«Non paga, vero, con l’American Express? Le commissioni sono le più alte». La domanda apprensiva del tassista alla mia richiesta di usare il bancomat mi pare eccessiva.

Perché me lo chiede, quanti saranno mai quelli che la possiedono, chiedo, impaziente di andare a dormire. E lui: «I ragazzi che la sera prendono i taxi. La usano davanti agli amici per sentirsi ricchi».

Chissà che direbbe Pierre Bourdieu di quest’analisi sociologica del tassista, penso mentre sono brilla e m’avvio verso l’ascensore di casa.

Sono di ritorno da una cena stellata organizzata dalla pierre Alessia Fattori Franchini per il marchio di whisky Glenfiddich. Mi ero proposta di non bere, ma davanti all’esperienza unica di provare un distillato rimasto in botte per 40 anni non ho resistito.

«Esiste anche la bottiglia da 50, ma sono solo 120 in tutto il mondo», spiega l’esperto di Velier, distributore di liquori pregiati, che ci invita all’assaggio. Siamo una sessantina di attovagliati in una vecchia segheria trasformata in loft nella zona Est di Milano.

Alla mia sinistra c’è il pierre di Moschino Andrea Caravita e a destra Filippo Cirulli, l’uomo più elegante che conosco, o almeno per me così è dopo averlo visto mantenere aplomb anche dopo una traversata in gommone a Filicudi.

Nell’altro tavolo incrocio Tomaso Trussardi, Filippo Torsello, Andreas Albeck, Francesco Missoni, Felice Rusconi e nell’altro ancora Alberto Alemagna, Stefano Colombo, Ludovico di Canossa, Stefano Donadel Campbell e la lista potrebbe continuare.

«Ho invitato un po’ di amici», mi dirà più tardi l’amico Simone Baudo, organizzatore di eventi, a cui va il merito di questa pletora di maschi blasonati cisgender, e chissà che direbbero le mie amiche single che si lamentano di essere circondate a Milano solo da gay.

Intanto scopro che la bottiglia invecchiata 50 anni costa quanto un garage in via Tadino e che alcuni tra i 120 possessori hanno pensato “persino” di aprirla. «Pensa se ne cade una», sussurra Federico Sirtori. La voglia di fumare mi viene al sol pensiero.

Contratti stellari

Ammetto che anche l’altra sera una sigarettina l’ho fumata, nel dehor del Plastic, alla festa per il nuovo disco di Paola e Chiara.

Loro non hanno cantato – o questo gli sarebbe costato l’eliminazione dal Festival di Sanremo – e a intrattenere il locale pieno c’hanno pensato Diego Passoni sul palco e Sergio Tavelli in consolle.

C’erano anche Max Pezzali e la moglie Debora Pelamatti, e il fotografo Leandro Emede col marito Nick Cerioni, che curerà il look di molti artisti a Sanremo. Sempre quella sera, da fonte insospettabile, ho saputo che Blanco vestirà Dolce e Gabbana, firmando col marchio un accordo da 300mila euro per tutto l’anno. Ecco, è in quel momento che ho ceduto alla sigaretta.

Quella volta a Hollywood

Non ho invece ceduto alla tentazione, anche se avrei voluto, dopo la prima del film Il primo giorno della mia vita di Paolo Genovese, all’Odeon di Milano. E sarei stata giustificata, il tema è di quelli che poi ci rimugini a casa prima di addormentarti, ma il regista ha rimesso i malinconici in riga.

«Parliamo di tutto, ma non di cinema», ha esclamato tra un risotto allo zafferano e le penne all’arrabbiata, nella saletta riservata del ristorante storico Al Marchese, dietro La Scala.

Credo sia l’unico esemplare di regista al mondo che abbia pronunciato queste parole. Merito, forse, del ritrovo tra amici dopo la proiezione, pensato da Tiziana Mazzola e il pierre di lungo corso Domenico Zambelli. C’erano il boss di Medusa Giampaolo Letta, Edoardo Leo, Paolo Kessisoglu, e poi Giulia Salemi, Alessandra Grillo e Alessandra Airò con l’attrice Sara Serraiocco.

Ai miei occhi svettava tra tutti Desirée Colapietro Petrini, a cui sempre sarò grata per avermi aperto le porte di Hollywood una decina di anni fa, durante gli Oscar.

Lei accompagnava gli scenografi Francesca e Dante Ferretti e alloggiava nella camera 9 dell’Hotel Chateau Marmont, in quei giorni blindassimo e pieno di star.

Ne approfittai per accedere ogni giorno e conoscere tutti. E poi per la festa in piscina dopo gli Oscar – “after after party” – circondate da statuette e vincitori.

Interrompe il nostro amarcord per proporci un ultimo bicchiere di bianco Francesco Polimanti, nipote del grande Sergio Leone e manager dell’omonimo gruppo. L’occasione merita, ci starebbe anche una sigarettina, ma no, per stasera va bene così.

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