C’è un grande narratore italiano, eh sì, che con ogni suo nuovo romanzo fa il vuoto in classifica. E rilancia in alto, con quasi trentamila copie, i numeri del mercato editoriale. È accaduto anche questa settimana.

Il romanzo è a fumetti, è come sempre pubblicato da Bao, si intitola Quando muori resta a me. Lui si fa chiamare Zerocalcare ed è il maggiore narratore popolare della nostra letteratura. Non solo a fumetti. Questa volta addirittura usa un letterarissimo flusso di coscienza che dall’amata Rebibbia lo porta lontano, fino alla montagna di Merin, un piccolo paese in Friuli Venezia Giulia, dove Calcare affronterà anche il tema delle proprie radici.

È un viaggio con suo padre verso quel paesino tra le Dolomiti da cui proviene la famiglia paterna, e sarebbe la scusa perfetta per capire meglio Genitore 2, ma Zerocalcare e il padre sono incapaci di parlarsi di cose significative.

Questo rende difficile la trasferta, quando si capisce che la loro famiglia non è vista di buon occhio – anzi, da alcuni è proprio odiata – in paese. Le radici dell’odio risalgono a prima della Grande guerra, e si intrecciano al mistero che circonda, da 35 anni, il giorno più misterioso ed emblematico della vita di Calcare, quello che lui fin da bambino ricorda come “Il giorno di Merman”. Negli interstizi dei non detti, l’amore incrollabile di un padre per il suo unico figlio attraversa alcune delle pagine più buie della Storia del nostro paese, silenziosamente coraggioso.
Una storia in cui Zerocalcare si costringe a guardarsi allo specchio e non si fa sconti nel raccontare ciò che vede.

Il rapporto con il padre

«Il libro nasce come un racconto sul rapporto con mio padre perché dopo aver visto al cinema Aftersun, la storia di una adolescente che trascorre l’ultima estate insieme al padre, sentivo che si erano smosse una serie di cose e che il film parlava anche a me», spiega Zerocalcare.

«Così mi è venuta voglia di provare a esplorare quel rapporto paterno che non avevo mai toccato nei fumetti, ma neanche a parole nella vita vera. Nel farlo mi sono reso conto, un po’ per come stavo io, che stavo andando avanti per flusso di coscienza ed effettivamente il libro ha preso una direzione che va oltre il rapporto con mio padre e verso la constatazione dello scorrere del tempo.

Come se dal G8 di Genova, richiamato nel racconto, non fosse successo nulla, che in un batter di ciglia si è consumato un quarto della mia vita. Io mai avrei pensato di fare fumetti e sono molto contento adesso. Però adesso è difficile pensare che io possa diventare paleontologo, come invece sognavo. È chiaro che i figli li posso fare ancora, ma significa che inizio a essere un genitore grande d’età e non più giovane con quelle energie. Significa fare i conti con la morte dei genitori, con l’inversione del prendersi cura. Ci sono un sacco di cose».

Autobiografie

Al secondo posto la psicologa social, radio e tv, Stefania Andreoli con Io, te, l’amore, direttamente in pocket Bur Rizzoli, per imparare a vivere le relazioni nell’era del narcisismo.

Al terzo Maurizio de Giovanni con una nuova puntata della saga dei Bastardi di Pizzofalcone, Pioggia da Einaudi Stile libero.

E poi, appaiate, due autobiografie importanti: per il loro contenuto politico e la passione civile: quella alla soglia dei novant’anni di Corrado Augias La vita s’impara, Einaudi, e quella postuma, drammatica e radicale, raccontata in fin di vita da Michela Murgia, Ricordatemi come vi pare, Mondadori Strade blu. Entrambe raccontate con empatia. Agli eventi che hanno scandito la sua vita, Augias affianca le letture di cui s’è nutrito e dalle quali ha «imparato a vivere».

Da Tito Lucrezio Caro a Renan, da Feuerbach a Freud e poi Spinoza, Manzoni, Beethoven, Nietzsche, Leopardi, i suoi maestri. Sono libri belli, tra i libri più venduti anche durante il trionfale Salone del libro di Torino diretta da Annalena Benini, record di 220mila presenze sparse dentro un eccellente programma culturale.

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