Hanno fatto scalpore i giovani attivisti di Just Stop Oil ripresi nel gesto apparente di imbrattare con minestra di pomodoro un dipinto della National Gallery di Londra. Il quadro prescelto per il gesto di protesta ambientale, I girasoli di van Gogh, è possibilmente uno dei quadri più famosi al mondo, pertanto la sequenza dell’attacco è diventata virale in pochi secondi, assurgendo poi a notizia principale di telegiornali e testate mondiali. Non c’è dubbio quindi che la messa in scena è stata di grande successo.

Guardando la scena mi sono tornate in mente le manifestazioni delle suffragette, che più di un secolo fa fecero ricorso a gesti estremi per far conoscere la loro causa e la loro disperazione. Una di queste, Mary Richardson, nel 1914 sfregiò la Venere di Velázquez. Nessuno oggi dubita che le suffragette (lottavano per ottenere il suffragio anche per le donne) avessero ragione, anche se il gesto della Richardson rimane condannabile. Nella stessa maniera dubito che si possa disconoscere l’urgenza che la crisi climatica impone alle nostre scelte energetiche.

Condanna

Ma, oggi come allora, il gesto degli attivisti è stato duramente condannato da molti. Violare l’arte, si è detto, non è ammissibile per nessuna causa. In quanto direttrice di museo la mia reazione immediata è stata la stessa.

Va detto però che con questo coup de théâtre non si è fatto male nessuno, se non forse un po’ gli attivisti che si sono incollati le mani alla parete del museo. Il dipinto infatti era protetto da un vetro, per cui è rimasto illeso.

Alla luce dei fatti, il gesto dei giovani più che vandalico sembra poetico, e straziante il loro grido di rivalsa: vale più l’arte della vita? “Ma no, certo che no”, rispondiamo noi dall’alto della nostra certezza di essere nel giusto. “L’arte è vita” pontifichiamo noi, non vedete come i girasoli di van Gogh sprizzino energia vitale? Guardandoli si capisce che bisogna voler bene alla natura. “L’arte è dalla vostra parte” continuiamo poi, “non attaccatela!”. E siamo in molti a pensarla così. E i musei sono infatti spazi importanti per promuovere la coscienza climatica.

La mostra in corso alle Gallerie Estensi a Modena (“Simon Starling. Metamorfuoco sotto la luce del Tintoretto”) fa proprio questo, interrogandosi sul rapporto complesso tra l’uomo e il fuoco e la forza distruttiva del fuoco (come di tutte le tecnologie) sulla natura.

Presa di coscienza

Ma promuovere un concetto o degli ideali non vuol dire sempre rispettarli. Più penso a questi giovanissimi e disperati ragazzi, impauriti di non aver più futuro, più penso che il loro gesto ci imponga una presa di coscienza. È ora di interrogarsi sul difficile rapporto tra mondo dell’arte e ambiente.

Cominciamo a contabilizzare le emissioni derivanti dalle varie attività dei musei e non solo il numero dei visitatori, valutiamo la bontà dei progetti digitali prima di intasare di dati i server ad alto consumo energetico, stabiliamo la reale necessità di alcune mostre e fiere in base al loro impatto ambientale.

Propongo un’economia di “scambio” basata sull’analisi costi-benefici: valutiamo tra impatto ambientale e impatto culturale. Sprechiamo meno energia per le cose che non servono e concentriamoci su quelle che servono. Consumiamo meno. Consumiamo meglio.

Aiutiamo questi ragazzi a proteggere l’arte insieme al mondo. Diamogli una mano. Accogliamo le loro istanze e rendiamoci esempio. O perlomeno pensiamoci.

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