Nasce il 6 gennaio 1926, a Bologna, Nella Nobili, la «poetessa-operaia» che attraverso la poesia ha dato voce all’esperienza – personale e collettiva – delle lavoratrici in fabbrica, ma non solo.

Alleviare la fatica

La famiglia di Nella è molto povera, e certamente il periodo storico del primo dopoguerra non aiuta. Così già a dieci anni la bambina comincia a lavorare, arrangiandosi come può per cercare di portare un aiuto economico alla famiglia. A quattordici anni poi comincia a lavorare regolarmente presso una vetreria che produce fiale per medicinali. È l’inizio di quell’«infanzia tradita» che lascerà in Nella un segno indelebile, una lesione profonda di cui si accorgerà presto: «All’ingresso della fabbrica volevo tornare / Indietro. Troppo tardi. / Era già / Troppo tardi». Nella trascorre le sue giornate in fabbrica, fino a dodici ore di lavoro atroce, una fatica che soltanto con la lettura – nelle pause, nascosta in bagno – può alleviare: «Legge qualche pagina e sogna / Fra mezzogiorno e le due / Aggrappa quei pensieri a quei sogni / Per il resto del giorno».

La rivoluzione dell’amore tra donne

Ma il primo impulso al verso, quel ronzio primordiale di cui nessun poeta può dimenticarsi, colpisce Nella quando si innamora. Nascono così le Poesie a Rossana – «Rossana, io vengo da un’altra terra / Dove il sole ferisce a morte per il suo calore / Dove nei campi infuria un’estate perfetta / E l’erba allegra canta come una bionda ragazza / E l’odoroso fieno è sacro come un Dio. / Rossana – vuoi venire nella mia terra?». E questo amore tra donne, che in quei tempi era certamente un atto di rivoluzione, continuerà ad essere un punto fondamentale nella ricerca artistica dell’autrice. Ma per questo dobbiamo aspettare qualche anno e spostarci in un’altra nazione: per adesso restiamo a Bologna, negli anni Quaranta, agli esordi letterari della giovane Nella.

Un’etichetta è un limite

Grazie all’amicizia con il pittore espressionista Aldo Borgonzoni, la poeta viene introdotta nell’ambiente culturale bolognese. Nella viene presto notata e la proposta per la pubblicazione di un primo libro non tarda ad arrivare: la casa editrice è la Tosi e Danzi di Roma, dove la giovane autrice decide di trasferirsi. Anche nella capitale non fatica a trovare un posto nei circoli intellettuali, eppure Nella non vive con gioia questa sua fama. Infatti non riesce a scollarsi di dosso l’etichetta di «poetessa-operaia», che a poco arriva a mortificarla, poiché dagli artisti italiani è guardata con una sorta di pietà e trattata non di rado come un piccolo fenomeno da baraccone. È ora di un’altra svolta: dopo tre anni, parte per Parigi.

Ma anche in Francia la vita non è facile, e quella miseria conosciuta da bambina torna a colpirla come un’eterna condanna. Poi, il colpo di genio! Nella si inventa un lavoro: comincia a creare e a vendere piccoli oggetti e utensili, decorati da lei stessa con opere d’arte famose. Questo lavoro di artigianato può essere fatto in modo autonomo e casalingo, dunque a Nella rimane anche il tempo per scrivere e studiare. Grazie a questa idea la giovane autrice riesce a comprarsi una casa a Cachan, dove resterà fino alla morte.

Raccontare il dolore di tutte

Con questa nuova – agognata – stabilità economica Nobili può dedicarsi appieno alla scrittura. È proprio in questi anni, infatti, che nascono due libri importantissimi, in cui torna ad essere centrale l’esperienza della fabbrica. Ne La ragazzina in fabbrica del 1978 (scritto in francese) Nella riesce finalmente a farsi voce collettiva, o meglio “sindacale” – come la definisce Maria Grazia Calandrone – di tutte le compagne lavoratrici.

Dai versi di Nobili emergono le condizioni terribili nelle quali le operaie sono costrette a lavorare, sottoposte per ore al caldo asfissiante e alle schegge roventi della vetreria: «Qui il mondo è duro e crudele / E poi fa così caldo / Respiriamo fuoco / (Il vetro deve entrare in fusione) / - Più in fetta apprendiste qui intorno non dormite - / Ecco le schegge di vetro / Che perforano la pelle». La fabbrica sembra assumere i colori dell’inferno, ed è a maggior ragione «Una punizione / quando ci entri a quattordici anni». Questi temi sono particolarmente scottanti in quel periodo, sono infatti gli anni Settanta, il cuore delle lotte operaie. Eppure lo sguardo dell’autrice non è esclusivamente politico, o meglio, non lo è in senso stretto: Nobili infatti, sulla scia dello slogan femminista «il personale è politico», mette in poesia i suoi occhi, il suo punto di vista emotivo.

