La stroncatura

La fine del Cristianesimo è fortemente sopravvalutata. Quella di Fusaro, invece...

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  • Nel suo ultimo libro, La fine del Cristianesimo (Piemme, 2023), apparentemente Diego Fusaro vuole affrontare grandi temi, come la secolarizzazione delle società occidentali. Ma basta poco a capire che il suo obiettivo polemico è molto più contingente.
  • Se per lui la secolarizzazione sembra un fenomeno che si situa nel passaggio dal pontificato di Ratzinger a quello di Bergoglio, o al massimo qualcosa che è cominciato col Sessantotto, è perché i suoi bersagli sono quelli soliti della destra, e sono le politiche di accoglienza, i nuovi diritti e le nuove sessualità, tutto ciò che ha il sapore di progresso e di libertà.
  • Tuttavia Fusaro non rinuncia ad ammantare i suoi attacchi di un lessico filosofico professorale, autocitandosi in continuazione, facendo sfoggio di termini greci e tedeschi. Il risultato è una lingua di legno, che non userebbe più nemmeno un universitario ottuagenario, e che sembra ancora più caricaturale del gergo accademico messo alla berlina da Dario Ferrari  nel suo romanzo La ricreazione è finita.

Per raccontare la storia della secolarizzazione Jürgen Habermas ha dovuto scrivere due volumi di centinaia di pagine, rifare gran parte della storia della filosofia e partire dall’età di Socrate e di Confucio, per arrivare alla nostra società post-metafisica e post-secolare. Per raccontare la sua versione della secolarizzazione a Diego Fusaro è bastato il suo ultimo libro, La fine del cristianesimo, ed è bastato partire da vicino, da molto vicino. Addirittura, dal passaggio dal pontificato di

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