1987. Uno studio televisivo a scacchi neri dalle linee blu. Arnaldo Bagnasco conduce una puntata di Mixer Cultura. Alle sue spalle, la scritta “Si può divulgare la filosofia?”.

Luciano De Crescenzo, seduto di fronte a lui, sorride sereno. Bagnasco fissa l’ingegnere filosofo e il suo sguardo si fa torvo: «Siamo entrati nella grande voragine della divulgazione. Ci si sono tuffati tutti, tutta la cultura italiana, tutti i giornali parlano di questo. È arrivato il momento di introdurre un vero protagonista della vera divulgazione. Il professor Emanuele Severino».

Bagnasco si alza e, dirigendosi verso il filosofo bresciano, indica la sedia che ha appena lasciato libera. «S’accomodi, professore. S’accomodi al mio posto, giustamente in cattedra». Severino si imbarazza: «No, cosa mi mette, in cattedra? No, no, no». Il conduttore replica netto: «Sì, certo, non esiste altra possibilità». Severino prova a spostare la sedia più a lato ma viene costretto a sedersi nel punto più funzionale per le telecamere.

Zoom avanti

Sulle colonne di Domani della scorsa settimana è apparsa una riflessione interessante di Paolo D’Angelo, che ha messo in guardia dal buon riscontro di pubblico che il nostro ultimo libro, Prendila con Filosofia, sta avendo da qualche mese. Ha spiegato che in realtà la filosofia è un’altra cosa, è innanzitutto «esercizio della ragione, non dello spirito»; che «la filosofia seria, la filosofia difficile, è stata sempre letta da pochi, ma proprio questo è stato il mezzo attraverso il quale ha esercitato la sua efficacia». In sostanza, concludeva, «la filosofia per tutti, temiamo, non serve proprio a nessuno».

Ha posto quindi una gerarchia molto chiara: esiste la filosofia vera, difficile, materia per pochi eletti, che si fa solo analizzando libri come la Critica della ragion pura di Kant o la Scienza della logica di Hegel. Poi c’è una filosofia facile, pop, utile per educare il popolo incolto, che riflette sui fenomeni della cultura popolare e di massa con gli alti strumenti della filosofia (è come se tagliasse il pane con la spada di Hattori Hanzō, ma è ancora tollerabile); infine esiste la non-filosofia, che ha successo editoriale ma non ha alcuna portata culturale. Questo è lo scenario messo in campo da D’Angelo. Ci scuserà se useremo le sue parole come spunti per riflettere su alcune questioni cruciali della cultura italiana.

La vera filosofia

Quel che colpisce della postura in questione è l’idea che la filosofia vera sia soltanto una, tutelata da torvi guardiani che possono dispensare patenti da filosofo e bollini rossi da non filosofo. Come ideatori del progetto Tlon ci sembra una visione parziale della filosofia, che ha invece l’opportunità di manifestarsi in una molteplicità di modi capaci di dare senso a un tempo bisognoso di più sguardi obliqui su verità oblique.

Lo spiega bene Lucrezia Ercoli, direttrice del festival Popsophia citata dall’articolo di D’Angelo come contro-modello positivo. Ercoli scrive: «Il progetto Tlon è un perfetto esempio di energia che spinge la filosofia oltre sé stessa. Se la filosofia non si confronta con i miti e i riti del proprio tempo è solo “una scienza superfluissima e noiosissima” come profetizzava Hegel. La filosofia, oggi più che mai, ha bisogno di voci e posture che dimostrino che emozione e riflessione, successo e profondità non sono concetti alternativi».

Del resto, le teorie filosofiche in grado di raccontare questi tempi sono quelle che descrivono nuove categorie, che entrano in dialogo con più discipline, che portano il dibattito pubblico in luoghi nuovi e immaginano scenari futuri dell’essere umano, che mettono in dubbio l’antropocentrismo e riflettono sulle vite non umane, che hanno contezza del fatto che viviamo in un mondo complesso che le cartografie classiche non riescono più a spiegare.

Perché la filosofia non è il possesso della conoscenza, ma l’anelito a raggiungerla, e dunque sono nella sua natura il movimento, la trasformazione, il cambiamento.

Luoghi in cui fare filosofia

In questi anni siamo stati invitati a tenere lezioni in molte università, e lo abbiamo sempre fatto felici di poter partecipare alla difficile vita accademica, tutela della conoscenza e fucina della ricerca. Alla Columbia University abbiamo raccontato la nostra esperienza riguardo la divulgazione degli studi classici, ma abbiamo anche organizzato feste della filosofia e maratone streaming dialogando con Nancy, Esposito, Butler, Singer, derive filosofiche di stampo debordiano per le strade di Roma e Milano, animato incontri di filosofia di gruppo su Zoom con migliaia di persone e appuntamenti di filosofia al parco in diretta audio con partecipanti in cammino contemporaneo da ogni parte del mondo.