Il riconoscimento anche in Francia

Ecco quindi Nella che guarda le sue compagne, le ascolta: «Vestite di luce / Amiche mie attraverso montagne di vetro / Io vi guardavo cantare». E vorrebbe bloccare il lavoro della fabbrica per osservarle ancora meglio: «Se magari / Si potesse fermare il lavoro delle macchine / Sentirei la voce delle mie compagne / cantare le canzoni della vita». È lo stesso sentimento di sorellanza che spinge Nobili a scrivere, insieme alla compagna Edith Zha, un importantissimo libro-inchiesta pubblicato nel 1979. Le donne e l’amore omosessuale discute infatti dell’amore tra donne, in particolare delle operaie, che le due compagne intervistano insieme. Una prosa preziosa che fa da compendio alle poesie de La ragazzina in fabbrica e ci riporta a quel primo impulso amoroso e poetico.

La «bambina interrotta», «l’infanzia-violenza» di Nella Nobili sono così ampiamente sublimate nella sua straordinaria poesia, che si guadagna grande stima dalla critica, soprattutto in Francia (mentre in Italia, purtroppo, rimane tutt’oggi nell’ombra). Nella Nobili muore suicida il 18 febbraio 1985, lasciandoci una testimonianza biografica e poetica lacerante, un racconto purtroppo drammaticamente necessario ancora oggi. Ma la poesia di questa autrice ci dice molto – e non sarà mai banale ripeterlo – anche sul potere salvifico della poesia, un motore inspiegabile capace di generare bellezza dalle macerie più nere. E allora Nella Nobili mi piace ricordarla così, come una «bambina interrotta [che] si mise a cantare».

Rossana segreta

(Da Poesie a Rossana)

Ho visto nei tuoi occhi
Una strana memoria,
(e la sera ti saliva
come una serpe sui fianchi)
Memoria di cose lasciate
Appena - ancora sofferte
Non dimenticate ancora.

Ho passato la mia mano
Sugli occhi dei tuoi ricordi,
Sulla tua fronte, sulla tua bocca
Sui tuoi bianchissimi seni.

Ho sentito la sera
Tremare come una campana,
Poi, come un fulmine nell'acqua chiara
Ho sentito il tuo urlo
Di traverso sulle mie reni.

Ma non sono caduta per terra.
Una capra bianca
Di vertigine intera
Mi ha portato via.

Sono tornata serena.
La sera cadevo sul prato
Con banchi di nebbia.

Da "La ragazzina in fabbrica”

(traduzione di Ximena Rodriguez Bradford)

Così andammo
Mia Madre e io fino alle porte dell'officina
- Va' - mi disse lei. Io corsi
Incontro a quel mondo sconosciuto
Corsi perché mia Madre
Mi disse di andarci come alla guerra
Mi disse di andarci mia Madre
E mio Padre non ebbe nemmeno bisogno
Di dirmelo perché io volevo
Fare bene come lui. Mia Madre
E mio Padre finalmente uniti
Per mandarmi alla guerra.

E se la paura che è il frutto di un'immaginazione
Troppo fertile mi fa guardare
La bottiglia ad aria compressa più spesso
Del vetro iridato che devo manipolare
E se la paura e se la paura
E se la mia testa esplode nel fuoco e se il mio corpo
Brucia e se la mia adolescenza resta qui dentro questo
fuoco
Che esplode nella mia testa e se la mia paura
(L'uscita non è lontana. L'importante
È non perderla di vista nemmeno per un istante)

Ho chiesto alla caporeparto
Di fermare le macchine. - Non ci pensare neanche - mi dice
- E perché? -
Vorrei sentire la voce delle mie amiche
- Che razza di fantasia é questa sei matta da legare
Non ci pensare neanche!
Oh, sì, io ci penso io non penso che a questo
- E allora le sentirai quando sarà ora
A mezzogiorno e dopo le sei - dice la caporeparto con
gli occhi fuori dalle orbite
- Ma è adesso, che loro cantano
E io non riesco a sentirle!

«Maneggiare con cura»
Avevo scritto sul pacco
Pieno di oggetti fragili
Che andavano verso l'uscita verso la città
Perché l'anima delle mie compagne
Era passata nell'oggetto soffiato
Fragile e trasparente. La mia anima.

FONTI

Nella Nobili, Ho camminato nel mondo con l'anima aperta, a cura di Maria Grazia Calandrone, Solferino, 2018

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