Non è chiaro se, nel trasloco da palazzo Grazioli alla villa sull’Appia che fu di Franco Zeffirelli, Berlusconi abbia portato con sé il leggendario letto a baldacchino regalatogli, pare, da Vladimir Putin. D’altro canto, pur essendo senz’altro esistito, si è sempre trattato di un giaciglio metafisico, di un immateriale prodotto dello zeitgeist e della mitologia, come il talamo di Odisseo o la culla-bara francescana nella zambra del misello di D’Annunzio.

Credo di averlo veduto, il putiniano “lettone” delle “cene eleganti”, solo in vignette appunto speculative, nelle scene satiriche degli imitatori, nel film di Sorrentino. Mai in foto. Ho trovato invece su Instagram il copripiumino di marchio Lenzuolissimi con cui pochi anni fa Berlusconi contraccambiò il dono: un mappazzone iconografico finemente stampato ma assai cafone, con su lui e Vladimir che si stringono la mano e si guardano negli occhi.

Mi commuove, questo grottesco scambio di letti e lenzuola tra ex amici del cuore specchiantisi l’uno nell’altro. Mi accora, sotto il velo della sua pecoreccia metafora. Giacché, nella loro indefessa performance di una stereotipa maschilità d’insaziabili fauni di potere, i due leader devono essersi sempre sentiti assai soli, nei rispettivi popolatissimi materassi. E dire che un tempo non si doveva sublimare nei regali la voglia d’intimità tra uomini forti.

Bromance principesche

Ruggero di Hoveden, intellettuale della corte medievale di Enrico II d’Inghilterra, nelle sue cronache ci fa sapere che il figlio del monarca, Riccardo Cuor di Leone (quello di Robin Hood) provava grandissimo affetto per il sovrano di Francia, Filippo II. La stima tra i due era tale che mangiavano, secondo Ruggero, dallo stesso piatto, e di notte i loro letti non li separavano: una bromance che sconvolgeva re Enrico.

Tale storia ha reso Riccardo una specie di icona gay nella tarda modernità, ma la verità è che Enrico non era affatto preoccupato per la sessualità del principe. S’inquietava, invece, di scoprirlo legato a un suo nemico, giacché condividere desco e letto era, tra aristocratici di peso politico, un segno d’alleanza; l’ovvio contrario della belligeranza, del litigio, della sfida.

Non che nel medioevo europeo, come in tutti i tempi e i luoghi, mancasse l’opzione di dormire assieme per fare l’amore, qualunque fosse (e sia) il genere dei compagni di letto. Piuttosto è venuta a cadere, per i maschi, l’opzione di farlo per non dover smettere di parlare, perché si sta bene insieme, perché non si vuole combattere. Per i maschi è venuta persino a cadere l’opzione di dividere il letto per convenienza, come si usava ampiamente fino a meno di un secolo fa anche tra benestanti: due padri della patria d’America, l’inventore Ben Franklin e il giurisperito John Adams, dormirono famosamente insieme in una locanda del New Jersey nel fatale 1776, bisticciando sulla finestra da tenere aperta o chiusa.

Dude things

Dormire solo, offrendo magari all’eventuale partner occasionale di lenzuola una corsa in taxi per tornare nel proprio letto dopo il sesso, è un tratto essenziale dello scapolo tardo moderno di successo, plasmato da puritane e vittoriane convenzioni domestiche dall’aria sempiterna e razionale – ma in realtà stabilitesi solo nel recente passato. È una cosa da maschi.

A dir la verità, questa formula che dà il titolo alla presente rubrica su Domani, “cose da maschi”, mi è venuta in mente proprio ricordando un episodio di letti. Un caro amico veniva a trovarmi dall’America a Pisa con un altro suo amico e io, da dottorando spiantato, avevo da offrire solo un divano oltre al letto matrimoniale in cui normalmente dormivo. Gli dissi che mi sarei volentieri arrangiato io sul sofà, e che loro potevano condividere il mio lettone come avevano fatto poche settimane prima due colleghe che erano venute per una conferenza.

Questo amico per nulla bigotto, anzi parecchio hippie e avvezzo ai campeggi e alle avventure, non se la sentì di dormire nello stesso letto con un altro ragazzo – sebbene ci fosse cresciuto insieme e stesse per condividere con lui un giro dell’Europa. «It’s one of those dude things» mi disse: è una di quelle cose da maschi. Capii, ma non del tutto.

