Cosa potrò mai dire io della giornata mondiale dei single? L’ultima volta che sono stata single il mio telefono era un Nokia con la tastiera estraibile, non esisteva ancora Facebook (un social nato per aiutare Zuckerberg a rimorchiare, ricordiamolo), vivevo con i miei genitori e usavo le Converse come scarpe invernali. Dai miei diciassette anni ho votato la mia vita alla monogamia, mi ci sono buttata di testa prima con uno, poi con un altro, e un po’ per amore un po’ per pigrizia ritengo di aver chiuso i lavori. La singletudine non mi appartiene e non mi apparterrà mai.

Lo dico con un po’ di amarezza perché da sola, per quanto non ne possa fornire le prove, sto molto bene. Diciamolo una volta per tutte, a voce alta: stare da soli è bellissimo. I vantaggi sono numerosi e impagabili, me ne ricordo ogni volta che mi capita di avere la casa per me. Neanche a farlo apposta, mi è successo proprio questa settimana.

Mentre il mio fidanzato era dall’altra parte del mondo, io celebravo la giornata mondiale dei single per sette giorni consecutivi, nell’unico modo che conosco. Facendo schifo. La giornata mondiale dei single, cioè l’11 novembre (stabilita da qualcuno in Cina in maniera del tutto arbitraria, perché 11/11 dovrebbe ricordare quattro unità solitarie), nasce per festeggiare chi non è in coppia, ma altro non è che l’ennesimo falso pretesto per farci spendere dei soldi. Non conosco una sola persona single che festeggi seriamente l’11 novembre (a onor del vero non conosco neanche coppie che festeggino San Valentino), in compenso ne conosco diverse, accoppiate o meno, che a novembre vengono assalite da un’incontenibile smania consumistica. In aria di Black Friday fioccano le offerte anche per chi ha fatto la coraggiosa scelta di non dividere l’affitto con nessuno, e infatti guardatemi mentre momentaneamente single mi dirigo a lunghe falcate da Sephora, a spendere dei soldi con il mio codice sconto per single.

Sono single mentre faccio la spesa come fossi Kevin McCallister, saltando a piè pari il reparto frutta e verdura e comprando pacchi di madeleine rigonfie di grassi idrogenati. Mi concedo tutti i prodotti più sfiziosi di Giovanni Rana, che mai passerebbero il controllo qualità del fidanzato cuciniero, grazie al quale – va detto – non mi è ancora venuto lo scorbuto. Sono single mentre mangio la fesa di tacchino direttamente dalla vaschetta e mi peso sulla bilancia per vedere se fesa batte madeleine + Giovanni Rana, facendomi miracolosamente dimagrire. Scopro che no, non sono dimagrita, mangio un’altra madeleine.

Sono molto single mentre guardo vecchi episodi di Dawson’s Creek a tutte le ore del giorno e della notte, mentre mi addormento col computer nel letto per svegliarmi alle 5 con Joey Potter che mi guarda con espressione giudicante dallo schermo. Sono single mentre vado in bagno con la porta aperta e passo un’ora a schiacciarmi i punti neri prima di andare a dormire, senza che nessuno mi urli “che fai?” dalla camera da letto. Sono single quando mento a tutti i miei amici, dico che non posso uscire, solo per passare un’altra sera in solitudine nel silenzio della mia casa, un silenzio totale e magico, intervallato da qualche canzone di Olivia Rodrigo, che canto malissimo senza che nessuno possa sentirmi. Sono single mentre parlo da sola e scrivo queste righe con la tuta infilata nei calzini, il computer a malapena visibile da sotto il plaid e i miei tre menti gonfi di zuccheri raffinati, sicuramente più raffinati di me.

La metamorfosi

Eppure mentre ero un po’ single mi rendevo conto che non solo non lo ero davvero – constatazione che alla fine è arrivata con immensa gratitudine – ma che avevo iniziato a colmare l’assenza di Francesco trasformandomi gradualmente in lui. Al terzo giorno di burro e parmigiano (che è e sempre sarà il cibo degli dei), mi sono scoperta a lesinare col burro, proprio come avrebbe fatto lui chiedendomi contestualmente: «Stai cercando di ammazzarmi?».

Lo spettro del mio risoluto compagno di vita si è impossessato di me mentre mandavo una mail al servizio clienti di Ticketone minacciandoli di andare per vie legali – quali, non si sa – per un rimborso che mi spetta dal 2021. Di nuovo il suo spirito assertivo si è affacciato nella mia coscienza quando, dopo mesi che pagavo un abbonamento a un giornale inglese che non leggo e da cui non è possibile disiscriversi se non per telefono, finalmente chiamavo il loro centralino, aspettavo pazientemente il mio turno cercando di non farmi domande sulla mia prossima bolletta, e finalmente spiegavo a un gentile ragazzo britannico che no, non volevo neanche lo sconto del cinquanta percento, volevo solo cancellare quel fottuto abbonamento. Altrimenti sarei andata per vie legali.

Scoprivo così che non ero nella posizione di festeggiare un bel niente, tantomeno la giornata mondiale dei single, senza macchiarmi di appropriazione culturale (come invece ha fatto Giovanni Rana con l’Emilia-Romagna). Potevo gioire di quella breve vacanza dalla mia vita di sempre, ma non potevo mentire a me stessa: io amo stare in coppia (in questa coppia soprattutto), e oserei dire che ne ho bisogno. Ne ho bisogno per non fare così schifo da disprezzarmi, per salvare i miei cicli circadiani da Dawson’s Creek, per mantenere una dignità e una regolarità intestinale, per avere, in sostanza, un pubblico davanti a cui darmi un minimo di tono. Per essere me stessa, ma non troppo.

 

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