Cultura

Macondo, provincia di Netflix: come brilla la parola di Márquez sullo schermo

Il punto non è se sia giusto o no trasformare Cent’anni di solitudine in una serie tv, ma riflettere sulla mostruosa potenza generativa dell’opera di Márquez, sul carattere mitopoietico della sua scrittura. La parola “cinema” viene dal greco “kínema” che vuol dire movimento, e la scrittura di Márquez è essa stessa quel movimento, perché Gabo ha cominciato a muovere quelle marionette da quando era un bambino nel villaggio fluviale di Aracataca, mentre ascoltava le storie di sua nonna Tranquilina Iguaràn, che gli ronzavano attorno come mosconi.

Nella raccolta Dodici racconti raminghi di Gabriel García Márquez, c’è un racconto intitolato La santa. Il racconto narra di Margarito Duarte, che trascinava un baule in cui era conservato il corpo della figlioletta morta da anni, vestita da sposa: all’apertura della bara, la bambina profumava di rose e le sue carni erano fresche come la schiuma del mare. Il suo corpo era incorruttibile e non poteva essere mangiato dai lombrichi. E Cent’anni di solitudine, il capolavoro di Gabriel García Márquez

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