All’alba dell’11 ottobre 1936, il giovane compositore venne giustiziato nei pressi di Burgos. Pochi mesi prima, in Andalucia, era toccata la medesima sorte al poeta. Strano il destino dei due artisti: uno celebre in patria e in Europa, l’altro ingoiato nell’oblio, entrambi attori dello stesso drammatico teatro, la lunga ed estenuante guerra civile che fu prova generale della seconda guerra mondiale
La più lucida definizione della chitarra e del suo ruolo metastorico nel panorama musicale è quella fornita dallo psichiatra, compositore e saggista Kevin Swierkosz-Lenart: strumento “periferico”; laddove periferico è tutt’altro che minore, è piuttosto la capacità di raccogliere qualcosa che sfugge al “centro”, ciò che intercetta quelle sfumature preziose altrimenti perdute, senza le quali anche la Storia perderebbe parte della sua “verità”.
L’oblio che ha avvolto la vicenda di Antonio José Martínez Palacios ne è un caso esemplare; del giovane talento non si ha traccia fin quando, sul finire del Novecento, le pagine di una Sonata para guatarra giungono nelle mani del compositore musicologo e didatta Angelo Gilardino (Vercelli 1941-2022), che ne intuisce immediatamente la portata artistica.
Come è stato per altri autori di capolavori del repertorio chitarristico, Gilardino restituisce la giusta luce all’opera e al suo sfortunato autore. La cittadina della regione autonoma di Castilla y León è tra i primi avamposti della falange del generale Francisco Franco, stratega del levantamiento che, dal luglio del 1936 all’aprile 1939, fa precipitare la Spagna nella più grande tragedia della sua storia moderna.
All’alba dell’11 ottobre 1936, il giovane compositore viene giustiziato nei pressi di Burgos. Pochi mesi prima, in Andalusia, era toccata la medesima sorte al poeta Federico García Lorca. Strano il destino dei due artisti: l’uno già celebre in patria e in Europa, l’altro ingoiato nell’oblio, ma entrambi attori dello stesso drammatico teatro, quello delle frequenti e terribili rese di conto nella lunga ed estenuante guerra civile che fu prova generale della Seconda guerra mondiale.
Dall’inizio del Novecento fino allo scoppio della guerra civile, il dibattito culturale è acceso; prima la generazione del ’98, tra cui intellettuali e poeti come Miguel de Unamuno, Juan Ramón Jiménez, (futuro premio Nobel) Rubén Darío, poi quel gruppo di artisti che si ritrovano nei cafè di Madrid (la generazione del ‘27) intorno alle figure di Alberti, Picasso, Lorca, Sainz de la Maza, tra questi troviamo – poco più che ventenne – Antonio José.
Entrambi questi movimenti cercano di immaginare una nuova Hispanidad non solo letteraria e artistica, ma anche politica e sociale. Antonio viene presto affidato, all’età di sette anni, alle cure del seminarista Julián Garcia Blanco, organista e futuro direttore del Conservatorio di Valladolid, e poi all’organista José Maria Beobide – anch’egli nella sfera dei gesuiti – i quali saranno la sua protezione e, fatalmente, la sua “condanna”.
All’età di tredici anni aveva già composto circa 75 brani, dimostrando una sensibilità per il mondo della musica popolare spagnola e del repertorio antico con il medesimo approccio che fu di Bartók. La prodigiosa personalità musicale gli consente di usufruire di borse di studio che l’Ayuntamiento de Burgos non elargiva con facilità; questa attenzione da parte dell’ambiente conservatore e clericale presume l’aspettativa di un comportamento fedele e devoto. La condotta sociale e personale del musicista verrà ritenuta pari a un tradimento.
Gli anni Venti del Novecento furono per José un periodo fertile e intenso; nel 1925 è a Parigi dove viene a contatto con la musica di Stravinskij, Scriabin, Honneger e, soprattutto, Maurice Ravel, per il quale dimostra una attrazione e una affinità straordinarie. Il contatto tra i due è testimoniato da una lettera di José, e una dichiarazione del compositore francese che definisce il giovane collega come «il futuro grande compositore spagnolo». Nelle sue opere emerge con chiarezza l’originale linguaggio che si rivolge alla lezione dei grandi compositori europei.
Tra le più significative ricordiamo la Sonata Gallega, Danzas burgalesas e la Suite Ingenua per pianoforte, Tres Cantigas de Alfonso X per coro, Il dittico per orchestra Preludio y danza popular inserito nell’opera (incompleta) El Mozo de Mulas. La breve parabola si conclude quando, con l’accusa di aver scritto un articolo su una rivista fondata insieme ad alcuni amici, viene arrestato; l’articolo, anonimo, trattava dello scabroso fatto di cronaca di un sacerdote che la curia locale intendeva nascondere.
Dopo un processo sommario viene fucilato. Sulla sua opera sarà imposto un silenzio completo fin quando, nei vicoli della “periferia della musica”, riappare il suo canto.
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