Le divinità non si giudicano, addio a Brigitte Bardot

Sarà anche un luogo comune, ma quando una donna è Venere incarnata per le persone del suo sesso vuol dire che lo è per davvero. E alla bellezza assoluta si perdona tutto, anche di essere passata alle cronache, dopo l’addio al cinema, soprattutto per la sua fede lepeniana. Peccatuccio controbilanciato comunque da un fervente attivismo animalista. Brigitte Bardot se n’è andata a 91 anni ma appartiene alla specie protetta delle Greta Garbo: quei miti che si sono eclissati in anticipo, trapassati per lo show business (quindi estinti di fatto), ma che proprio per questo si sono guadagnati l’eternità. BB non c’è più, ma paradossalmente non è invecchiata, non invecchierà e non morirà mai. Il cordoglio per Bardot da Le Pen alle associazioni animaliste. Macron: «Piangiamo la leggenda del secolo» Dea irraggiungibile È un privilegio immenso, quello di sconfiggere il tempo e la memoria fallibile del grande pubblico. Quando Fabrizio De André mi raccontava le grandi fiammate di invidia della sua vita, parlava delle estati mondane a Saint-Tropez e di Gigi Rizzi, l’amico che BB arrivava in decappottabile a portarsi via dal bar sul porto, nella sua villa mitica de La Mandrague, lasciandosi dietro scie di languori. Fu il flirt paparazzatissimo con BB a promuoverlo ufficialmente portabandiera dei play boy nostrani, nell’ultimo scorcio degli anni Sessanta. Non era una donna, BB, era una dea irraggiungibile. Sex symbol è un termine riduttivo. Et Dieu.. créa la femme è molto più di un titolo del 1956 che ha segnato una carriera (facendo scandalo senza che la pudicizia del film lo giustificasse), è l’epigrafe che meriterebbe la sua pietra tombale. Perché la vita artistica di Brigitte, nata “bene” il 28 settembre 1934, alto-borghese figlia di industriali e menomata da un’ambliopia che le conferisce quell’inimitabile “strabismo di Venere”, è durata un soffio: una quindicina scarsa di anni, tra la fine dei Cinquanta e la metà dei Settanta. E a diciotto anni, in contemporanea, debutta nel cinema con Jean Boyer (Le Trou Normand, a fianco di Bourvil) e sposa Roger Vadim, pigmalione che aveva folgorato a sedici anni durante un provino con Marc Allégret: passione esplosiva, già consumata, cui i genitori mal si rassegnano. Pochissimi titoli Odiamo tutte la parola “icona”. Seppellisce le persone da vive. Ma se in bikini diventi l’emblema stesso della Cannes flamboyant e un soggetto serigrafico di Andy Warhol, insieme a Marilyn Monroe e Jackie Kennedy, è complicato trovare un sinonimo. Il fatto è che la filmografia di Bardot, in rapporto al suo peso massmediologico e alla sua caratura nell’immaginario del Novecento, è irrilevante. Non ha sfondato con le produzioni in inglese degli anni ’50, robetta peraltro, tipo Elena di Troia (1956), o Dottore in alto mare (1955), con Dirk Bogarde. Roger Vadim, che aspira a uno status da autore impegnato Nouvelle Vague che non arriverà mai, riesce però a imporre lei, e non solo commercialmente: Piace a troppi (scioccherello titolo italiano di Et dieu..créa la femme) fabbrica il Mito, e le procura anche una passione neanche tanto segreta con Jean-Louis Trintignant. È strano, ma di BB sullo schermo ricordi pochissimi titoli. Ricordi La vérité di Henri-Georges Clouzot perché c’è Jean Gabin, perché ha un ruolo drammatico e perché è un passaggio-chiave della sua vita. Il suo matrimonio con Jacques Charrier (attore sommesso quanto non lo è lei) è già in crisi, il loro figlio Nicolas-Jacques appena nato le ha provocato una violenta depressione post partum ed è già in corso la nuova relazione con Sami Frey. Ricordi Vita privata di Louis Malle perché, come Clouzot, Malle ha creato un personaggio di donna orgogliosamente libera – e per questo reproba, per la morale corrente – che le assomiglia. Ricordi Erasmo il lentigginoso, con James Stewart, perché è lei stessa – l’icona planetaria – a dare il titolo inglese al film (Dear Brigitte). Sostanzialmente, ricordi i suoi film con i bravi registi: Il disprezzo di Jean-Luc Godard (1963) e Viva Maria!, che è peraltro uno dei film peggiori di Malle. Claudia Cardinale è stata quello che il cinema italiano poteva essere «Una leggenda» Se pensi che i suoi ultimi film risalgono a mezzo secolo fa (Una donna come me, sua ultima rentrée con Vadim, l’ho visto di certo, di Colinot l’alzasottane non ho memoria) fatichi a spiegarti il peso immenso di Brigitte Bardot nell’immaginario comune. Ma ha ragione Emmanuel Macron nel ricordarla così: «I suoi film, la sua voce, la sua gloria abbagliante, le sue iniziali, i suoi dolori, la sua generosa passione per gli animali, il suo volto diventato Marianne (il simbolo della Repubblica francese e dei suoi valori, di cui BB è diventata l’effigie, ndr): Brigitte Bardot ha incarnato una vita di libertà. Esistenza francese, splendore universale. Ci ha emozionato. Piangiamo una leggenda del secolo». Per alcune dichiarazioni contenute nel suo Un grido nel silenzio, del 2003, BB è stata accusata di omofobia e antislamismo. È andata alla gogna per aver definito il Covid-19 «un’autoregolazione demografica». Il suo ultimo sposo – il quarto, e il più duraturo – è stato Bernard d’Ormale, esponente politico del Front national. Però è l’unica titolare di una hit a suo nome (Brigitte Bardot, Jorge Veiga, 1960) e di pubblici tributi musicali firmati Bob Dylan, Serge Gainsbourg, Elton John. Le divinità non si giudicano. Non hanno inizio e non hanno fine. Si venerano e basta. Probabilmente per sempre.