La società globale e in particolare le società occidentali sono attraversate da numerose polemiche che le polarizzano. Gli argomenti girano attorno all’identità (personale come quella di genere o nazionale come il sovranismo), alle migrazioni, al ruolo dello stato (vedi reazione ai piani anti pandemia) e alla libertà (No-vax ecc.).

Com’è noto, la stessa democrazia è messa in discussione nel cuore dell’Europa, con forme illiberali competitive ormai considerate accettabili. Si tratta di temi divisivi che spaccano le società investite da dibattiti “virali” grazie al potere dei social media, senza che le istituzioni o gli stessi governi abbiano la possibilità di gestire ciò che accade.

La politica sembra impotente davanti alle ondate emozionali delle controversie che investono le società. Cos’è la società oggi? Non si tratta di una domanda banale, dal momento che siamo tutti immersi nella contesa tra l’individuale e il collettivo senza ammortizzatori come erano le reti politiche, sindacali e associative di una volta.

Siamo abituati a pensare ad una società “densa” (fatta di istituzioni, organizzazioni, tessuto sociale) ma oggi ci troviamo dentro ad una società “liquida”, per usare la formula di Zygmunt Bauman, più leggera, volatile e fragile. Definirla è divenuto un esercizio difficile.

Il tono generale e diffuso è quello dello spaesamento che crea una tensione tra “nostalgici” (che credono che fosse  meglio ieri) e “tecnologici politicamente corretti” (che vedono solo difetti nel passato). Il “wokismo”, ossia l’idea secondo la quale il passato vada emendato mediante la cancel culture, fa parte di questi ultimi.

Anciens e modernes

Tale nuova disputa tra “anciens” e “modernes” non porta a nulla né risolve il quesito: tutte le generazioni si lamentano sempre della perdita dei valori, fin dall’epoca antica, oppure cercano di dimenticare il passato considerandolo obsoleto.

Ciò che davvero identifica la nostra epoca è una paura “dolce” del futuro, non un panico acuto. In occidente tale sgomento è innanzi tutto il risultato demografico di una società con meno giovani e più anziani, quindi una società più fragile ed esposta.

«La paura – scrive Bauman – è il demone più sinistro del nostro tempo… paura e odio hanno le stesse origini e si nutrono dello stesso cibo: ricordano i gemelli siamesi condannati a trascorrere tutta la vita in compagnia reciproca. In molti casi non solo sono nati insieme ma possono solo morire insieme. La paura deve per forza cercare, inventare e costruire gli obiettivi su cui scaricare l’odio mentre l’odio ha bisogno della spaventosità dei suoi obiettivi come ragion d'essere: si rimpallano a vicenda e possono sopravvivere solo così».

La paura non ha bisogno di spiegarsi, non teme dimostrazioni né ragionamenti, resta vitale perché intuitiva. Bauman aggiunge che la paura può divenire un balsamo per anime tormentate: «Le paure senza sbocco e perciò tossiche, non possono riversarsi sulle loro vere cause ma possono facilmente e tangibilmente rovesciarsi su chi appare e si comporta da straniero, dagli ambulanti ai mendicanti».

Questo tipo di paura crea odio indifferenziato che può colpire chiunque o inserirsi in qualunque questione, come i vaccini ad esempio. D’altronde nelle nostre società a livello globale uno dei settori economici di più ampia espansione è quello della sicurezza: dalla diffusione delle armi alle porte blindate e panic room, dagli allarmi alle agenzie di sicurezza (pubbliche e private), ai contractor, ai sistemi tecnologici, videocamere nelle città, controlli ecc., fino alla trasformazione degli stessi assetti urbani con la nascita delle gated community, le comunità protette o l’utilizzo di milizie e contractor.

Il paradosso è che in un’epoca in cui la sicurezza della vita personale e collettiva in occidente è certamente la più alta mai goduta dagli esseri umani nella storia, anche qui tutti cercano di proteggersi sempre più e la paura continua a diffondersi.

Più si sottolinea il bisogno di sicurezza e più si crea allarme sociale e tale percezione crea una realtà fittizia parallela a cui si presta fede. Ecco perché uno dei modi di abbassare il livello di odio è sdrammatizzare senza essere indifferenti: ragionare con serenità, che è l’opposto di ciò che si nei talk show, tutti concentrati sulla realtà fake parallela.

