Immaginiamo di fare un gioco e di dividere i cantanti di Sanremo in due squadre: quella di chi punta a vincere il festival, e quella di chi invece punta soprattutto a trionfare nella gara dello streaming, nel numero di trasmissioni alla radio e più in generale nella capacità di incollarsi – quasi ossessivamente – nella nostra testa. Ecco, Dargen D’Amico potrebbe fare da capitano della seconda squadra: quella dei re dei tormentoni.

La realtà è ovviamente più complessa, se non altro perché le due intenzioni non devono per forza collidere. Anzi, c’è chi è pronto a scommettere che Dargen possa ambire quest’anno alle parti alte di entrambe le classifiche, sia quella finale a Sanremo, sia quella degli streaming.

Però – se si deve scegliere – la sua specialità è diventata nel tempo quella di dare alla musica un vestito fortemente contemporaneo e facilmente “vendibile”. Il tutto sintetizzato in un manifesto, portato a Sanremo nel 2022: «Fottitene e balla». Ma le sue origini, in realtà, sono profondamente diverse. Quasi opposte. E quest’anno, mascherato dietro a un pezzo dance, c’è un profondo significato sociale.

Cantautorap

L’approccio goliardico alla musica è quantomeno divisivo, per usare un eufemismo. E forse è un bene che non tutto il pubblico di Sanremo conosca una canzone come Bocciofili, con Fedez e Mistico, un concentrato di cattivo gusto che ha però contribuito ad allargare la nicchia dei fan più fedeli a Dargen.

Gli inizi sono quelli della scena rap milanese, in gruppo con Gué Pequeno e Jake La Furia, ancora prima dei Club Dogo. Già nelle prime prove su disco – autoprodotte – in realtà si vede altro rispetto a quella patina goliardica che poi lo ha reso famoso. Ci sono esperimenti sonori e tentativi di portare in musica punti di vista diversi, a volte inediti e volutamente disturbanti. Comunque spesso profondamente generazionali.

È facile vedergli appesa la definizione di «cantautorap», una crasi un po’ parossistica, ma che è utile a sintetizzarne alcune caratteristiche. Come l’ammirazione per Lucio Dalla e la voglia di costruire il più possibile in autonomia la propria musica, e quella prodotta per gli altri. 

L’onda alta

Il Dargen più autentico sta celato dietro agli occhiali da sole, che indossa sempre come una protezione. Quello che resta per il grande pubblico è un’evoluzione continua, fino agli ultimi album che sono generalmente più digeribili alla massa. Ma in “Nei sogni nessuno è monogomo” c’è anche una canzone sulla Striscia di Gaza.

C’è stato il tempo per la carriera da giudice di X Factor, la vicinanza a Fedez, i litigi con Morgan, una cover della Bambola di Patty Pravo e la conduzione di un programma trash di karaoke su Prime. Ora torna a Sanremo con un brano che rischia di rimanere ancora una volta incollato in testa di chi lo ascolta: «Sta arrivando, sta arrivando l’onda alta».

Ma il significato è ancora una volta attuale e più profondo. Riguarda le particolari condizioni che portano le persone a migrare, trovandosi all’improvviso in preda al mare. In un’intervista a Repubblica, lo ha spiegato: «Una canzone può nascere guardandosi dentro o guardando fuori: questa è nata dalla considerazione che l’anno che si è chiuso è stato quello con il maggior numero di ingressi di irregolari, più di 150 mila persone. Noi siamo tutti abituati a camminare e a spostarci da un punto a un altro, l’essere umano non è nato dove siamo adesso, ci siamo arrivati».

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