Per la terza settimana, prima in classifica è Michela Murgia. Con le sue storie di donne e di uomini che si sfiorano, secondo un grado di separazione al massimo, dentro un’umanità intrecciata i cui personaggi, da un racconto all’altro, si scambiano i ruoli, da comprimario a protagonista. E fanno risuonare un coro di voci in un romanzo di crisi personali. Sono spaesati dentro una crisi più grande di loro e delle loro possibilità di comprensione, un po’ come quella che tutti abbiamo vissuto durante la pandemia. Il racconto è allora un prisma da cui osservare tanti punti di vista. Tanti destini individuali con voci diverse, generi diversi, età diverse, tutte collegate alla stessa grande crisi, ma ciascuno vivendo la propria. Come sono cambiate le relazioni e il modo di rapportarsi con lo straordinario? Non posso spiegarlo, quindi lo racconto, ammicca Murgia, mimando Eco che cita Wittgenstein. Se quello che non capisci puoi raccontarlo, ecco allora il racconto delle Tre ciotole di Michela Murgia. Da Mondadori. Simboliche, sapienziali, liberatorie. Un grido di libertà. Che Murgia ha raccontato e visualizzato anche nella sua metodica attività di comunicazione politica su Instagram.

Torna Läckberg

New entry al terzo posto di Camilla Läckberg con Il figlio sbagliato, da Marsilio. Traduzione di Laura Cangemi. La svedese Camilla Läckberg è tra le scrittrici più lette al mondo, con trenta milioni di copie vendute in sessanta paesi. Marsilio ha pubblicato in Italia i dieci libri della serie di gialli ambientati a Fjällbacka, che sono molto amati anche in Italia. È un piccolo villaggio di pescatori sulla costa occidentale della Svezia. Tra le sue strade sul selciato e i piccoli moli con le case rosse dei pescatori circondate da gabbiette per la pesca di gamberi e granchi avvengono i delitti e accadono le storie su cui indaga Erica Falck, una scrittrice di reportage su fatti di sangue realmente accaduti, donna intuitiva e istintiva, che ama mangiare e cucinare. Lei è la moglie del poliziotto Patrick Hedström e si rivela decisiva nel risolvere i casi che lui deve affrontare. In questo libro l’omicidio di un grande fotografo e l’aggressione brutale a un celebre scrittore candidato al Nobel.

Mentre le indagini del marito commissario della sua squadra procedono a fatica, Erica è alle prese con un nuovo libro. E nelle sue ricerche su un caso di omicidio che risale al 1980, riesce a trovare il bandolo della matassa. A riprova che l’eco delle menzogne risuona sempre a lungo.

Céline in top ten

Ma la vera notizia della settimana è l’ingresso in top ten tra i best seller di Céline.

Primo, folgorante scampolo degli inediti rubati nel 1944 dall’abitazione di Céline, e rocambolescamente ricomparsi quasi sessant’anni dopo la sua morte, Guerra, da Adelphi, nar­ra episodi contemporanei alla prima par­te di Viaggio al termine della notte, come se da esso fosse stato espulso e poi abbando­nato in una stesura ancora grezza e incan­descente. Dal momento in cui riprende conoscenza, seguiamo Ferdinand, vent’an­ni, ferito a un braccio e con una grave le­sione all’orecchio dovuta a un’esplosione, mentre cerca di guadagnare le retrovie attraverso campi di battaglia disseminati di cadaveri, in una notte visitata da presenze ostili, fantasmi quanto mai reali. Lo ritro­veremo in un ospedale, in mezzo a malati e farabutti d’ogni risma, affidato alle cure di un’infermiera sadica e vampiresca. Qui fa amicizia con il malavitoso parigino Bé­bert e con sua moglie Angèle, che al fron­te batte il marciapiede per lui: spunto per nuovi episodi grotteschi, esilaranti e rac­capriccianti al tempo stesso, dove Céline preme sul pedale di una sessualità oltraggio­sa e sfrenata. Infine, l’inattesa partenza per Londra, un posto dove andare come sem­pre a perdersi.

«Mi sono beccato la guerra nella testa. Ce l’ho chiusa nella testa» dice Ferdinand all’inizio di queste pagine, come se l’esperienza bellica – divenuta espe­rienza acustica – fosse solo la propaggine di una guerra molto più estesa e devastan­te, interna alla materia cerebrale. Eppure, attraverso il suo delirio – il suo parlottio ipnotico, sbracato e ininterrotto, come il fischio del rimorchiatore sulla Senna, nella notte, che chiudeva il Viaggio –, ci si accor­ge che Céline è stato l’unico scrittore capa­ce di nominarla. Dalla parte dei Buoni nes­suno ha trovato la parola.

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