C’è un incubo che mi perseguita negli ultimi anni. Sogno che le mie chat, quelle di gruppo con amici e amiche, quelle in cui do sfogo ai miei peggiori istinti triviali, diventino pubbliche. Sogno che vengano proiettate a Times Square, o peggio, inviate ai diretti interessati dei messaggi gonfi di vile scherno.

Poi mi sveglio e mi ricordo che esistono gli screenshot, che io stessa uso per prendermi gioco di chi sta dicendo un’idiozia: ho la galleria immagini di Whatsapp intasata di screenshot, un archivio che farebbe gola alla Stasi.

In questo Panopticon digitale in cui ci siamo calati senza battere ciglio, accettando cookies dagli estranei, nonostante il primo grande insegnamento di mamma fosse proprio «Non prendere caramelle da chi non conosci», la libertà di fare schifo, privatamente, è sempre più in pericolo.

E non parlo di quei discorsi demenziali alla Elon Musk sul free speech e sul diritto di usare Twitter come una cloaca di insulti, mi riferisco a quei momenti in cui, come durante una confessione col prete, sai di poter dire tutto quello che vuoi, sfogarti, riversare il peggio che ti passa per la mente perché tanto nessuno, o quasi, lo saprà mai.

«The act of cheating is defined by the act of getting caught», dice Samantha Jones in Sex and the City, i famosi alberi che cadono nella foresta e fanno rumore, se un pensiero brutto viene detto in camera caritatis, vale comunque come macchia sulla propria fedina morale?

Non so dare una risposta precisa, ma so che si tratta di un terreno molto scivoloso, soprattutto quando queste cose avvengono in televisione. In tv, dove il momento di passaggio da diretta a fuorionda costituisce un limbo tra la messa in scena e la realtà, dove la personalità di chi sta davanti alla telecamera deve, per forza, sdoppiarsi, in un dualismo che fa l’essenza di questo lavoro, con tutte le leggende metropolitane che ne conseguono, su presentatori acidi, despoti, violenti, e che non appena sono in diretta diventano omini di zucchero.

Fuorionda

Il tema del fuorionda è sempre esistito, anche prima di internet, il luogo in cui si avverano tutte le fantasie foucaultiane più perverse sul controllo. Da quando sono gli utenti a monitorare l’andazzo della televisione, i controllori della buoncostume mediatica si sono moltiplicati in modo esponenziale, e ciò che un tempo sarebbe servito alla Gialappa’s come materiale di commento a Mai Dire Grande Fratello, diventa un caso mediatico.

Ogni accenno a una bestemmia che si intravede nella casa più spiata d’Italia diventa subito un tweet indignato che invoca l’eliminazione del concorrente, cosa che nella maggior parte dei casi avviene – Stefano Bettarini, Denis Dosio, Riccardo Fogli, per citarne qualcuno.

Così, non è passato inosservato il commento di Piergiorgio Giacovazzo, giornalista del Tg2, che nel giorno della festa del papà è caduto nella trappola del nero, con un microfono lasciato aperto giusto quei pochi secondi in più necessari a cogliere il suo commento non proprio delicato sull’esibizione di Fiorello e della figlia Angelica. «Che carini, adesso questa c’avrà dodici trasm…», trasmissioni, immaginiamo che sia il seguito della parola troncata, degna chiusura di questa apostrofe ai nepo-baby all’italiana. Del resto, abbiamo chiuso il 2023 con il fuorionda della giornalista della Bbbc che fa il dito medio al mondo intero.

Le giuste priorità

La risposta di Fiorello, maestro dell’autoironia, già imperatore del Ballo del Qua Qua, è stata una ventata di aria fresca nel caldo asfissiante dell’indignazione. Come prima cosa, ha precisato di aver già chiarito personalmente con Giacovazzo, dopo l’annuncio dei provvedimenti disciplinari della Rai, sollevando un punto fondamentale della questione: se sentissero i miei, di fuorionda, sarei già in carcere.

Poi, durante la diretta di VivaRai2!, ha messo in scena una gag in cui finge di essere lui il protagonista di un fuorionda rubato, tirando in ballo José Sebastiani, figlio di Amadeus, noto volto del front row di Sanremo. Nell’era dell’iper suscettibilità, praticata a destra, sinistra, centro, in televisione, online e ovunque ci sia spazio per dirsi offesi, per fortuna esiste ancora chi non si offende e rimette al loro posto le priorità.

Eppure, c’è chi i fuorionda li prende molto sul serio. Pochi mesi fa abbiamo assistito al clamoroso caso di Andrea Giambruno: con le sue battute da spogliatoio il cromatologo dei threesome si è giocato la relazione con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni – ma non il posto di lavoro.

E il palcoscenico per eccellenza di queste gaffe, ben prima dei rimpalli social di video virali, è senza dubbio Striscia la notizia; l’occhio onnipotente di Antonio Ricci, come quello di Sauron, vede tutto, soprattutto quello che noi non possiamo vedere.

Anni e anni di Emilio Fede che si fa cogliere in flagrante mentre si dice da solo “Che figura di merda”, o mentre canticchia l’inno di Forza Italia con romantico trasporto, non possono essere dimenticati. Perché questi fuorionda vengano diffusi, ma soprattutto perché certi personaggi diventano protagonisti dei dossier del Gabibbo, resta un grande mistero italiano. E la costellazione di stelle cadute, tra servizi di Striscia e passaggi a Blob, è pronta ad accogliere sempre nuove figuracce, dopo Flavio Insinna contro la signora e gli autori di Affari tuoi, Guardì contro l’entourage de I fatti vostri, le compilation blasfeme di Germano Mosconi, un vero e proprio cult di internet, per citare i grandi classici.

Lo studio televisivo è un luogo di lavoro, tanto quanto l’aula di una università o lo sportello delle poste, e il confine tra il dicibile e l’indicibile si traccia esattamente come in qualsiasi altro luogo di lavoro, molestie verbali, insulti, maltrattamenti non sono mai comportamenti da tollerare, questo dovrebbe essere assodato.

Detto ciò, il caso Giacovazzo, con la reazione a caldo di Fiorello, segna un precedente interessante, perché squarcia il velo della finzione, non solo televisiva, ma universale. Giacovazzo siamo noi, quando con i colleghi prendiamo in giro il capo sul canale Slack privato, quando con l’amica sfottiamo l’altra amica che si è coperta di ridicolo su Instagram, quando sbagliamo il destinatario e mandiamo uno screenshot al diretto interessato della presa in giro.

Giacovazzo sono io, che faccio gli incubi sull’essere sgamata mentre dico una battuta un po’ troppo spinta su Whatsapp, e qualcuno la stampa per farci un cartellone pubblicitario. E dunque, in un mondo di Roberto Sergio, siate tutti e tutte un po’ più Fiorello.

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