Margherita Guarducci ha identificato il luogo preciso la sepoltura dell’apostolo sotto la basilica petrina. La sua è una storia un po’ trascurata, che oggi torna a vivere nelle pagine di un libro recente
Anche oggi Margherita ha cominciato a lavorare presto. Essere riuscita a interpretare i graffiti sul muro G, da un lato le ha dato nuova energia e nuovo entusiasmo ma, dall’altro, la fa arrabbiare non essere ancora riuscita a trovare il frammento con la scritta «Petros eni» che potrebbe mettere la parola fine al suo incarico nei sotterranei della Basilica Vaticana.
È con rinnovato vigore, dunque, che quella mattina si è messa a smuovere a mani nude i pezzi di intonaco, i frammenti di muro e i calcinacci che si trovano nell’area della tomba di Pietro. Colpito dal suo slancio, anche John le sta dando una mano.
«Vedrà che prima o poi lo troveremo. Non può essere sparito nel nulla» dice, più a sé stesso che a lei.
La scoperta
«Non è affatto sparito» sentono dire da una voce alle loro spalle. Si voltano e vedono un operaio non più giovanissimo. Lo hanno incontrato tante altre volte lì sotto ma non hanno mai scambiato più di qualche parola di cortesia.
«Scusate se mi sono intromesso ma…» dice l’uomo.
«Non c’è bisogno che si scusi. Lei è? Glielo chiedo perché ci siamo incontrati diverse volte ma non conosco il suo nome» replica il funzionario americano.
«Mi chiamo Luciano, sono uno dei sampietrini. Ho lavorato qui sotto in quasi tutto il periodo degli scavi precedenti e penso di sapere dov’è quello che state cercando».
«Lei sa cosa sto cercando?» gli chiede Margherita.
«Non mi volevo impicciare ma qua sotto rimbomba tutto» risponde l’operaio, visibilmente imbarazzato.
«Quindi lei sa dov’è il frammento su cui è inciso “Petros eni”?» chiede John.
«Io non so cosa c’è scritto e se è davvero quello che la professoressa cerca da tanto tempo. Però esiste un graffito che è stato portato via da qua ed è tornato solo recentemente».
«Le dispiace spiegarsi meglio, per piacere?»
«Non dovrei dirlo, ma quando abbiamo cominciato a scavare sono caduti calcinacci, intonaci… un po’ di tutto. Siamo andati avanti a tentoni, non avevamo un piano di lavori da seguire.»
«Questo, purtroppo, lo sapevamo» commenta, con disappunto, Margherita.
«Quello che veniva giù lo caricavamo sulle carriole e lo portavamo via» riprende l’operaio.
«Non c’era nessuno che controllava i reperti che portavate via? Nessuno aveva pensato di fare un inventario?» chiede l’archeologa.
«Non so se esista un inventario. So solo che io ho portato via tante cose. Tranne una…».
«Continui, per piacere» lo esorta l’americano.
«Un giorno, quasi alla fine del lavoro, ho caricato su una carriola un mucchio di detriti e calcinacci che ho raccolto vicino al muro rosso. Mentre mi stavo dirigendo verso l’uscita, ho incrociato Ferrua. Mi ha detto di fermarmi perché voleva dare un’occhiata a quello che stavo portando via. A un certo punto, ha preso in mano un pezzo di intonaco e lo ha guardato e riguardato, girandolo tra le mani».
«Ricorda com’era?»
«Mah! Era piuttosto piccolo ma, per quello che mi è sembrato, uguale a tanti altri detriti che abbiamo raccolto. Però, evidentemente, mi sbagliavo».
«Perché dice questo?»
«Perché Ferrua, dopo averlo esaminato, non lo ha rimesso sulla carriola. Mi ha detto di andare via e che quel frammento lo avrebbe tenuto lui per evitare che venisse ulteriormente danneggiato».
Margherita e John si guardano perplessi, mentre l’operaio spiega: «Ho capito dal modo in cui lo ha avvolto in un panno che doveva essere qualcosa di importante».
«Non sa dove lo ha messo?»
«In realtà, lo ha portato con sé. Quando sono andato via con la carriola, lui è venuto dietro a me e poi è uscito dalle Grotte. Il giorno dopo uno degli altri operai mi ha detto di averlo sentito dire che, a causa di un imprevisto, doveva tornare subito a casa».
«E lei pensa che l’imprevisto fosse il ritrovamento di quel frammento?»
«Lì per lì non ci ho pensato. Poi, però, ho visto la fotografia del graffito sul giornale; vicino c’era il suo nome e, allora, ho ricollegato tutto. E, poi, c’è stata la storia del papa».
«Quale storia?»
«Qualcuno deve avere detto al Santo Padre di quella foto sul giornale e lui si è arrabbiato moltissimo perché nessuno gli aveva parlato del frammento e non era menzionato nella relazione degli archeologi».