Perdita di fiducia

La coppia paura/odio crea una zona oscura: quell’indistinzione che è minaccia, considerata inassimilabile o inaccettabile disagio per la propria identità e le nostre abitudini. Tale sentimento si diffonde in maniera pervasiva (senza frontiere), creando un’emozione incontrollata e contagiosa.

Si tratta di un avversario molto insidioso della convivenza pacifica e della democrazia perché intacca la fiducia collettiva. Come un virus pandemico, la paura funziona con il metodo dello spillover (passa da un corpo all’altro ed è difficile ritrovarne l’origine) e non ha bisogno di giustificazioni né di dimostrazioni.

Colpisce ogni corpo sociale, ogni status, ogni cultura, ogni nazione e ogni tipo di regime. In Europa la paura si concentra su alcuni obiettivi come gli stranieri. Straniero è tutto ciò che pare aggredire il nostro stile di vita ma la paura è ingegnosa e opera confondendo i piani tra immigrati, rifugiati, nomadi, musulmani, terroristi.

L’indistinzione regna sovrana ed eccita gli animi. La paura/odio ha un suo meccanismo che va a raffiche: sbarchi, terrorismo, crisi economica, pandemia (polemica sui vaccini) e poi ricomincia daccapo.

La paura/odio schiaccia tutto sull’istante presente, sul palpito emotivo che non crea memoria cosciente: fa dimenticare che di crisi economiche ce ne sono sempre state, che non siamo alla nostra prima pandemia (meno globali di questa ma pur sempre pericolose come ebola e sars), che le migrazioni si protraggono da decenni, che la crisi dell’islam ha almeno 30 anni, che il terrorismo l’abbiamo prodotto anche in casa e così via.

La paura/odio è isterica, non ama il ricordo né il ragionamento, pretende immaginarie soluzioni immediate, come se non ci fosse bisogno di capire ciò che realmente accade. Può fare ammalare un’intera società senza che ci si ricordi quand’è cominciata; si trasmette con la cultura del sospetto, l’ignoranza, il disprezzo, la dimenticanza. E punta drammaticamente al conflitto violento.

Il meccanismo della coppia odio/paura inizia sempre allo stesso modo, oggi come nel passato: descrivere una finta apocalisse che non esiste. Si addita un nemico. Di preferenza si utilizza un gergo militare (sbarchi, invasione, fino ad arrivare alla guerra) e si grida alla libertà negata (come i No-vax, ma anche altri).

Si fa leva sul “senso comune” dei cittadini dopo averli terrorizzati. Chi obietta viene tacciato, o almeno sospettato, di “tradimento” dell’identità nazionale o locale; nei casi migliori di “buonismo” o ingenuità.

Solitudine

Tutto può far paura: è un impasto di paure reali ed immaginarie, una vera matassa da districare. Tale clima di paura è preparato dalla cultura del disprezzo legata ai pregiudizi e all’incomunicabilità. Molto si deve alla solitudine: l’uomo solo e isolato è più facile da convincere a credere a qualunque cosa.

Tali processi incrinano i vincoli di vicinanza rappresentati dalla pietas e dallo spirito di convivenza. Mettono anche in crisi la politica che dovrebbe riunire o razionalizzare ma si trova costretta ad inseguire le ondate emozionali. Il legame sociale si corrode. In tale maniera chi non ha diritti ne otterrà ancora meno: viene considerato un fuoriuscito colpevole.

È il povero stesso ad essere accusato di aver mancato nei confronti della società per essere diventato un peso. Lo stesso avviene per l’anziano che vive troppi anni: il dono di una vita più lunga (frutto della ricerca e dell’innovazione) diviene una maledizione.

Durante la pandemia gli anziani morti nelle Rsa e negli istituti in modo massiccio, e quelli che non possono ricevere visite: rappresentano una società già fragile che viene ulteriormente divisa. Ecco perché per comprendere la qualità sociale ed umana – e il tasso di umanesimo – di una società, occorre osservarla dal basso: è lì che si trova il sensore più delicato per comprendere ciò che sta accadendo.

Se i poveri soffrono di più, se peggiora la loro già difficile condizione di vita, significa che si sta deteriorando l’intera situazione pubblica. Chi inizia dai più poveri e dai fragili arriva a tutti perché capisce prima il quadro generale e cosa sta avvelenando la società. 

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