Cultura

Il passato del cyberpunk non è mai stato così presente

Gottfried Helnwein, The Disasters of War 20, 2007 Courtesy dell’artista © Gottfried Helnwein
Gottfried Helnwein, The Disasters of War 20, 2007 Courtesy dell’artista © Gottfried Helnwein

La corrente che più di tutte ha influenzato il nostro immaginario è ancora attuale: criticava il sistema neoliberista già nei “lunghi anni Ottanta”, quando il progresso della tecnologia sembrava annunciare l’alba di un mondo più equo. Ora che Facebook & Co si comportano come le malvagie corporation della letteratura di allora, tutto è più chiaro

  • «Il futuro è già arrivato. Solamente non è ancora stato uniformemente distribuito» ha detto una volta William Gibson. Lui e gli altri autori cyberpunk non hanno previsto il futuro, hanno prestato attenzione al loro presente.

  • Gibson e soci hanno fatto quello che fanno i bravi scrittori: hanno guardato attentamente e hanno “sentito” il futuro che era già lì e che col tempo sarebbe diventato anche il nostro quotidiano.

  • Mai come oggi viviamo in un mondo cyberpunk. Eppure, il cyberpunk ci appare paradossalmente come qualcosa che appartiene al nostro passato. Questa rimozione credo sia il nostro modo per non fare i conti con la realtà.

Il futuro l’ho visitato nel 1993. In quegli anni, almeno in Italia, l’accesso a internet era in gran parte limitato alle università, ai centri di ricerca, a qualche grande azienda: il privato cittadino, l’appassionato che avesse voluto entrare nella “rete delle reti”, come si diceva allora, doveva invece collegare il proprio modem a una Bbs (un sistema che permetteva di accedere a un altro computer e condividere risorse, dati, messaggi da una rete), magari al costo di un’interurbana se il compu

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