Lo scrittore è morto a Lima. Era stato premiato con il Nobel nel 2010 «per la sua cartografia delle strutture del potere e per le acute immagini della resistenza, rivolta e sconfitta dell'individuo». Nel suo saggio su García Márquez disse che «lo scrittore è un dissidente: crea vita illusoria, crea mondi verbali perché non accetta la vita e il mondo come sono»
Mario Vargas Llosa, il grande autore peruviano, è morto a 89 anni a Lima. Era nato il 28 marzo 1936, ad Arequipa. Era naturalizzato spagnolo. Per volontà della famiglia i funerali saranno celebrati in forma privata e, rispettando le sue volontà, le sue spoglie saranno cremate.
Nel corso della sua carriera ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Cervantes, il Premio Príncipe de Asturias de las Letras, il PEN/Nabokov per la narrativa, il Premio Grinzane Cavour e nel 2010 è stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura «per la sua cartografia delle strutture del potere e per le acute immagini della resistenza, rivolta e sconfitta dell'individuo».
In Italia Einaudi ha in corso di pubblicazione la sua intera opera e i Meridiani Mondadori hanno dedicato due volumi ai suoi romanzi. Tanti capolavori come La città e i cani, La zia Julia e lo scribacchino, La Casa Verde, Elogio della matrigna, Avventure della ragazza cattiva (che è uno dei libri più divertenti che abbia mai letto: una vita trasformata in un inferno. Ma un inferno in cui c'è tutto: passione, gioia, amicizia, follia, disperazione, sesso, delirio) Conversazione nella cattedrale, La guerra della fine del mondo, Il narratore ambulante e La festa del caprone.
Come dice nel discorso in occasione del Nobel, è Flaubert che gli ha insegnato che «il talento è una disciplina tenace e una lunga pazienza» e che occorre l’amore per la parola giusta e che serve al romanzo un narratore invisibile e oggettivo. Nell’estate del 1959 arrivò a Parigi con poco denaro in tasca e la promessa di una borsa di studio. La prima cosa che fece fu entrare in una libreria del Quartiere latino e comprare una copia di Madame Bovary nelle edizioni dei Classiques Garnier.
Flaubert e Bovary
Cominciò a leggerla nella stanzetta di un albergo non lontano dal museo Cluny: «Erano anni che nessun romanzo vampirizzava così rapidamente la mia attenzione» racconterà in seguito. È allora che comprese «quale scrittore mi sarebbe piaciuto essere» e che «da quel momento e sino alla morte avrei vissuto innamorato di Emma Bovary». L’editore Settecolori ha appena pubblicato L’orgia perpetua, l’omaggio di un grande scrittore (anche di saggistica letteraria e politica) al maestro di tutti i grandi scrittori della modernità, il suo omaggio a Flaubert: non convenzionale, luminosamente intelligente, ferocemente sensuale.
E poi Cervantes, Dickens, Balzac, Tolstoj, Conrad, Thomas Mann, Borges: I maestri che gli hanno mostrato la strada del romanzo totalizzante, la sua «vocazione quantitativa» a raccontare una storia che sia un microcosmo autosufficiente e una summa della realtà. E poi sopra a tutti Faulkner a insegnargli più di ogni altro che è la forma, la scrittura e la struttura, a fare le storie che si raccontano. A ciò si aggiunge la convinzione «tra Sartre e Camus» che la letteratura sia una forma e un’azione di insurrezione permanente nei confronti del mondo.
Nel suo saggio su García Márquez dice che «scrivere romanzi è un atto di ribellione contro la realtà, contro Dio, contro la creazione di Dio che è la realtà». «Lo scrittore è un dissidente: crea vita illusoria, crea mondi verbali perché non accetta la vita e il mondo come sono. Ogni romanzo è un deicidio segreto, un assassinio simbolico della realtà».
Il Boom
Vargas Llosa aveva contribuito a dare il via, nei primi anni Sessanta, a un movimento che sarebbe diventato noto come Boom, termine applicato a una nuova generazione di scrittori latinoamericani spensierati e socialmente consapevoli: tra gli altri, García Márquez, Carlos Fuentes, Julio Cortázar, Juan Rulfo, Guillermo Cabrera Infante, José Donoso e Miguel Ángel Asturias. Vargas Llosa è stato l'ultimo scrittore vivente del Boom, il che raddoppia l'impatto della sua perdita. Era il romanziere politico più abile e affermato al mondo.
Da giovane studente marxista e socialista, Vargas Llosa si era immerso nel fervore intellettuale della sua epoca, influenzato dalle idee di Sartre. Inizialmente, accolse con entusiasmo la rivoluzione cubana, solo per poi distaccarsene quando il sogno si trasformò in un regime oppressivo. L'invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968 segnò un punto di non ritorno, avviando un sofferto processo di avvicinamento all'umanesimo laico di Camus e al liberalismo. Nel 1987, con il Movimiento Libertad, si fece portavoce delle proteste contro il piano del presidente García di nazionalizzare il sistema bancario.
Divenuto leader del Fronte Democratico, si candidò alle elezioni presidenziali del Perù nel 1990. Nonostante le sue posizioni venissero derise come reazionarie e conservatrici, Vargas Llosa sosteneva con fermezza che, in un'America Latina segnata da dittature, terrorismo, nazionalismo, misticismo e razzismo, essere liberali equivalesse a essere rivoluzionari. Tuttavia, fu sconfitto al secondo turno da Fujimori, che ebbe il sostegno dei voti della sinistra.
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