Cultura

Il grande inganno della bella vecchiaia

  • Negli ultimi mesi sono apparsi parecchi libri sulla vecchiaia, perché i vecchi sono sempre di più. I libri sono molto diversi tra loro, perché ci sono molti modi di invecchiare e ancor più di pensare la vecchiaia. Una cosa in comune però questi libri ce l’hanno: danno della vecchiaia un’immagine opposta rispetto a quella dei libri scritti anche solo quaranta, cinquant’anni fa.
  • Nei libri di Jean Améry o di Simone de Beauvoir, scritti alla fine degli anni Settanta, la vecchiaia era inevitabilmente pensata come declino, decadimento, delusione. Oggi Lidia Ravera parla di Age Pride e protesta contro l’ageism, la discriminazione delle persone in base all’età.
  • In questo rovesciamento degli stereotipi, tuttavia, non bisogna esagerare, come fa Vittorino Andreoli nella sua Lettera a un vecchio, mettendo la vecchiaia, addirittura, sotto il segno della speranza e del desiderio. Non solo perché così non si ottiene un modello, ma una caricatura, ma anche perché non sarebbe giusto dimenticare che molti anziani vivono in condizioni economiche precarie, e soffrono di solitudine, più di quanto accada in altre età della vita.

Che negli ultimi anni siano apparsi parecchi libri sulla vecchiaia si spiega facilmente con la statistica. Stanno diventando vecchi (tra i settanta e oltre) i boomer; quindi, una classe di età in cui è lecito aspettarsi ci siano più scrittori che nelle generazioni precedenti e successive. Ma soprattutto ci sono più vecchi, molti più vecchi in giro. E un libro sulla vecchiaia lo leggerà solo un vecchio, non certo un giovane e nemmeno, anzi soprattutto, un cinquantenne o una cinquantenne (perc

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