La notizia della ripubblicazione dei testi di Carla Lonzi, annunciata quest’estate sui social ha fatto velocemente il giro del web creando attese ed entusiasmo. Sputiamo su Hegel e altri scritti è uscito a settembre a cura di Annarosa Buttarelli (filosofa e responsabile del Fondo Carla Lonzi), che ha scelto di pubblicarlo senza testi d’accompagnamento per non spegnerne la «forza travolgente». Si tratta di scritti nati tra il 1970 e il 1972 e pubblicati per la prima volta nei libretti verdi di Rivolta Femminile (già riuniti nell’ordine odierno in una seconda edizione del 1974) ma che da qualche anno erano pressoché introvabili, esauriti presso la Libreria delle Donne di Milano (eletto luogo di distribuzione) e non reperibili neppure nelle riedizioni più recenti di et/al.
Significativo è il fatto che oggi vengano ripubblicati nella collana La Tartaruga, storico nome della casa editrice femminista fondata nel 1975 da Laura Lepetit. Così come significativo è il fatto che questa volta in copertina ci sia Viola rosso (1963), un dipinto di Carla Accardi, il cui rapporto con Lonzi fu lungo e infine controverso ma che, con lei ed Elvira Banotti, fondò nel 1970 il gruppo di Rivolta Femminile, collaborando alla stesura di alcuni degli scritti inclusi in questo volume.

Il 5 settembre, nel giro di poche ore dal lancio sul mercato, il libro era già esaurito ed è stato immediatamente ristampato. Il motivo del successo annunciato è semplice: Carla Lonzi è stata la pensatrice più radicale del nostro paese, le sue riflessioni hanno segnato il femminismo italiano degli anni Settanta e rappresentano un viatico anche per le menti delle più giovani generazioni. 

Deculturalizzare il patriarcato

Carla Lonzi (nata a Firenze nel 1931), dopo una formazione con Roberto Longhi, cominciò la sua attività intellettuale come critica d’arte negli anni Cinquanta e già in quell’ambito ebbe modo di esprimere una radicalità di pensiero che da oltre dieci anni gli studi storico artistici stanno approfondendo.
In particolare Laura Iamurri (storica dell’arte) ha evidenziato come la sua esperienza nell’arte abbia posto le basi per il successivo percorso nel femminismo. Nei suoi scritti di critica d’arte Lonzi s’incamminò per quella strada che la portò a prendere le distanze dalle forme di potere e insubordinazione. Nell’approcciarsi all’opera degli artisti cominciò a utilizzare il magnetofono per registrare le sue conversazioni con loro e l’utilizzo di questo strumento, all’epoca innovativo, faceva sì che, come scrive Iamurri, il filtro «del critico veniva di fatto abolito, o quantomeno fortemente compresso, per lasciar spazio alla voce autentica dell’artista».

Questa pratica la portò a pubblicare la serie dei Discorsi sulla rivista Marcatré dal 1966, per poi approdare in seguito ad Autoritratto (prossimo volume che verrà ripubblicato nel 2024 da La Nave di Teseo). In questo libro Lonzi rimontò e rimescolò insieme le diverse conversazioni avute con una serie di artisti, tra cui Accardi, in luoghi e tempi differenti, materializzando di fatto un lungo convivio in cui gli interlocutori coinvolti sembrano dialogare direttamente tra loro.

Sul volgere del decennio Lonzi avvertiva già un’estraneità rispetto al sistema dell’arte e al ruolo del critico che, come lei stessa scrisse, esercitava «un potere discriminante sugli artisti». Nel 1970 lasciò in via definitiva la critica, fatto salvo un succinto tardivo ritorno, un anno prima della sua prematura scomparsa, sopraggiunta nel 1982. Pare però esserci una continuità di approccio tra le pratiche di ascolto che Lonzi adottò con gli artisti e quelle che poi intraprese con le donne di cui si circondò, con le quali, come raccontò nel suo lungo diario, volle instaurare relazioni orizzontali.

Fu in quei primi anni Settanta, anni dei gruppi di autocoscienza, che Lonzi scrisse testi imprescindibili come Sputiamo su Hegel, nato con l’idea di deculturalizzare il sistema patriarcale. Il testo delegittima l’intoccabile pensiero novecentesco di Hegel, Marx e Freud, colpevoli di non aver mai tenuto conto di quel «soggetto imprevisto» che è stata la donna, per secoli relegata ai margini anche delle ideologie rivoluzionarie ma che, finalmente, in quel momento prendeva parola.

Una voce che rivendicava la propria differenza sessuale e di desiderio attraverso una scrittura diretta e assertiva come quella utilizzata in un testo, tanto illuminante quanto sconvolgente per l’epoca, come La donna clitoridea e la donna vaginale (anch’esso presente in questa pubblicazione).

Lonzi qui smontò le convinzioni più consolidate di quella che definì una «violenza culturale», una colonizzazione nei confronti delle donne che partiva dall’idea che i meccanismi di piacere e riproduzione femminile fossero coincidenti.

Restare lucidi

Il fondamento del pensiero della differenza di Lonzi non era riducibile alla richiesta di uguaglianza, che lei reputava essere «quanto si offre ai colonizzati sul piano delle leggi e dei diritti». La questione era invece quella di rivendicare il valore della diversità.

Leggere o rileggere Carla Lonzi oggi in Italia è importantissimo. Lo è perché viviamo tempi incerti nei quali è necessario restare vigili per non lasciarsi confondere da messaggi che spesso mistificano e abusano della definizione di femminismo – per quanto sia ormai più corretto parlare di femminismi al plurale.
Prestare attenzione a Carla Lonzi ci aiuta a restare lucide e lucidi, perché anche se nel 1970 le fondatrici di Rivolta Femminile dichiaravano: «Comunichiamo solo con donne», ora sappiamo, come ci ha detto bell hooks, che «il femminismo è per tutti».
In un momento in cui la regressione si proietta come un’ombra sulle nostre vite è necessario mantenere la barra dritta nel viaggio in direzione di una società in cui «il porsi della donna non implica una partecipazione al potere maschile, ma è una messa in questione del concetto di potere».


Sputiamo su Hegel e altri scritti (La Tartaruga 2023, pp. 144, euro 16) è una raccolta di testi di Carla Lonzi, curata da Annarosa Buttarelli

© Riproduzione riservata