebbe stato lo stile del momento? 

Jonkers: Demna Gvasalia, direttore creativo di Balenciaga e Vetements, che è oggi così influente e potente al punto da cambiare il suo nome semplicemente in Demna. Il modo con cui gioca con il “volume” è grandioso.

Ci sono elementi di Martin Margiela nel lavoro di Demna, e in tal senso Margiela esercita ancora una grande influenza su tutto, anche se Martin ha smesso di disegnare moda circa quindici anni fa. Ma il suo stile è ancora di grande ispirazione, è supermoderno ed è qualcosa con cui relazionarsi facilmente.

Ammiro l’opulenza e l’isteria che Alessandro Michele di Gucci ha portato nel vestire maschile. Guardando indietro, ovviamente Hedi Slimane ha colto perfettamente lo spirito del tempo nei primi anni Dieci di questo secolo. È difficile da dire se è stato lui (e Raf Simons e Thom Browne) a introdurre la silhouette stretta e supermagra attraverso il suo modo di lavorare o se questo sarebbe successo comunque. Ma certo “skinny” è stato IL look del Ventunesimo secolo.

È un sollievo vedere che ci si sta allontanando da questo verso una forma più larga, più ampia. Ma, tristemente, ci vorrà tempo per cambiare davvero lo stile maschile. Se interessa, cercate su Google “Hoekstra Superdry” e cercate le immagini dei maggiori politici olandesi che trattano per il nuovo governo in uno stile casual come minimo scioccante.

Antonelli: La pandemia e i cambianti demografici hanno definitivamente accelerato l’erosione dello stile classico? È finalmente finito il Novecento? 

Jonkers: Sì, il Ventesimo secolo è finito. Sappiamo che ci sono volute più o meno due decadi perché il Ventunesimo iniziasse davvero. Vorrei per questo che venisse meno l’elemento nostalgico, in termini di riferimenti di stile. Ma questo non significa che non si debba qualche volta guardare al passato per trovare ispirazione. La noiosa accoppiata di giacca e cravatta è stata dichiarata morta un’infinità di volte, ma non si può mai dire! La gioia di mettere vestiti dovrà sempre avere un elemento di sorpresa. Come quando si indossa qualcosa di sbagliato, in qualche modo anche di orrendo. Come quando hai il coraggio di abbracciare un capo che tu odi. Lo shock del vero stile. Quando non riusciremo più a sorprendere noi stessi e gli altri con quello che indossiamo, la moda sarà finita.

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