Cultura

Raccontare il dolore non è un tabù, è un viaggio nel tempo

  • Sto andando a Ferrara. Una volta in città, dovrò prendere la circonvallazione e seguire le indicazioni per Malborghetto, dove Simone e Stefania mi aspettano per cena, ma fin lì potrei guidare a occhi chiusi.
  • Qualsiasi cosa succeda, non piangere. Fermo a un semaforo, adesso, mi chiedo se questa sia la lezione che il dialogo mi ha insegnato, tanto tempo fa.
  • Raccontare la sua storia significa aprire ogni volta una ferita che stenta a richiudersi, che non vuole rimarginarsi, e sentire il vuoto che nasconde.

Sto andando a Ferrara. Una volta in città, dovrò prendere la circonvallazione e seguire le indicazioni per Malborghetto, dove Simone e Stefania mi aspettano per cena, ma fin lì potrei guidare a occhi chiusi: questa strada è impressa così a fondo nella mia mente da esserne ormai un elemento costitutivo, un solco della memoria. È la strada che ho fatto ogni mattina, da ragazzo, per andare al liceo. Anno dopo anno. Però, a differenza di allora, quando ero tutto proteso in avanti e le giornate

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