Pablo Picasso (Malaga, 25 ottobre 1881 – Mougins, 8 aprile 1973), è stato pittore, scultore e litografo: della sua vita e sulla sua opera c’è una biblioteca che fa tremare chiunque ci si accosti. Ho pensato che considerata l’ampiezza della sua opera bisogna compiere una scelta e questa è la mia che propongo al benevolo lettore a mezzo secolo esatto dalla sua morte.   

Il 26 aprile del 1937 Guernica, un paese basco di antiche tradizioni, fu bombardato dall’aviazione fascista: furono tre trimotori S79 e quindici caccia CR32 dell’Aviazione legionaria italiana, mandati da Benito Mussolini ad appoggiare le falangi di Franco nella guerra civile a distruggere la città con un centinaio di morti.

Contributo nefasto dei regimi totalitari alla guerra civile scatenata da Francisco Franco contro la Repubblica, democraticamente eletta e conclusa nel 1939. Le immagini di Guernica fecero il giro del mondo e Picasso ne fu profondamente scosso: lui aveva già inciso nel 1935 Sogno e menzogna di Franco, due fogli che sono un tragico fumetto in nove quadri in cui il caudillo è visto in forma di mostro ripugnante.

Una delegazione della Repubblica chiede al maestro un’opera da esporre nel padiglione spagnolo progettato da José Luís Sert e Luís Lacasa per l’Esposizione internazionale di arti che si preparava a Parigi: un’opera che fosse un’arma simbolica per la difesa della Repubblica. La tela dovrà occupare un’intera enorme sala del padiglione. Picasso comincia a lavorarci nell’aprile del 1937 come testimoniano i primi studi che si vedono nella ricchissima esposizione Guernica al museo nazionale Picasso di Parigi (fino al 29 luglio) in sintonia con il museo nazionale Reina Sofia di Madrid dove oggi si trova l’originale al Gran Cason.

La sezione aurea

La curatrice Émilie Bouvard articola la mostra in dodici sale che vanno dalle fonti di cui si avvale Pablo fino agli effetti che essa ha avuto nel corso degli ottanta anni che sono trascorsi dalla sua creazione. Le dimensioni della tela sono eccezionali 349,3 x 776,6 cm e Picasso adotta il rapporto aureo euclideo perché il rettangolo di Guernica, a parte pochi centimetri, è costituito da un quadrato centrale di lato 3,45 e da due rettangoli aurei laterali di 3,45 x 2,13 e che la posizione delle varie figure (il toro, il cavallo, la donna col bambino, la lampada…) sono state determinate con la  sezione aurea.

Picasso non aveva mai lavorato a un’opera così grande e deve trasferirsi dal 1° maggio, quando inizia a dipingere, al 4 giugno, quando la conclude, in un magazzino-atelier al 7 di rue des Grands-Augustins che era appartenuto a Georges Battaille.

Ma l’altezza non è sufficiente e Picasso è costretto a inclinare la tela e a lavorare su una scala. Come per altro già gli era accaduto. In esordio il tema non gli era chiaro, ma il titolo lo sceglie dopo il massacro di Guernica. La sua compagna Dora Maar, eccellente fotografa surrealista di origine croata, documenta nei suoi scatti le numerose variazioni che subì la tela su commessa di un editore parigino Christian Zervos che acutamente riconosce il potere “magico” di Guernica, il suo carattere di “opera aperta”, cioè non catalogabile in nessun ambito della già ricca produzione del maestro malagueño.

Non solo, ma i colori bianco grigio e nero colano dal pennello legato a una mazza e spesso Picasso lascia queste involontarie variazioni e i tanti disegni in mostra sono una preziosa testimonianza dell’evolversi dell’opera. Lavora in modo forsennato e sulla tela incolla dettagli che in taluni casi rimuove.

I personaggi

Primo soggetto che dipinge è il cavallo furioso dalla bocca aperta e grignante trafitto da una lancia, seguono il toro che scruta l’orizzonte alla ricerca di un nemico, tema su cui aveva lavorato nelle incisioni della Tauromachia (1935), poi il soldato morto in primo piano, corpi straziati, la donna disperata con il bambino morto che ha tra le braccia sulla sinistra. Il dolore, la disperazione di una donna che piange la cui casa  brucia a destra.

Nei tratti del volto si riconosce deformata la fisiognomica di Dora Maar. Le donne disperate hanno un posto importante perché sono con i loro bambini le vittime innocenti della guerra. Una sezione è dedicata alle fonti iconografiche che Picasso aveva metabolizzato con la sua strepitosa memoria visiva: dalle illustrazioni bizantine dell’Apocalisse di Saint-Sever (XI sec.), alla pittura catalana, ai numerosi “massacri degli innocenti”, da Rubens a Poussin a Guido Reni.

Attinge dalle incisioni sui Disastri della guerra e dalla Fucilazione del 3 di maggio di Goya grande tela che Picasso molto amò. La continuità con il precedente lavoro attingono ai temi delle Tauromachie e delle Minotauromachie.

Guernica raffigura un interno ed è inquietante la vena surrealista che affiora: il buio di questo spazio è rischiarato dalla donna che ha in mano un lume. La luce viene anche da una lampadina elettrica che è disposta sulla testa del cavallo ferito a morte. In una prima versione c’era un pallido sole che Picasso cancellerà nella versione definitiva.

Una donna grida pietà uscendo dalla finestra di una casa in fiamme: unico tema architettonico della composizione, ma ogni parte è pervasa dal sentimento religioso del sacrificio e della violenza. Sono quattro le donne che compaiono in Guernica ed esse sono delle Marie che piangono il loro figlio morto.

Un’impresa titanica

La mostra vuole mettere a fuoco il contesto della titanica impresa di Picasso e l’influenza enorme che essa ebbe su tanti artisti e non solo spagnoli: alcune opere dei quali sono presenti in mostra, con la maquette del Padiglione spagnolo di Sert e Lacasa dove al primo piano si distendeva questo lacerante e assordante grido contro ogni guerra, contro ogni oppressione della umana dignità. 

È il suo modo di dire “no pasaran”, grido di resistenza dei miliziani della Repubblica. Dinanzi alla tela solo la Fontana di Mercurio, una scultura di Alexandre Calder, uno fra i tanti artisti, letterati, giornalisti, fotoreporter che condivisero la difesa della Repubblica. Malgrado l’impegno spasmodico e i tempi stretti per realizzare Guernica il pittore trova il tempo di dipingere splendidi ritratti di Dora Maar, della moglie Marie-Thérèse  e della loro bambina e anche di Nutsh Eluard.

Picasso si mostrò quasi freddo o disinteressato dalle mille interpretazioni che si diedero e si daranno a Guernica e a ciascun personaggio o animale che vi compare, anche perché Picasso cambia le carte in tavola come un prestigiatore: un’opera la sua altamente simbolica in cui la malvagità umana è un’epifania dell’imminente guerra, in cui la vittima sarà sempre meno consapevole di riconoscere i motivi del suo sacrificio e di chi sia l’aggressore.

Nei vari studi ben s’intende come una luce di speranza affiora e poi scompare del tutto. Domina infine la morte, il sacrificio e l’orrore di ogni guerra. In una conversazione con Herbert Read su Guernica, uscita nel 1938, Picasso gli dirà che per crearla si era messo alle spalle il cubismo, il neoclassicismo, altre sue divagazioni stilistiche per creare «un monumento alla disillusione, alla disperazione, alla distruzione». I suoi simboli sono elementari come in Omero, Dante, Cervantes e un grande capolavoro trascende ogni scuola e tutte le categorie che si possono evocare.

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