Cultura

Scorticare la pelle dell’arte: le opere “ferite” di Samorì

L’artista replica i capolavori del passato e poi infierisce, ma senza cadere nell’iconoclastia: «Alle immagini affidiamo spesso il compito di sopravviverci, ma cosa accade quando siamo noi a sopravvivere alle immagini?»

 

  • Muovendo da un modello, spesso un’opera dell’arte barocca, Nicola Samorì ne ridefinisce forma e significato caricandolo di implicazioni che trascendono l’idea di bellezza incarnata dall’arte del passato.
  • ’opera giunge al suo compimento seguendo due diversi percorsi che si intrecciano, uno concettuale e l’altro formale. In Volta del Mondo (2014), per esempio, Samorì ha ridipinto Atlante (1646) del Guercino su una lastra di rame.
  • «Tutto il mio lavoro di pittore e scultore ha a che vedere con la pelle» mi dice Samorì, «con l’organo che separa l’interno dall’esterno. Un dipinto è sempre, del resto, una pelle che riveste uno scheletro: la tela, il telaio, il muro, il foglio.

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