Il popolo della pace si mobilita di nuovo. Dopo anni di silenzio, in Italia la prima manifestazione per la pace in Italia è stata quella del 18 febbraio convocata dalla Comunità di Sant’Egidio, prima ancora dello scoppio della guerra in Ucraina.

Era da tanto che non si scendeva in piazza per la pace: nessuno lo aveva fatto per la Siria. Restavano le marce Perugia-Assisi anche se con caratteristiche più concentrate sui diritti civili. Un intero mondo pacifista si era inabissato.

Con il tempo è sembrato che la guerra fosse tornata ad essere la triste ma ineluttabile compagna della storia umana.

Tanti conflitti sono finiti in un completo fallimento, come quello dell’Afghanistan.

Eppure una coscienza viva del valore della pace fa fatica a risorgere e a molti la guerra in Ucraina è parsa inevitabile.

Ci si è messi in una situazione senza uscita: combattere e armarsi come unica soluzione, divenuta una camicia di forza, una gabbia da cui non si esce.

Il risveglio della coscienza di pace avviene mentre si banalizza l’uso delle armi nucleari: se ne parla come di un’eventualità e di una probabilità, ma sarebbe la fine di un tabù che aprirebbe un vaso di pandora dalle terribili conseguenze.

Papa Francesco ha lanciato un forte appello al negoziato; il cardinal Matteo Zuppi si augura che non resti solo.

Così alcuni movimenti, politici e non, hanno iniziato ad auspicare una manifestazione contro l’escalation e il rischio atomico.

E’ in corso un lavoro preparatorio. Già è noto che il 23, 24 e 25 ottobre una grande manifestazione globale dal titolo Il grido della pace convocata da Sant’Egidio, si svolgerà a Roma tra la Nuvola e il Colosseo, a cui parteciperà anche papa Francesco con centinaia di leader religiosi mondiali e alcuni capi di Stato.

La pace è un affare molto serio da non delegare ai soli responsabili politici. Questo è il senso dell’attuale mobilitazione: fare qualcosa, farsi sentire, gridare.

Molti si chiedevano cosa fare. Se ne è parlato poco in campagna elettorale, favorendo la disaffezione al voto: se la politica non si esprime sulla cosa più urgente, a cosa serve?

Circa il 60 per cento degli italiani è contrario alla guerra, il che significa che auspica una soluzione pragmatica percorribile.

Solo una certa pigrizia mentale può fare pensare che tale soluzione non esista e che si debba prolungare il conflitto all’infinito.

Nessuno può garantire che la linea rossa dell’attacco nucleare non sarà violata.

Occorre urgentemente attivarsi per soluzioni politiche. Si tratta di una priorità italiana ed europea: immaginare un’azione che impegni russi e americani a sedersi al tavolo delle trattative subito.

Sono loro – potenze nucleari –  ad avere la responsabilità primaria di ricostruire l’architettura di sicurezza che hanno lasciato deteriorare nel corso degli ultimi due decenni, in Europa e nel mondo.

Vanno richiamate ai loro doveri globali verso la terra. 

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