«Occupatevi dei vivi». I sopravvissuti del Bataclan ricordano che i soccorritori continuavano a ripetere ossessivamente questa frase. A terra c’erano novanta morti, e altri quaranta in tutta Parigi. Era la sera del 13 novembre 2015, da allora la capitale francese non ha più smesso di occuparsi dei vivi. Anne Hidalgo, la sindaca, ha detto di aver pensato per la prima volta di riportare le Olimpiadi a Parigi pochi mesi prima, quando i terroristi attaccarono la redazione di Charlie Hebdo. «Sentii dei ragazzini dire che i terroristi erano eroi, che il giornale si era spinto troppo oltre nella libertà di espressione. Ma nella libertà l’oltre non esiste».

Liberté, egalité, fraternité. «Mi sono detta che dovevamo trovare qualcosa che desse uno slancio ai nostri ragazzi». E quel qualcosa sono i Giochi Olimpici, che si apriranno esattamente tra un anno. Il contesto non è pacifico: ai disordini contro la riforma delle pensioni si sono aggiunte le violenze innescate dall’uccisione del diciassettenne Nahel da parte della polizia a Nanterre, nella banlieue della capitale. Gli organizzatori dei Giochi vogliono dare al mondo l’immagine di una Francia sicura, pacificata, capace e ovviamente splendida: la sfida è decisamente complessa.

La rinascita

Occuparsi dei vivi, organizzando quanto di più vivo ci sia al mondo: la massima competizione sportiva tra i più forti atleti di ogni paese. Una festa. Una rinascita. La più grande possibile, dopo che la pandemia ha fermato il mondo, con conseguenze devastanti proprio sullo sport. Soltanto le guerre mondiali avevano osato tanto. E ancora la guerra, oltre al terrorismo, mette in dubbio lo svolgimento sereno dei Giochi di Parigi: ai mondiali di scherma, a Milano, le atlete ucraine si sono rifiutate di andare in pedana contro le russe e le bielorusse.

Il boicottaggio è ancora un’opzione. «Vogliamo dare un messaggio a tutto il mondo: siamo stati attaccati ma non ci arrendiamo: questo è il nostro modo di essere, questo sarà il modo in cui accoglieremo il mondo», ha detto il vicesindaco Pierre Rabadan. La sfida è lanciata. Nel modo più chiassoso possibile. È difficile garantire la sicurezza in una redazione, in un ristorante, in una sala concerti, in uno stadio? Loro sfileranno sulla Senna. Per la prima volta nella storia la cerimonia di apertura si svolgerà sulle acque di un fiume, con diecimila atleti che si mostreranno (a 15 km/h) su oltre centocinquanta bateaux mouches, i battelli che nella vita normale portano i turisti a fare ooh davanti alla meraviglia della Ville Lumière. Sei chilometri di fiume, dalla zona orientale di Ivry, fino al Trocadéro, davanti alla Tour Eiffel. Sei chilometri, rive comprese, da pattugliare. Mettendo in sicurezza anche finestre e balconi e spettatori (dai 400mila ai 600mila, si sta ancora contrattando il numero esatto con la prefettura). La sfida è inimmaginabile: quando l’imbarcazione della Grecia - la prima, secondo la tradizione olimpica - arriverà al Trocadéro, quella francese che chiuderà la sfilata non sarà ancora salpata. Il ministro dell’Interno Gérald Darmanin schiererà 35mila tra poliziotti e gendarmi e ha previsto l’ingaggio di 25mila agenti di sicurezza privati: al momento ne sono stati assunti 3mila.

C’è un progetto per installare telecamere di sorveglianza gestite dall’intelligenza artificiale. Lunedì scorso hanno fatto le prove generali, e sono stati firmati i contratti con le società di battelli che hanno ottenuto indennizzi, ovviamente in perdita, «sarà il nostro contributo a un evento storico, come si faceva ai tempi di guerra».

