Uno degli aspetti più spiacevoli dell’essere ebreo in Europa è dover prendere le distanze da amiche e amici spesso portatrici e portatori di pregiudizi inconsapevolmente ereditati dalla cultura in cui sono cresciute e cresciuti. Ma, si sa, amicus Plato, sed magis amica veritas («Platone mi è amico, ma più amica mi è la verità»).

Mi tocca, dunque, tornare su un passo di un’intervista rilasciata dall’amico Vito Mancuso il 3 marzo scorso al Venerdì di Repubblica e di cui, via social, ho avuto contezza solo ora. Poco male, il tema non è certo passato di moda.

Mancuso racconta dello «strazio» infertogli dall’aver dovuto leggere ai funerali del suo amico Lucio Dalla, il famoso capitolo 22 della Genesi, che vede protagonisti Isacco e suo padre Abramo. Passo notissimo anche ai non specialisti, come poche altre immagini bibliche. Dice l’amico Vito: «Un doppio strazio. Un brano della Bibbia che non sopporto: Genesi 22, il sacrificio di Isacco, uno dei passi più terribili. Un modello di fede, quella di Abramo, che io non tollero. E nemmeno credo sarebbe piaciuto a Lucio. Un Dio che ti dà un coltello per scannare un figlio. La fede come obbedienza senza criterio, anche quando l’etica viene calpestata».

Sull’abnorme fraintendimento di questi versi è già intervenuto, con ben più autorevolezza di me, Rav Gianfranco Di Segni con un intervento sul sito riflessimenorah.com. Anzitutto non esiste nessun sacrificio, si ha, semmai, la legatura di Isacco. Secondo: quello stesso Dio malefico che ricorre nelle parole di Mancuso è lo stesso che frena la mano di Abramo quando si appresta a «scannare» il figlio in ossequio a un mal inteso ordine mai ricevuto. Terzo, continua ancora Rav Di Segni, è sempre il Dio che vieterà i sacrifici umani ancora in uso nel mondo pagano. Come scritto apertamente in Deuteronomio 18, 10.

Si potrebbero, poi, citare infiniti brani in cui il Dio biblico arresta la sua violenza, oltrepassando, e di molto, persino il dovere verso la giustizia. Per chi ha gli strumenti per leggere, a cominciare dalla conoscenza della lingua in cui è stato scritto il Pentateuco, il primo di questi momenti è la creazione del mondo, poi la trasgressione degli alberi, che avrebbero dovuto produrre anche le cortecce commestibili, il «peccato» di Adamo ed Eva, l’omicidio (anche questa un’espressione assai approssimativa) di Caino, e ancora con la generazione del diluvio verso cui il Signore ha peccato di comprensione.

Rappresentazione schematica

Una rappresentazione così schematica e semplificata da far pensare che la misericordia sia nata col cristianesimo e che questi ebrei sono dediti al culto di un Dio sadico che prova piacere a vedere i padri che uccidono i figli. Insomma, i perfidi judaei. Come invece sanno tutti coloro, anzitutto cristiani e cattolici, che si occupano di queste cose in modo minimamente informato, la predicazione di Gesù si inserisce non solo nella tradizione della Torah, ma persino in quella orale confluita nel Talmud, di cui nei Vangeli ricorrono numerose immagini.

E qui si apre un’altra questione: ma possibile che intellettuali notissimi, che godono della ribalta mediatica, non conoscano cose rinomate nel proprio ambiente? In proporzione, sarebbe come se un idraulico non sapesse cosa sia un tubo.

Lasciamo stare che Repubblica ha un direttore ebreo che le cose sottolineate da Rav Di Segni le conosce benissimo, ma una riflessione sui criteri di selezione del settore informazione e cultura qualcuno dovrebbe pur farla.

Analoghi strafalcioni, purtroppo, si sentono in questi giorni sulla situazione israeliana, dove si sentono intellettuali descrivere l’infame e fondamentalista governo Netanyahu come compimento del sionismo. Forse andrebbe loro ricordato che tre dei quattro partiti suoi alleati sono da sempre antisionisti! E l’altro non c’entra proprio nulla col sionismo herzliano che abbiamo conosciuto. Ma, questa è l’impressione, chi scrive così non conosce minimamente il soggetto di cui parla. A ben vedere, un fil rouge che lega le considerazioni su Genesi 22 e queste analisi antisioniste c’è: l’antico odio antiebraico che l’intellettualità europea succhia dalla nascita insieme al latte materno.

© Riproduzione riservata