Non era normale, da bambini, stendersi nello stesso letto con amici o cugini al mare, magari uno in una direzione e uno nell’altra, sussurrandosi chiacchiere smorzatissime perché gli adulti non venissero a intimarci di dormire subito? C’è un’età precisa in cui i maschi si separano dal resto degli umani per essere destinati a giacere esclusivamente con partner sessuali? E dopo quella, bisogna disporre di un letto separato per ognuno degli invitati di un pigiama party?

Che succede nel letto dei maschi?

I pigiama party in inglese si chiamano “sleepover”, che significa meno enfaticamente “restare a dormire a casa di qualcuno”. Cosa succede quando i ragazzi restano a dormire a casa dei ragazzi? Questo mistero di genere, specifico dei maschi (le femmine conversano, magari si fanno i capelli tra loro, si addormentano insieme nel lettone confessandosi cose sceme o importanti, e via dicendo nel rassicurante immaginario stereotipo) dà ultimamente il titolo ad alcuni buffi TikTok in cui la generazione Z si burla dei tabù di noialtri più anziani.

Invece di rispondere alla domanda seriamente, nei video due amici si danno la buonanotte e poi si ritrovano atleticamente a testa in giù ai piedi del letto, o scompaiono dalle lenzuola, o organizzano spedizioni in cantina coi fucili di plastica. Che deve succedere, d’altronde? Di luoghi in cui si ritrovano a dormire soltanto maschi ce ne sono diversi, e quasi tutti si associano a una virilità quintessenziale, dura, marziale, regolata, addirittura omofoba e misogina: la confraternita (quella piena di birre e goliardia delle università americane e quella spirituale del monastero), la caserma, le tende e le trincee dei campi di battaglia, il dormitorio, la prigione. Luoghi di letti singoli.

L’angoscia dell’intimità evidentemente non sconfina dai bordi minimi del materasso in sé, limiti di un privato permeabile solo alla compagnia erotica – preferibilmente femminile. È forse la medesima angoscia che separava persino i letti dei coniugi, in una certa stagione dell’occidente dabbene. Ma non riesco a scinderla dal paradigma di quelle “dude things” che il mio amico opponeva all’invito di stringersi con un sodale in un lettone.

Condividere i sogni

Il capolavoro d’analisi narrativa del maschile forse più grande delle nostre Lettere d’ogni tempo l’ha scritto, si sa, una donna. Nella casa dei guaglioni, sotto gli occhi di fantasma di un amalfitano che invidiava alle piante di non aver dovuto mai conoscere nemmeno l’utero di una femmina, un ragazzo assolutamente solo cresce nell’assenza di un padre perfetto perché sconosciuto. Quando raramente torna sull’isola, quel maschio platonico dorme scompagnato nel letto padronale, di là dal corridoio.

A interrompere la purissima omosocialità dei primi capitoli de L’isola di Arturo di Elsa Morante, in cui persino la balia del protagonista è un maschio che munge per lui del latte di capra, è una giovane sposa e matrigna la cui primissima preoccupazione, una volta entrata nell’ecosistema virile della casa, è quella di dormire sola. Non si capacita del fatto che Arturo abbia il suo proprio letto, e che addirittura lei stessa debba coricarsi separatamente dal nuovo marito, che la accetta nelle sue lenzuola solo per metterla incinta.

Condividere il letto, nella misoginia totalizzante di padre e figlio, è una smanceria poco igienica sia per il corpo che per l’anima: una cosa da femmine. Confinati così nel proprio letto solitario, i maschi si precludono l’opportunità di un felice contagio: lo sconfinamento dei propri sogni nei sogni degli altri che una casta compagnia amichevole garantirebbe.

Nelle miniature dei salteri medievali, come ha notato la storica della sessualità e della chiesa Katherine Harvey, l’episodio biblico del sogno dei Magi vede spesso i tre saggi sotto lo stesso lenzuolo. Addirittura nudi, pur portando la corona, i re sono sorpresi dalla profezia divina nello stesso letto. Li accomuna nella stessa onirica visione, nella stessa missione, un’intimità tra maschi che non sconvolge nemmeno Iddio in persona. Che provinciali siamo a non dar retta al Medioevo.

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