È iniziato martedì 13 aprile e si concluderà il 12 maggio il Ramadan, mese sacro del digiuno per i fedeli musulmani, dedicato anche alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina. Nel corso del Ramadan i fedeli praticanti adulti e sani digiunano dall’alba al tramonto, si astengono dall’attività sessuale, non fumano e in generale si tengono lontani da qualsiasi comportamento che male si sposi con contemplazione e raccoglimento. Anche il cattolicesimo conosce il suo mese, a essere precisi quaranta giorni, dedicati al digiuno e all’astinenza: la Quaresima; forse talvolta non ci si pensa. Le tre grandi religioni monoteiste prevedono tutte importanti precetti alimentari, come fanno del resto anche credenze meno diffuse: il fedele va diretto e accompagnato, la quotidianità è troppo importante per non essere regolata. Ci si può chiedere: regolata come, regolata perché?

Religione e vaccino

Dagli Stati Uniti arriva notizia di una richiesta formulata in diverse comunità islamiche ai propri leader: è lecito vaccinarsi nelle ore diurne? Se i potenziali effetti collaterali del vaccino richiedono di mangiare e bere nel tempo proibito, come ci si deve comportare? Non sono domande di poco conto e coinvolgono molte persone. La risposta non si è fatta attendere: vaccinarsi si può, anche durante il Ramadan, come dichiarato tra gli altri dall’Associazione medica islamica del nord America, sulla scorta delle opinioni delle massime autorità religiose in Arabia Saudita e Libano.

L’Islam insegna che i musulmani sono esentati dal digiuno se e mentre sono malati o in viaggio, un giorno perduto si può recuperare più tardi. Un imam di Washington, Talib Shareef, ha invitato i fedeli a non mettersi addosso troppa pressione e a non perdersi entro cortocircuiti teologici. Per un anno si è pregato per il vaccino, ora che esiste non si deve tentennare ma accettarlo, perché «il Ramadan è interessato al valore della vita umana». Domande (e risposte) di difficile soluzione hanno segnato e continuano a caratterizzare pure la storia delle regole alimentari cristiane, una storia fatta più di eccezioni che di regole, di dispense che di restrizioni.

Quando il vento della Riforma scuoteva nelle sue fondamenta religiose l’Europa cristiana, quando riformatori come Huldrych Zwingli (1484-1531) e Martin Lutero (1483-1546) facevano del mancato rispetto delle norme su digiuno e astinenza un vessillo di contestazione, un dotto e non sempre sintetico giurista di età moderna, lo spagnolo Martín de Azpilcueta (1491-1586) aveva elencato in un trattato le cause di dispensa, come si definiscono le eccezioni nel linguaggio del diritto canonico.

Iniziamo l’elenco: debolezza del corpo per i giovani e i vecchi (minori di ventuno e maggiori di sessant’anni) e per le donne in gravidanza e allattamento; malattia e povertà. Apriamo una parentesi: l’età è una discriminante importante anche per le regole del Terzo Millennio, non solo quelle cattoliche. Polemiche sono sorte, per esempio, in seguito alla scelta fatta da alcune scuole di vietare espressamente il digiuno ai bambini musulmani per preservare la loro salute fisica. Diatriba in parte pretestuosa perché, lo abbiamo visto, pure le regole islamiche hanno le proprie eccezioni, tra le quali risaltano proprio quelle legate a età, gravidanza, malattia. Insomma, nessuna religione vuole il male del proprio fedele. Parentesi chiusa, torniamo ad Azpilcueta: quanto visto finora presenta una disciplina chiara e ragionevole, ma i casi aperti a ogni tipo di interpretazione – d’abitudine estensiva – non erano affatto pochi: si consentiva di violare le norme su digiuno e astinenza a chi avesse dovuto così salvare la propria vita, garantirne la dignità o addirittura ottenere un guadagno straordinario, pure se non tangibile. Eccezione quanto mai generica, quest’ultima, ideata per i lavoratori di fatica (fabbri, carpentieri) ma dalle grandi potenzialità di ampliamento, tanto che tra i tanti a impadronirsene ci furono confessori e predicatori.

Esonerati

Liberati dagli obblighi erano pure coloro i quali digiunando avrebbero potuto provocare danni notevoli, economici o morali, a sé, alla propria famiglia o alle persone di cui avevano cura. Che sia il primo riconoscimento canonico del cosiddetto care-giver? In definitiva, nessuno era davvero obbligato ad abbandonare il lavoro in cui era impegnato per digiunare se ne fossero derivate delle conseguenze irrimediabili. Ai direttori spirituali e ai curatori delle anime spettava decidere, magari con l’aiuto di un medico. Ragione sufficiente alla dispensa era poi l’impossibilità di portare a compimento opere buone o pie per causa della sotto-nutrizione. Il caso concreto per il quale era stata dettata l’eccezione alla regola si riferiva ai pellegrini, ma nella medesima fattispecie ricadeva pure quello delle mogli decise a impegnarsi in un digiuno votivo e volontario senza il permesso del marito: la pace della famiglia aveva la precedenza sul proponimento devozionale. Il rapporto tra cibo e sesso, il favore che si deve ai viaggiatori (non sempre in grado di scegliere di cosa nutrirsi) sono elementi comuni a cattolici e musulmani. Fermiamoci qui, consapevoli però che gli elenchi delle dispense cristiane furono compilati da molti altri giuristi e si occuparono di minuzie difficilmente immaginabili. Usare il passato remoto in questo caso, però, può suonare impreciso: domande sul tema sono ancora attuali.

Il caso limite

Nel 2020 tra i cattolici americani è sorta una discussione sulla liceità dell’Impossible Burger, l’hamburger vegano, in tempi di magro. Che problema si pone di fronte a un bel sandwich di seitan? Può sembrare insensato chiedersi se si possa mangiare; certo che sì, ma il quesito in realtà è, forse inconsapevolmente, il coerente erede di dibattiti lunghi secoli. Di fronte al panino impossibile qualche prete cattolico ha sentenziato: «Se non è carne, non è carne». Qualche altro, al contrario, ha intravisto nel mangiarselo un vero e proprio inganno, costituito dal ricercare un gusto simile a quello che si dovrebbe evitare di assaporare in rispetto alle norme sull’astinenza.

La regola di fede ha le sue eccezioni, gestite talvolta dalle autorità religiose, talaltra dalla coscienza individuale, entrambe possono condurre molto lontano. Sembra che il punto centrale sia quello di non perdere di vista la sostanza per rincorrere la forma. Rinunciare a qualcosa di materiale deve portare il credente ad acquisire dei vantaggi spirituali, altrimenti perché? Altro discorso è la rincorsa alla dispensa, sport non del tutto sconosciuto nel nostro paese. Laddove non si tratti di carne da fatica o piatti carnivori travestiti da vegan, la laica Italia del nostro tempo racconta di cacciatori di deroghe, ingegnosi e motivati, impegnati a superare la fila dei candidati al vaccino, convinti che in fondo ogni regola ha la sua eccezione, come se questo non avesse delle conseguenze.

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