Nessuna novità. Antonio Manzini presidia la classifica per la terza settimana con il suo Le ossa parlano, Sellerio. Il migliore giallo italiano in circolazione in questo momento. E allora, questa volta, parliamo di saggistica. Che vede nelle prime due posizioni due memoir pubblicati per il Giorno della memoria. Sciagurato protagonista il dottor Josef Mengele, il famigerato angelo della morte di Auschwitz.

«Quando vado da Mengele vengo addormentata, per cui quando esco non ricordo esattamente cosa sia accaduto. Mi sveglio ed è il mio corpo a parlare e a raccontarmi». Lo racconta Lidia Maksymowicz a Paolo Rodari nel suo La bambina che non sapeva odiare. La mia testimonianza, Solferino. Prefazione di papa Francesco.

Nel silenzio

Aveva tre anni quando è entrata assieme a sua madre nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. E per tredici mesi è sopravvissuta in quell’inferno, nella baracca dei bambini: una delle piccole cavie degli esperimenti del dottor Mengele.

La madre di Lidia aveva aderito alla Resistenza bielorussa: una ragazza, con una figlia di pochi anni, che aveva deciso di entrare in clandestinità e di opporsi alla barbarie nazista. I boschi della Bielorussia sono l’ultima luce che Lidia ricordi, prima del buio di Auschwitz. Da cui esce nel gennaio del 1945, dopo la liberazione, per mano a una donna che non è sua madre: una polacca, senza figli, che decide di adottare una delle orfane rimaste sole in un campo disseminato di cadaveri.

Lidia cresce con lei. Ma non dimentica la sua vera madre. Non smette di credere che sia viva, di cercarla. E in una storia che sa di miracolo la ritroverà. Del campo, Lidia ricorda il silenzio: a denti stretti, impegnata a sopravvivere, senza potersi permettere nemmeno un’emozione.

Affidati a Mengele

Oggi ha ritrovato la voce e ha deciso di dedicare la vita a gridare: mai più. Perché tutto può ancora succedere di nuovo. «Prima che i campi aprissero quale fu l’errore? Dare cittadinanza a parole di una ostilità fuori da ogni logica, ma d’un tratto ritenute legittime. Così è ancora oggi. Torniamo ad ammettere parole che sanno di odio, di divisione, di chiusura. Quando le sento in bocca ai politici, mi manca il fiato. Qui, nella mia Europa, a casa mia, ancora quelle terribili parole. È esattamente adesso, in momenti come questi, che può ridiscendere il buio».

Da Newton Compton invece Le gemelle di Auschwitz di Eva Mozes Kor con Lisa Rojani Buccieri. Nell’estate del 1944, quando aveva dieci anni, Eva Mozes Kor venne deportata dai nazisti ad Auschwitz dalla Romania, assieme alla sua famiglia. I genitori e le due sorelle maggiori furono sùbito mandati alle camere a gas, mentre Eva e la sua gemella, Miriam, vennero affidate alle cure di Mengele, il medico che eseguiva esperimenti sui detenuti e in particolare sui gemelli.

Il metodo geniale

Nonostante ai gemelli fosse concesso, all’interno del campo, il “privilegio” di conservare i propri vestiti e i capelli, non venivano loro risparmiati i più atroci esperimenti. Sottoposti ogni giorno a procedure mediche mostruose, moltissimi di loro non sopravvissero. Per trent’anni ha viaggiato in tutto il mondo, insegnando l’importanza del perdono per superare i traumi personali e storici. Questo libro è in corso di pubblicazione in 16 èaesi. Bestseller del Sunday Times. Oltre 100mila copie vendute nel Regno Unito.

Terzo in saggistica è Il metodo geniale, da Mondadori, un libro molto originale di cui riparleremo. Lo ha scritto Giulio Deangeli, un super secchione con cinque lauree prese contemporaneamente in medicina, biotecnologia, ingegneria e biotecnologia molecolare. 26 anni, un metodo di studio infallibile. E un obiettivo: sconfiggere un giorno le malattie neurodegenerative.

Oggi sta facendo un dottorato di ricerca in neuroscienze cliniche a Cambridge, selezionato tra oltre 23mila candidati. Studiare dà i superpoteri. E ci spiega come si fa. A studiare. In questa sorta di Come si fa una tesi di laurea, il celebre manuale di Umberto Eco, alla luce delle scoperte delle neuroscienze.

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