«Quindi?»
«Ha chiamato Ferrua e gli ha chiesto spiegazioni. E, poi, gli ha detto di accompagnarlo nelle Grotte perché voleva vedere il graffito. Che però, come ho detto, non c’era più perché lui lo aveva portato via».
«Perciò lei mi sta dicendo che dovrei parlare con Ferrua per poterlo vedere?» chiede Margherita.
«Non penso che sarebbe molto contento di sentirla. Come sa, non è tra i suoi sostenitori più entusiasti» interviene John. Poi, rivolto all’operaio, aggiunge: «Da queste parti, sono parecchi quelli che non guardano con favore agli studi della professoressa. Si pensava che, dopo la relazione presentata nel 1949 e l’annuncio del papa, la ricerca della tomba di san Pietro fosse conclusa. Averla riaperta e, per di più, averla affidata a una donna non ha suscitato grandi entusiasmi, vero, Margherita?».
«Io vado dritta per la mia strada. Ho il benestare del papa, non mi serve quello di nessun altro».
L’operaio annuisce. «Ha ragione. Però io non intendevo dire che dovrebbe parlare con Ferrua. Il frammento è di nuovo qui, in Vaticano. Il papa gli ha chiesto di restituirlo e, naturalmente, lui non ha potuto dire di no.»
«E dov’è?» chiede Margherita con ritrovata impazienza.
«Venite con me» risponde l’operaio, avviandosi verso un ripostiglio.
Margherita e il suo “angelo custode” lo seguono fino a una porta. Luciano la apre, accende la luce dell’unica lampadina appesa al soffitto, poi fa cenno ai due di entrare. «State attenti, qua dentro è pieno di polvere».
Ecco il suo graffito
Mentre Margherita si guarda intorno incuriosita, l’operaio apre il cassetto di un piccolo mobile appoggiato sulla parete di fianco alla porta. «Ecco il “suo” graffito, professoressa» le dice.
L’archeologa è emozionata: quel frammento di intonaco che ha cercato fin dal primo giorno in cui ha messo piede nelle Grotte Vaticane ora è lì, davanti a lei, appoggiato su un panno bianco. Sa come si trattano certi reperti, è tutta la vita che vi si dedica, perciò con grande perizia prende tra le mani quel pezzetto di muro. Anche alla sola luce della lampadina riesce a intravedere i segni che vi sono incisi. È proprio come aveva pensato dopo avere visto quel graffito nella foto sul giornale. «Πετρ(ος) ενι».
«Petros eni, Pietro è qui» sussurra con un filo di voce, mentre i due uomini la guardano con tenerezza.
A dispetto dell’emozione, però, c’è ancora una cosa che deve fare. Prendendo il frammento dal cassetto, ha notato che su di esso e sul panno sul quale è stato appoggiato ci sono tracce di colore rosso. Questo, pensa tra sé e sé, può voler dire solo una cosa.
«Venite, andiamo» dice, uscendo dal ripostiglio e dirigendosi verso il luogo degli scavi.
Arrivata davanti al muro rosso, lo osserva a lungo come se volesse studiarne ogni centimetro. I due uomini che sono con lei si guardano perplessi mentre lei appoggia il frammento in un punto ben preciso: lì manca un pezzo di intonaco e quel pezzo è proprio quello che lei ha in mano.
Con le lacrime agli occhi, Margherita guarda il giovane americano. «Capisce, John? Non si tratta più di graffiti con simboli religiosi o con i nomi di Gesù, di Maria e di Pietro, come tutti gli altri che abbiamo trovato sul muro G. Se qualcuno ha scritto “Pietro è qui”, vuol dire che lui c’era, vuol dire che questa è davvero la tomba di san Pietro. L’Apostolo è stato davvero sepolto qui. Ora non è più un’ipotesi, ma una certezza».
«Immagino che vorrà dirlo al papa» dice il giovane. «Ne sarà felice».
«Spero proprio di sì!» esclama lei.
«E sarà felice anche lei, professoressa, di avere finito il lavoro qua sotto. Finalmente può dire addio a tutta questa polvere» osserva, sorridendo, l’operaio.
«Ma io non ho affatto finito» replica Margherita. «Questo è solo l’inizio. Se c’è la tomba, e ora sappiamo che c’è, devono esserci anche le ossa di san Pietro. E io intendo trovarle».
Il testo è un estratto da La tomba di san Pietro. La storia dimenticata di Margherita Guarducci (Minerva 2025, pp.160, 15 euro). Il romanzo di Tiziana Lupi racconta la storia dimenticata dell’archeologa che negli anni Sessanta ha identificato la sepoltura dell’apostolo sotto la basilica vaticana
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