I costi e l’eredità

Oro per la patria, che intanto continua ad occuparsi dei vivi. Vivi ma stanchi, i parigini fronteggiano rassegnati circa 1.700 cantieri. Servono per le infrastrutture dedicate ai Giochi, ma soprattutto a rendere Parigi pronta a fronteggiare il cambiamento climatico e le ondate di calore. Il villaggio olimpico - doveva costare 3,2 miliardi di euro, è già arrivato a 4,4 - ospiterà 14.500 letti. Hidalgo, che vuole dimezzare l’impronta di carbonio rispetto a Londra 2012 e Rio 2016, ha deciso che non ci sarà aria condizionata, l’architettura bioclimatica dovrà bastare ad attenuare gli effetti del caldo.

Diverse delegazioni però hanno già chiesto sistemazioni alternative in hotel con climatizzatori. Altro nodo cruciale: i trasporti. I progetti immaginati si sono arenati: il treno superveloce che doveva collegare lo scalo Charles De Gaulle con il centro di Parigi sarà pronto soltanto nel 2027, la linea della metro che doveva arrivare all’altro aeroporto, Orly, non sarà finita in tempo. Dieci milioni di persone si dovranno dunque spostare su linee obsolete, insufficienti e a corto di personale. Basterebbe uno sciopero studiato bene per minare l’immagine della Francia agli occhi del mondo. Per il momento il costo dei Giochi - previsto in 6,9 miliardi di euro - è arrivato a 8,8. Comunque un prezzo di saldo rispetto ai 12 miliardi di Tokyo. Per risparmiare sono state tagliate anche le colazioni dei volontari.

Dei Giochi del 1924, dopo cent’anni, esistono ancora lo Stade Colombes, la piscina delle Tourelles, dove Johnny Weissmuller vinse i 100 stile in meno di un minuto molto prima di diventare Tarzan, l’impianto Chiquito de Cambo per la pelota basca e il velodromo Cipale, ora intitolato ad Anquetil. Invece l’eredità di questi Giochi in termini di infrastrutture permanenti sarà minima, perché pochissimo è stato fatto di nuovo. Tre quarti degli impianti sono nell’Ile-de-France. Le sedi di gara costruite per l’occasione sono appena due: la Bercy Arena2 alla Porte de la Chapelle, da 8mila posti, e il centro acquatico di Saint-Denis da 15mila posti, collegato allo Stade de France da un ponte pedonale. Parigi ha voluto evitare le cattedrali nel deserto che hanno affossato gli organizzatori di Atene e di Rio. Le polemiche ci sono lo stesso: oltre a quella feroce per i biglietti troppo cari (andare a vedere l’atletica o il nuoto costa 1.000 euro a persona), c’è quella scatenata dagli ambientalisti per la collina Élancourt, il punto più alto dell'Île-de-France, che ospiterà la mountain bike.

Il surf in Polinesia

«L’immagine della Francia è in gioco», ha ammesso il capo dell’organizzazione Tony Estanguet, oro nella canoa a Sydney 2000 e ad Atene 2004. Ma la Francia è grande, comprende ancora i territori d’oltremare. A ospitare le gare di surf, confermate dopo il felice debutto di Tokyo, sarà Tahiti, l’isola più grande della Polinesia francese. Questo è già un record: a 15.700 chilometri da Parigi, sarà la competizione più lontana di sempre dalla città ospitante. Si surferà sulle spiagge di Teahupo’o, un villaggio alla fine della strada, nella punta meridionale dell’isola.

Hanno scelto Teahupo’o perché la Francia voleva dimostrare di non aver bisogno di onde artificiali, dal momento che ha quelle naturali più belle, più famose e più pericolose del mondo. Ma fare le Olimpiadi vuol dire assicurare ad atleti, giornalisti e spettatori un minimo di infrastrutture, e il governo ora vuole asfaltare e allargare l’unica strada e l’unico ponte per costruire un resort di lusso. Impatto ambientale devastante in un paradiso terrestre. Ci ha pensato la natura a ricordarci che noi non comandiamo: ai primi di maggio Teahupo’o è stata colpita da una terribile inondazione.

Ma lo spettacolo continua ad ogni costo. Parigi 2024 vuol essere l’edizione del ritorno: degli atleti finalmente al massimo dopo gli anni della pandemia, del pubblico che potrà riempire le tribune come prima, più di prima. Occuparsi dei vivi, questo ci rimane da fare.

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