Be water, my Friend. Sii acqua, amico mio», diceva Bruce Lee, maestro di arti marziali all’amico cieco a cui insegnava come affrontare il combattimento e la vita (un passaggio divenuto celebre, pronunciato in una puntata della serie Longstreet del lontano 1971).

Poche parole per esprimere la filosofia dell’accettazione: un’esortazione a non restare bloccati nei propri schemi mentali ed essere fluidi come l’acqua che non si oppone ma si adatta, aggira gli ostacoli e, col tempo, li modella; un invito a non irrigidirsi di fronte al contrasto ma accoglierlo per trasformarlo in opportunità.

Perché il confronto non si risolve restando fermi sulle proprie posizioni ma creando una nuova prospettiva da due distinti punti di vista. È questa forse la dimensione in cui lo sport, storicamente, ha saputo dare il suo meglio. Tra tanti esempi, uno: il capolavoro di integrazione etnica sapientemente scolpito da Mandela attraverso il successo del Sudafrica ai Campionati del Mondo di rugby del 1995.

In un Paese appena uscito dall’apartheid, una disciplina simbolo dell’oppressione dei bianchi sui neri viene trasformata in un ponte per congiungere e conciliare le parti. Tanti altri sarebbero i fatti da ricordare relativamente alla sublimazione dei conflitti attraverso lo sport. Oggi però si sta scrivendo un capitolo nuovo: lo sport, specchio e catalizzatore di una società anch’essa, come l’acqua, sempre più fluida sta tentando di affrontare, in modo diverso, il confronto tra generi e il suo storico gap.

E lo fa non solo promuovendo l’inclusione ma accogliendo la complessità delle identità contemporanee. Le gare miste, crescenti nei grandi eventi internazionali, sono il simbolo di una nuova alleanza: non più uomini contro donne ma atleti e atlete insieme, uniti nella medesima squadra, verso lo stesso traguardo.

Le gare miste intese come coppia uomo-donna non sono una novità in quelle discipline in cui l’essere coppia ripropone il modello di ruolo che la nostra cultura riconosce e accetta nel rapporto tra i due generi, quindi affidando all’uomo ciò che viene ritenuto maschile (come i sollevamenti, tutte le azioni di forza e potenza, la conduzione dell’esercizio) e alla donna ciò che viene ritenuto femminile (la parte più estetica e coreografica) come accade nel pattinaggio artistico o nella danza sportiva.

Anche se da tempo ci sono alcuni ambiti (pochi e tendenzialmente relativi alle specialità di precisione) in cui donne e uomini possono competere per lo stesso titolo come nel dressage (equitazione), il grande passaggio sta nel fatto che questa possibilità si è sempre più estesa anche alle discipline di prestazione, sia estive che invernali, tanto a coppie che di squadra.

Le staffette

La staffetta mista nel biathlon (sci di fondo e tiro con la carabina) ideata nel 2005 e divenuta olimpica nel 2014, ha aperto la via ad altre proposte che rappresentano la parità di genere dalla prospettiva dell’equità, come accade per le gare a squadre in cui il risultato finale si ottiene dalla somma dei singoli: in questo caso le donne gareggiano con donne e gli uomini con uomini e il risultato della squadra mista è dato dall’insieme delle prestazioni.

E poi ci sono le gare in cui la parità di genere è letta dalla prospettiva dell’uguaglianza per cui non ci sono ruoli o frazioni prestabilite, uomini e donne gareggiano contemporaneamente fianco a fianco: o dando vita a un equipaggio o alternandosi in prestazioni individuali che verranno sommate ai fini della classifica o nelle staffette.

ANSA

Ai recenti Giochi di Parigi, l’Italia ha vinto l’oro nella vela, specialità Nacra 17 con l’equipaggio formato da Caterina Banti, prodiere e Ruggero Tita, timoniere, bissando il successo ottenuto a Tokyo 2020(1). E ha sorriso ai colori azzurri anche l’oro nello skeet (tiro a volo) formato dalla coppia Diana Bacosi e Gabriele Rossetti: il regolamento prevede gli stessi piattelli, lo stesso sforzo, ognuno fa la sua prova e la coppia con meno errori vince.

Tuttavia, le gare che suscitano più scalpore sono quelle che rappresentano una vera sfida agli stereotipi; quelle che costituiscono una minaccia al binarismo che sovrappone la massima espressione atletica delle qualità di forza e velocità allo spartiacque tra ciò che nello sport si considera maschile e femminile (binarismo che nello sport già sta facendo i conti con le persone intersex e transgender e di cui si parlerà ancora a lungo).

Sebbene tra critiche e apprezzamenti, dopo l’esperienza maturata nella staffetta 4x400, l’atletica ha deciso di azzardare e introdurre la 4x100 (la grande novità che dovrebbe entrare nel programma dei Giochi di Los Angeles 2028) la specialità in cui il testimone arriva al traguardo alla velocità più alta che le discipline dello sprint sappiano esprimere.

EPA

L’esordio, in via sperimentale, è avvenuto nei giorni scorsi in Cina, ai recenti World Relay di Guangzhou. Il regolamento prevede che le prime due frazioni siano corse dalle donne e le ultime due dagli uomini e che vi sia un solo cambio di testimone tra donne e uomini, più per prudenza dettata dalla sperimentazione che per reali problemi.

I commenti sono stati positivi: piace, è spettacolare e così strutturata risulta equilibrata nel suo svolgersi. La difficoltà nei cambi sottolineata da alcuni, pare più un pretesto con cui i refrattari conservatori (di cui peraltro il sistema di gestione dello sport è pieno) tentano di osteggiare l’iniziativa: la velocità che sa esprimere una donna in fase lanciata è assolutamente compatibile con quella di un uomo in fase di accelerazione. Chi afferma il contrario non esplicita un giudizio tecnico ma un’offesa.

La psicologia

La psicologia dello sport ha condotto studi che riportano risultati interessanti relativamente al tema delle gare miste sia a coppie che di squadra. La professoressa Vitali, una delle voci più autorevoli nella psicologia dello sport in Italia, ne fa questa sintesi: «Nelle specialità che si disputano in coppia, gli atleti sentono più pressione e responsabilità verso il partner rispetto a quanto accade nei gruppi più ampi.

Principalmente ciò è dovuto alla maggiore incidenza decisionale relativamente alla condivisione degli obiettivi, alla ricerca di sinergia nelle motivazioni, al raggiungimento del risultato così come alla difficoltà di essere sostituiti in caso di infortunio (supplire a uno dei due componenti di una coppia è decisamente più complesso che sostituire un membro di un gruppo più ampio).

La comunicazione verbale e non verbale è un aspetto chiave dell’efficacia ed efficienza della diade. Rilevante la conclusione secondo cui le coppie, a prescindere che siano per genere omogenee o eterogenee, sviluppano assolutamente le stesse dinamiche».

Analisi suggestive in tema di relazioni che confermano il fatto che stare in coppia è impegnativo, tanto nello sport quanto fuori e che, saper comunicare è sempre la chiave del successo. Con l’introduzione delle specialità miste, lo sport si afferma come un laboratorio sociale che sperimenta quanto l’inclusione non sia affatto una concessione ma un’evoluzione possibile attraverso modelli collaborativi, in cui la complementarità e la valorizzazione delle differenze prevalgono sulla rigida divisione dei ruoli.

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