Fedez ha grinta: nel suo scontro coi tremebondi funzionari Rai non si può non ammirarlo e non stare dalla sua parte. Non credo che, da questo punto di vista, una riforma della Rai possa essere decisiva: ci saranno sempre, sotto qualunque politica, dei funzionari che preferiscono non fare i nomi, non mettersi nei guai con questo o quel potente, è un atteggiamento che appartiene alla natura umana.

Certo, prendersela con qualcuno che dice «se mio figlio fosse omosessuale lo metterei nel forno» è per così dire il minimo sindacale; ma ci sono momenti in cui è giusto anche combattere per le cose elementari.

Certo, il ddl Zan pone questioni più sfumate, su cui si dovrebbe discutere (io, per esempio, non sono d’accordo sul self-id, l’autocertificazione di genere); ma non si può usare questi distinguo per rimandare alle calende greche un decreto giusto.

Se la sfuriata di Fedez serve a fare in modo che la Lega si vergogni di certi suoi esponenti, ben venga. Certo, si pone l’enorme problema degli influencer, che hanno potere e soldi e diventano quasi un’industria di se stessi, e della loro influenza sulla politica. Ma l’attuale tecnologia della comunicazione va nel senso di mescolare privato e pubblico, abolendo qualunque intermediazione di studio e competenza; contano le “viscere”, e tra viscere e astuzia commerciale è difficile districarsi.

Se devo scegliere tra un influencer che per non perdere follower non dice mai niente che non sia ovvio e certificato dal senso comune, e uno che ogni tanto sbrocca a costo di apparire “divisivo”, non ho esitazioni a scegliere il secondo. Fermo restando che questo rischia di creare due tifoserie opposte e di bruciarsi nella fiammata della cronaca, e fermo restando che più gli artisti sono forniti di una solida cultura di base e più le loro creazioni avranno possibilità di durare.

    

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