C’è un solo scandalo nel discorso di Fedez al concertone del primo maggio, ed è il contenuto delle dichiarazioni di politici leghisti sui gay «aberrazioni della natura» o «sciagura per la specie» che il cantante ha raccolto e decantato. È stato un passaggio di quaranta secondi in tutto, che tuttavia è riuscito, più di molte discussioni pubbliche sul ddl Zan, a smascherare le ragioni profonde dell’opposizione di destra alla sua approvazione.

Mentre i rappresentanti della Lega in parlamento si danno una spolverata democratica, accusano di forzatura ideologica i promotori della legge, e provano a strumentalizzare le critiche del campo femminista e Lgbt, con la voce di Fedez da quel palco arrivano le loro autentiche parole d’odio. Le parole di una forza politica che alimenta, senza vergogna, una cultura di disprezzo verso le persone omosessuali e trans.

Un simile orrore dovrebbe agitare l’opinione pubblica, dovrebbe sollecitare la politica a fare presto e bene, superando il prima possibile i dissensi tra le parti sinceramente interessate a portare in porto un norma contro l’omofobia e la transfobia.

È difficile, perciò, non leggere nel gesto di Fedez la manifestazione di un “impegno” dell’artista, a prescindere da ogni altra considerazione sulla sintesi che lui rappresenta delle figure di cantante, influencer, imprenditore.

In un paese che ha conosciuto in varie versioni il cortocircuito tra politica, affari e media c’è più di una ragione per stare in guardia verso ogni nuova “discesa in campo”. Non si può ignorare, però, l’importanza della presa di parola pubblica, quando il successo e il potere derivati dall’appartenenza al mondo dello spettacolo sono messi a disposizione di battaglie difficili, come sono quelle per i diritti delle minoranze.

Se oltre a ciò c’è, come probabile, un calcolo di marketing, significa che esiste un pubblico ampio pronto a sostenere questa causa. Anche così, il cantante ha suonato la sveglia per la politica.

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