Ritornare ai mercati contadini per riabitare la città

Cibo è il nostro inserto mensile che racconta il mondo attraverso ciò che mangiamo. Esce l’ultimo sabato di ogni mese sulla app di Domani e in edicola. In ogni numero svisceriamo un tema diverso con articoli, approfondimenti e commenti: il tema del numero di questo mese è cucina abitabile. Qui troverete man mano tutti gli altri articoli legati a questo tema. In questa pagina, invece, tutti gli altri articoli di Cibo, che è anche una newsletter gratuita. Ci si iscrive a questo link. L’aria, a Bologna, ha cambiato odore da un pezzo. Quel sentore acido del sottoportico è, ormai, stato rimpiazzato dai toni sbiaditi delle lenzuola lavate troppo e troppo spesso, almeno 252.653 volte all’anno se si combina il numero di annunci su Airbnb (3461, a ottobre 2025, dati di Airroi) con la media dei giorni trascorsi in città (3, Bologna Welcome 2024). Ci si mettono, poi, le tovaglie, nemmeno così pulite, seguendo le inchieste di Libera Bologna sulle aperture dei nuovi ristoranti. Il turismo si è mangiato la città, spiegavano Ilaria Maria Sala sul New York Times e Salvatore Papa su Lucy, e lo ha fatto anche con i suoi abitanti e con i nostri amici che, alla fine, se ne sono andati. E noi, quelli rimasti, scaviamo come possiamo per ritagliarci degli spazi liberi. Il presidio A volte li ritroviamo nei mercati contadini, anche per un’inevitabile reazione allo smantellamento a cui stiamo assistendo. Sin dalla sua formazione, Campi Aperti ha lavorato con i suoi mercati per azzerare disparità e distanze fra la città e le sue campagne, in controtendenza alla spersonalizzazione dell’acquisto portato dalla grande distribuzione. Un percorso che è stato reso possibile attraverso il coinvolgimento diretto di produttori e consumatori tramite assemblee, svolte in maniera orizzontale e trasparente, in cui si discutono i prezzi, l’autoregolazione sulla produzione e i passi da compiere. «Campi Aperti nasce verso la fine degli anni Novanta, quando giovani contadini e studenti come noi hanno cominciato a lasciare la città per vivere in comune coltivando la terra. È stato l’incontro con le posizioni di La Via Campesina a Genova, nel 2001, e le possibilità sociali nell’avere un’agricoltura sostenibile ed etica, alla portata di tutti, a convincerci a creare il primo gruppo di produttori», racconta Carlo Farneti, agricoltore e socio del birrificio artigianale Fermenti Sociali, fra i fondatori di Campi Aperti. «Da lì è nato il primo gruppo di acquisto solidale che, poi, è diventato il primo mercato nell’area dove si trovava l’XM24. La gente che lo frequentava era tanta e sempre più produttori biologici entravano a far parte del nostro gruppo, così abbiamo deciso di costituirci come movimento preservando una visione orizzontale che coinvolgesse tutti allo stesso modo, a differenza dei sistemi a cui eravamo abituati». Così Bologna si sta trasformando da popolare a elitaria Biologico Oggi, Campi Aperti anima sei mercati cinque giorni a settimana, in zone diverse della città. Rappresenta un centinaio di produttori biologici provenienti dalle campagne e dalle colline del bolognese, ed è un esempio di come i mercati contadini, nel loro piccolo, possono diventare presidi per i quartieri e, anche, antidoti alla mancanza di spazi collettivi. «La questione della socialità è, in qualche modo, arrivata naturalmente con i primi mercati, non è stata progettata a tavolino», prosegue Farneti. «È nata spontaneamente perché il mercato, da sempre, permette l’incontro di quartieri e territori. È stato bellissimo scoprire che potevamo assumere questo ruolo e abbiamo cominciato a creare gli spazi perché avvenisse. I mercati sono presidi importanti per la socialità gratuita perché sono spazi in cui ci si incontra. Il fatto di riportarli in città sicuramente ha determinato una ricchezza sociale per molte persone e, per questo, crediamo fortemente nella necessità di sviluppare questi modelli anche nelle estreme periferie, dove c’è un bisogno fortissimo di accedere a cibo sano ed etico, alla portata di tutti e tutte». Quel profumo di alternativa che ci aveva portato qui vive ancora, come può. È una questione di scelta, lo è sempre, e implica anche la necessità di guardare al cibo in un modo diverso. Nei mercati contadini di Campi Aperti prende le forme delle stagioni e della natura, dei vini, dei trasformati e delle erbe. È durante questi momenti che la piazza, abituata al passaggio o al consumo, riprende una certa energia sociale, si manifesta come laboratorio politico, anche alimentare, proprio in una città che sembra averne perso il controllo o, forse, l’interesse. Il riscatto alimentare parte dal carcere, tra opportunità lavorative e iniziative anti spreco