Niente è meglio della cucina di casa, anche se è di qualcun altro

Cibo è il nostro inserto mensile che racconta il mondo attraverso ciò che mangiamo. Esce l’ultimo sabato di ogni mese sulla app di Domani e in edicola. In ogni numero svisceriamo un tema diverso con articoli, approfondimenti e commenti: il tema del numero di questo mese è cucina abitabile. Qui troverete man mano tutti gli altri articoli di questo numero. In questa pagina, invece, tutti gli altri articoli di Cibo, che è anche una newsletter gratuita. Ci si iscrive a questo link. La chiamavano guerrilla restaurant, ma era un conflitto combattuto senza armi. Quello che si è diffuso a New York nei primi anni Duemila, e poi via via in tutto il mondo, era piuttosto un nuovo modo di pensare la cucina. Anzi, di fare business. Sono gli anni del boom della ristorazione e, al contempo, della grande crisi finanziaria, quella in cui le persone arrivavano davvero – e non solo nelle serie tv – in ufficio soltanto per riempire il loro scatolone e non tornarci mai più. Non solo banchieri, ma anche tanti chef si sono trovati improvvisamente senza un lavoro. Nell’attesa di trovare un altro impiego, in molti hanno deciso di rendere le proprie case nel loro nuovo ristorante o in scuole di cucina. Doveva essere un passatempo momentaneo, un esperimento per trasmettere i valori del mestiere in modo più diretto e informale. Si pagava il giusto, ovvero il prezzo degli ingredienti necessari per il menù. Col tempo, e grazie ai social network, ospitare amici o anche perfetti sconosciuti è diventata una tendenza. Un fenomeno di per sé illegale, nato per rispondere a due esigenze principali di quell’epoca: aprirsi un posto proprio con maggiore facilità, contrastando un settore saturo, e intascarsi qualche soldo. I ristoranti casalinghi si sono così espansi. Il concetto di supper club newyorkese è stato replicato a Londra e Berlino e poi a macchia d’olio nel resto d’Europa. Da atto di ribellione, l’Home restaurant è diventato una sorta di regola. Heinz Beck: «Le cucine non sono quelle della tv. Dobbiamo cogliere i cambiamenti» Numeri in ascesa Sarà la voglia di intimità e di rilassatezza, come a casa propria. Sarà che il Covid-19 ha trasformato il concetto di convivialità e di spazio pubblico, riducendo il tutto a poche conoscenze – ma ben selezionate. Sarà che, come ogni elemento di novità, incuriosisce e attrae. Ci sono diverse ragioni in grado di spiegare la crescita degli Home restaurant, nessuno sbagliato. A renderlo mainstream in Italia è stata anche la spasmodica ricerca della tradizione culinaria nostrana. Secondo quanto emerge da un’analisi di PwC, lungo il paese se ne contano oltre 10.000, che producono un valore di mercato superiore ai 30 milioni di euro all’anno. Tanti i turisti in cerca di un piatto cucinato come si deve, ma anche tanti italiani che vogliono provare nuove esperienze. Il settore del food and hospitality cresce a un ritmo del 20 per cento ogni anno e non sembra in procinto di rallentare. Entro la fine del decennio, gli Home restaurant dovrebbero essere il 30 per cento in più di oggi. A conferma di come non sia soltanto una moda passeggera. La cucina non finisce mai, è luogo di rapporti umani La legge (che non c’è) Se si guardano ai numeri della ristorazione, quelli appena elencati sono una goccia in mezzo all’oceano. Come sottolinea la Home Restaurant Hotel srl, piattaforma su cui sono iscritti oltre 1.000 esercizi in 320 comuni italiani, nel 2015 i ristoranti tradizionali incassavano 76 miliardi in fatturato. Per, poche migliaia di ristoranti casalinghi che possono fatturare al massimo poche migliaia euro all’anno, sono niente in confronto. Ma proprio perché ormai è diventata un’abitudine che coinvolge sempre più persone, oltre che per limitare i ristoranti abusivi, è necessaria una legge che sancisca regole chiare. Al momento non c’è alcuna normativa, tutto è nelle mani delle regioni o degli enti locali. Per cui ognuno fa da sé, alimentando la confusione. In linea di massima per aprire un home restaurant bisogna comunicare l’avvio dell’attività in Procura, l’immobile deve rispettare i prerequisiti di sicurezza alimentare e quelli igienico-sanitari, non si possono superare i 10 coperti al giorno e i 500 all’anno, per un incasso pari a 5.000 euro e non di più. Una proposta di legge era stata presentata nel 2017, ma non se n’è fatto niente, bocciata anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Uno spunto arriva dalla California. Grazie a una legge del 2018, le Microenterprise Home Kitchen Operation sono un’attività come tante altre. Nel giro di due mesi, la cucina della propria casa diventa un ristorante a tutti gli effetti, che può effettuare anche ordini da asporto. Scongiurando qualsiasi guerriglia all’orizzonte. [Missing Caption][Missing Credit]