Abbiamo fatto filosofia nelle aziende, nelle associazioni di volontariato, negli oratori, nelle scuole, nelle carceri, nei sindacati. Abbiamo organizzato palestre di Platone dove esercizio fisico e riflessioni filosofiche erano collegati, e a condurle è stato il filosofo Simone Regazzoni, anche lui citato dall’articolo in questione come esempio accettabile di filosofia per le masse, che a questo proposito ha scritto: «Tlon è una delle opere filosofiche più complesse e riuscite degli ultimi anni. Quando dico “opera” non intendo “libro”. Parlo di un’opera filosofica che si muove su più livelli testuali (social, Tv, libri in senso stretto, performance, eventi collettivi), usa registri diversi e si pone un problema che la filosofia si è posta fin dalla sua origine: come arrivare a un pubblico che non sia solo la ristretta cerchia esoterica. Recentemente in un articolo su Domani un giornalista li ha attaccati e ha tirato in ballo alcuni miei testi per distinguere una filosofia che si occupa di cultura di massa ma resta filosofia e testi come l’ultimo libro di Tlon che non sarebbero filosofici, e questo sulla base di un’idea di filosofia talmente ingenua e ristretta da escludere tre quarti della storia della filosofia. Per noi la filosofia è ovunque, si tratta di scoprirla e condividerla, e nessuno ha il diritto di rivendicarne la proprietà».

Di tutti proprio perché non è di nessuno.

Ragione e spirito

Il fatto che la filosofia, poi, sia innanzitutto esercizio della ragione non significa che non abbia nulla a che vedere con lo spirito e che non si possa parlare di filosofia ed esercizi spirituali, pena la sparizione immediata della facoltà razionale. Dietro questo atteggiamento si nasconde spesso il timore dell’ignoto, dell’irrazionale, dello spirituale e persino del corpo, che invece innerva la storia del pensiero filosofico («Non mi fido di quei pensieri che non sono una festa anche per i muscoli», scriveva a proposito Nietzsche).

Si dimentica in questo modo che il miracolo della filosofia greca è nato proprio dalla coesistenza di due visioni del mondo antitetiche, una politica e una mistica, come ha descritto magistralmente ne La nascita della filosofia Giorgio Colli. Fin dalle sue origini la filosofia ha saputo connettere ragione e spirito, esercizio intellettuale e spirituale, e ha continuato a farlo nei millenni, da Platone a Simone Weil.

Non solo un libro

È per questo che il nostro ultimo libro non somiglia a un testo filosofico vero: è parte di un’opera di ricerca, ed è uscito in questa forma perché la filosofia deve essere diffusa soprattutto in momenti come questi. È un tentativo che fa parte di un più esteso tentativo, magari fallimentare, di creare uno spazio dove si può imparare insieme una postura interrogante. E questo non si può dire che non serve a niente. Con Gramsci, pensiamo che «essere filosofo lo può chiunque lo voglia. Basta vivere da uomini, cioè cercare di spiegare a sé stessi il perché delle azioni proprie e altrui, tenere gli occhi aperti, curiosi su tutto e tutti, sforzarsi di capire ogni giorno di più l’organismo di cui siamo parte, penetrare la vita con tutte le nostre forze di consapevolezza, di passione, di volontà; non addormentarsi, non impigrire mai; dare alla vita il suo giusto valore in modo da essere pronti, secondo le necessità, a difenderla o a sacrificarla. La cultura non ha altro significato».

Zoom indietro

Su uno schermo laterale dello studio televisivo appare la scritta “Si può divulgare la filosofia”, stavolta accompagnata da sette punti interrogativi. Ci sono ancora Severino, De Crescenzo e Bagnasco. Il conduttore domanda al primo: «Professore, noi intanto vorremmo approfittare di una circostanza simile: un professore vero e un umorista della filosofia. Un esame vero, da 18 a 30, una domanda difficilissima». Pausa. Bagnasco sente di aver forse esagerato nell’aver chiesto a Severino di mettere pubblicamente in difficoltà De Crescenzo. Per un istante tentenna. Ma poi domanda: «Lo farebbe?».

Severino risponde divertito: «No, no, no. Voglio dire che invece mi è molto simpatico De Crescenzo. Non farei mai una cosa di questo genere. Anzi, son d’accordo con lui. Dimostra un amore per la filosofia che non si trova in tanti professori di filosofia, i quali sembra che delle volte ci tengano soprattutto a fare i Platini nelle squadre di qualche avvocato. Per loro la massima aspirazione è questa».

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