Dopo il virus c’è la guerra che cambia il mondo e le nostre vite. Cambiano le nostre aspettative e le nostre paure. Persino quella di avere freddo. O troppo caldo. Occidentali viziati. Cambiano i desideri, i sentimenti, i sogni. È ritornata la storia e, tra guerra e malattia, è ritornata la morte. Con prepotenza. Ci tortura coi suoi quotidiani conteggi. Per tanto tempo rimossa.

Non siamo psichicamente attrezzati, occidentali viziati, non siamo culturalmente alfabetizzati a questo ritorno del rimosso. Insomma, il nostro immaginario è stato travolto e stravolto. Pertanto cambia anche la classifica dei libri. E le scelte di lettura ci danno un indizio e una semiotica di come siano fatti oggi gli italiani.

Si fidano di Gianrico Carofiglio, un ex magistrato, un tecnico, una sorta di Draghi della letteratura. Investigativa nella trama, chiara nelle parole esatte, intensa nello scandaglio esistenziale. È primo con Rancore, Einaudi Stile Libero. Dal 2 maggio sarà su Raitre con un suo programma, Dilemmi. (Per garantire un dibattito civile, gli ospiti dovranno seguire delle precise regole, che verranno enunciate da Carofiglio all’inizio della puntata: vietato attaccare la persona; manipolare gli argomenti altrui, obbligatorio fornire le prove delle proprie affermazioni).

Le adolescenti si fidano delle loro amiche su TikTok e leggono per piangere le storie del Fabbricante di lacrime di Erin Doom, Magazzini Salani, che è secondo.

La luna di Kiev

Poi irrompe la guerra che ridisegna la classifica (e il paradosso è che la migliora) assieme all’immaginario. Con Stalingrado di Grossman, La Russia di Putin di Anna Politkovskaja, entrambi da Adelphi e il libro postumo di Gino Strada da Feltrinelli nella top ten. Sono tutti libri di autori morti.

Un’opera mondo, 800 pagine di uno dei più grandi romanzi del Novecento, scritto dallo scrittore sovietico Vasilij Semënovič Grossman a partire dal 1943 (e prima parte della dilogia che compone con Vita e destino), tessendo i fatti del mondo con i destini delle persone. Un reportage del 2004 in cui la giornalista russa assassinata nel 2006 ci avvertiva che «la Russia ha già avuto governanti di questa risma. Ed è finita in tragedia. In un bagno di sangue. In guerre civili». E Una persona alla volta, la vita spesa da Gino Strada in mezzo mondo dal Pakistan, all’Afghanistan e la Bosnia, dedicando tutta la sua competenza di chirurgo di urgenza alla cura dei feriti di guerra.

Ma l’indizio chiave per capire ancora meglio è il terzo posto di un libro fatto di una sola filastrocca, scritta settanta anni fa da Gianni Rodari e dedicata alla luna di Kiev.

Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…

Una preghiera di pace

Un mantra. Una preghiera. Per capire ancora di più interrogo Vanessa Roghi, la storica che dedicato alla storia di Rodari il libro Lezioni di fantastica, Laterza, che mi dice: «Quando Einaudi ragazzi ha deciso di pubblicare un libro con la sola Luna di Kiev la guerra era appena iniziata e la poesia già diventata virale. Non è la prima volta che una poesia diventa un albo illustrato, in questo caso dalla bravissima Beatrice Alemagna. Ma è la prima volta che una filastrocca di Rodari viene usata per raccogliere fondi per una guerra contemporanea. I ricavati delle vendite saranno interamente devoluti alla Croce Rossa Italiana per l’emergenza in Ucraina».

«Non so immaginare quanto Rodari sarebbe stato disperato per quello che sta accadendo fra Russia e Ucraina, due luoghi che lui ha frequentato e amato allo stesso modo. Lì tutte le persone nate dopo il 1940 conoscono Rodari e il suo Cipollino. Rodari è stato davvero lo scrittore italiano più tradotto. Così colpisce e commuove che siano le sue parole a parlare oggi di pace. Quella luna di Kiev che vediamo da qui, lui la vedeva negli anni della Guerra fredda ed era uno specchio per guardare oltre cortina e immaginare un mondo senza barriere».

«Oggi quella luna è la stessa, e la vediamo qua, a Kiev e a Mosca. Riflette la speranza. Se oggi Rodari è al terzo posto in classifica insieme a Grossman e Politkovskaja è perché di questo c'è bisogno. Intelligenza, strumenti di comprensione, passione nel farlo e speranza.»

Gianni Rodari non ha soltanto inventato filastrocche, ha fatto molto di più: ha inventato un nuovo modo di guardare il mondo.

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