Cultura

I musei ipocriti uccidono l’arte. L’autocensura nel «caso Guston»

Dopo l’omicidio di George Floyd, la mostra sul pittore che ha rappresentato la banalità del male con i cappucci del KKK è stata rimandata, per evitare una discussione troppo complicata. I critici sono insorti per difendere la libertà dell’arte

  • Ci sono artisti il cui destino è accendere loro malgrado conflitti dialettici. Ne è un esempio quanto accaduto questa estate intorno a Philip Guston Now, mostra antologica itinerante che doveva essere inaugurata il 7 giugno ed è invece stata posticipata di quattro anni (poi ridotti a due).
  • A creare preoccupazione è stata la serie di lavori in cui Guston ha raffigurato gli incappucciati del Ku Klux Klan, presentati come compagni di bisboccia che fumano, bevono e girano in macchina.
  • Il critico di The Nation, Barry Schwabsky, ha animato una polemica sulla decisione dei musei che ospitano la retrospettiva: «I nostri musei sono sempre più controllati da burocrati che temono il potere dell’arte», dice Schwabsky.

Per continuare a leggere questo articolo