Chiunque oggi si occupi di scuola dovrebbe leggere Vanessa Roghi. In sette anni e sei libri – La lettera sovversiva. Da Don Milani e De Mauro, il potere delle parole (Laterza, 2017); Lezioni di fantastica. Storia di Gianni Rodari (Laterza, 2020); Voi siete il fuoco. Storie e storie della scuola (Einaudi ragazzi, 2021); Il passero coraggioso. «Cipì», Mario Lodi e la scuola democratica (Laterza, 2022); Il tirocinio della democrazia. Una genealogia per la scuola del presente (Erickson, 2023) e, da poco in libreria per Sellerio, Un libro d’oro e d’argento. Intorno alla «Grammatica della fantasia» di Gianni Rodari – ha in qualche modo riscritto la storia della scuola italiana, riuscendo a proporre una coerente prospettiva storiografica, ipotizzando anche un metodo molto fecondo per gli storici contemporaneisti e gli altri studiosi che si occupano di scuola.

La difficoltà di mettere insieme la riflessione intorno alla scuola e quella intorno alla storia viene affrontata da Roghi da diverse angolazioni, avendo come riferimento epistemico la stessa pratica di Gianni Rodari, e il suo concetto di “binomio fantastico”.

Cosa sia il binomio fantastico lo spiega la stessa Roghi all’inizio del Tirocinio della democrazia: il binomio fantastico è lo scontro di due parole che, all’apparenza, non c’entrano niente tra di loro. È una definizione di Gianni Rodari, messa a punto pensando alle tecniche surrealiste e alla possibilità che possano diventare altro che degli strumenti per la creatività. Ecco il racconto che ne fa Rodari stesso, citato da Roghi in Lezioni di fantastica: «Non cito i surrealisti a caso. Le loro tecniche di lavoro mi hanno sempre interessato e divertito da quando le ho scoperte: cioè da quando, ragazzo, ne trovavo le tracce nelle riviste e rivistine letterarie e d’avanguardia. Credo che proprio dopo un certo numero di ‘Prospettive’ mi capitò di inventare un giochetto che chiamavo ‘duello di parole’ e che mi serviva egregiamente a far ridere i ragazzi a scuola»”.

Binomio fantastico

Ma il binomio fantastico non è solo una tecnica poetica, ma una scintilla politica, ripete in ogni sua ricerca Roghi, perché è in grado di rendere pensabile e quindi immaginabile, qualcosa di inedito, utopico addirittura. Nel suo libro dedicato ai ragazzi, Voi siete il fuoco, lo spiega a chi non si intende di teorie letterarie: «Il “binomio fantastico” è molto di più. Il “binomio fantastico”, scriveva Gianni Rodari, che di fantasia se ne intendeva, è qualcosa che fa volare l’immaginazione, come pensare a un cane in un armadio, o a una maestra sulla Luna. “Mette insieme due parole che non ci azzeccano niente”, come mi ha detto Serena, quattordici anni, di Napoli, dandomi una definizione che ho molto apprezzato di che cosa fosse, questo “binomio fantastico”. Pepe e navicella spaziale, orologio e ghiro».

Questo dispositivo di creazione, serve a Roghi stessa a giocare in modo sorprendente con il suo lavoro di ricerca. Non possiamo pensare come un binomio fantastico la storia della scuola, o la scuola e le sue storie, si chiede sempre in Voi siete il fuoco? Non possiamo pensare, si chiede Roghi nel Passero coraggioso, come un binomio fantastico il rapporto tra Democrazia e educazione, ossia la diade del libro di John Dewey, matrice di tanta pedagogia progressista del novecento?

Ecco che l’oggetto sul vetrino della ricerca di Roghi si trasforma in una lente multifocale. È davvero un cambio di paradigma che accade mentre leggiamo le sue esemplari biografie di grandi maestri come Rodari, Don Lorenzo Milani, Mario Lodi ma soprattutto dei movimenti di scuola democratica che li hanno accompagnati e coinvolti. Come raccontare le storie della scuola, come fare storia a scuola, come condividere a scuole le storie, come impostare una ricerca che sia al tempo stesso azione? Pedagogia, didattica della storia, didattica dell’italiano, linguistica, non sono ambiti disciplinari ma metodi e dimensioni della ricerca correlate. E soltanto rovesciando l’idea di uno studio passivo in quella che chiamiamo “scuola attiva”, ossia una forma creativa di apprendimento collettivo.

Sfide da portare a scuola

Ma è nell’ultimo libro uscito per Sellerio che questo discorso storico si fa esplicito, paradossalmente. Nell’analisi storica e letteraria del testo teorico di Rodari, La grammatica della fantasia, un testo che abbiamo sempre semplicemente accostato a una felice stagione strutturalista, che invece Roghi riconosce l’esplicito progetto politico, comunista, di Rodari: educare alla politica i bambini. «I bambini parlano al futuro, per questo non possono essere guardati, letti, raccontati, con lo sguardo rivolto al passato. Questa, forse, della Grammatica della fantasia è la lezione più grande: inventare significa non accontentarsi di quello che c’è già. Divertirsi significa divergere, cercare nuove strade».

La questione che resta aperta, non solo storiograficamente, è come mai la rivoluzione che Rodari non solo ipotizzato, ma compiuto, attraverso la diffusione dei suoi libri, non sia stata riconosciuta: le sue opere non fanno parte del canone della letteratura italiana, nella costellazione degli intellettuali del novecento non viene mai citato, non il suo progetto politico non viene considerato nelle storie contemporanee nemmeno quelle culturali.

Ma per affrontarli questo genere di interrogativi non basta ragionarci intorno: le sfide intellettuali che ci pone Rodari e Roghi con lui vanno portate a scuola, nelle classi, occorre discutere delle rivoluzioni passate e future, mancate e possibili, tra studenti e genitori, docenti e dirigenti, per trasformare l’istituzione scolastica, trasformando le relazioni educative.

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