C’è un vulcano che apparentemente non è ancora totalmente esploso tra le creature di nuovo tipo che hanno ripopolato la landa isolata della musica italiana degli ultimi anni. Manca poco. Si chiama Tutti fenomeni e non a caso – già dal nome – molla uno ceffone al cremoso buonismo del cosiddetto “indie”, specie romano.
Dietro il nomignolo ci sta uno solo poi, Giorgio Quarzo Guarascio (il secondo nome è meraviglioso, perché ha il padre fisico o chimico). Indefinibile, frutto di una intera collana col bordo nero di Bollati Boringhieri sbocconcellata qua e là ma anche dei migliori stornelli romaneschi, disinteressato apparentemente a una uniformità e a un’identità sonora, eppure sbruffone come uno schiaffone dato per finto scherzo fuori scuola dal più bravo ma problematico della classe, Tutti fenomeni è unico. Così l’ha costruito Quarzo – che ha una faccia e una postura assurde – insieme al produttore fuoriclasse ex I cani (iniziatori di tutta questa roba 15 anni fa), Niccolò Contessa, mortacci sua. 
È in tour (farmacologico, si chiama Antidoto alla morte) da sabato scorso fino alla conclusione, ovviamente a Roma, il 24 febbraio. Parliamo.
A cosa stai pensando in questo esatto momento?
Beh, provo a fare un elenco... Direi: pattume, mediocrità, conformismo, ipocrisia…
Ma le pensi tutte? Che fatica hai fatto? 
Le penso tutte, poi non so verbalizzarle tutte, son parole che mi comunicano e mi fanno sentire un po’ l’iniquità del mondo.  
Ma te ne frega davvero dell’iniquità? Siam sinceri. Dilla tutta.
Non me ne frega niente dell’iniquità però poi alla fine, mi frega delle persone, quindi… Sì, in realtà sono mosso dalla pietà.  
E questo cosa ti fa fare?
Eh, non riesco a vedere la violenza né la miseria. E però, diciamo, sono immobilizzato dal salvare. Non riesco a farlo. Forse riuscirò a salvarmi, ma di salvarmi non mi interessa.
Hai detto di avere avuto un’educazione cattolica, o non è vero?
Mah.. ho fatto gli scout. E ho servito a messa. Devo dire che una delle cose che ho – non voglio chiamarle qualità, perché è una mia peculiarità che però dovrebbe essere di tutti – è che sono sempre molto prono all’ascolto. Così si forma il mio carattere, ho pazienza nell’ascoltare. Anche l’omelia, i salmi…Ma io facevo solo gli scout e sono stato anche cacciato perché bestemmiavo, facevo il coglione… Ma è stata un’esperienza bellissima, impagabile, soprattutto mentre il mondo si andava digitalizzando. Ti insegna anche a stare un’ora zitto, a rispettare la volontà del gruppo. 


Stai dicendo che tu hai una soggettività retrattile?
Sì, comunque credo nel “grande noi”… Prima dell’io sono, siamo, il “noi”.
In genere però questo grande noi ha tre destinazioni: uno la politica, due la chiesa, tre le organizzazioni umanitarie. Quattro: tenerselo per sé.
Tenerselo per sé. Io sono un po’ quello. Potrei immaginarmi un futuro in tutte le tre cose che hai detto, però penso che me lo terrò per me. 
Perché un po’ chierico lo sei. Ci ho pensato l’altro giorno quando ti ho guardato un po’ meglio. Hai proprio la faccia quasi da calendario in bianco e nero dei preti del Vaticano.
Questo è uno dei più grandi complimenti che mi hanno mai fatto nella mia vita. Eh, sì. Però, per dirti, ci sono delle piccole frasi della Bibbia che mi sono rimaste nella testa e mi hanno ossessionato.
Hai delle visioni che preferisci, dei testi sacri che sfiori tuttora? 
In realtà li ho incamerati solo in parte. In generale io sono un grande segnatore di frasi. Io mi segno frasi a cui poi cambio destinazione d’uso, sono un campionatore, appunto. Per questo dico anche un “grande noi”: perché prendo da tutti e poi io di mio forse non ho grandissime idee. Per questo dicevo per me sarebbe una grande sfida mettermi a scrivere una mia cosa che va da “A a B”, finalmente. Cimentarmi in una roba del genere per me sarebbe un grande modo per crescere il mio “io” vero. 
Questo è il punto. Qual è? C’è? 
Eh, non lo so se c’è, dai.
Stai dicendo che sei il primo artista, uno dei pochi artisti al mondo, che sostanzialmente è una ciambella. Una ciambella cava che non mette in scena il proprio io. 
Esattamente, perché “il proprio io” ci ha sfinito.
Quello che tu fai, o fingi di fare, è uno dei giochi più difficili in assoluto, perché poi ti tocca star sul palco, ora che è appena partito il tour. Ok, ti sei tolto il tuo nome, non usi la tua faccia per la comunicazione. Ma non credo sia nemmeno questo sia programmato. 
Perché poi sono anche un grande timido, nasco come un grande timido. Sul palco salgo per vincere la timidezza. Lì faccio qualcosa per me. 
E cosa diventa? Sfacciataggine?
No, diventa ancora più quel vuoto della ciambella. Io insomma non scrivo canzoni e non faccio niente per far rispecchiare gli altri in me, cioè per far rispecchiare l’altro nell’opera. Cioè, secondo me l’opera deve ispirare, istigare e dare mondi altri rispetto a quello che c’è. Non è assolutamente descrittiva di qualche cosa che esiste. È una promessa di qualcosa nel futuro che avremo noi insieme, quindi poi quel che saremo noi insieme dopo.
Chissà che vorrai dire mai…
Diciamo che metto calma ai pensieri confusi degli altri. 
Comunque alla fine “questo” son tutti libri, Giorgio. Sei immerso nei libri, è come se fossi fatto di carta.
Sono fatto di carta… Di ossa e carta. Io leggo un sacco di saggi sulla letteratura in realtà, perché non ho la pazienza di leggere per davvero i romanzi. Leggo solo le analisi dei romanzi, sono un figlio di puttana! Io credo nella strada della redenzione dello studio. Però non riesco a studiare, nonostante sto sempre col libro in mano.


Carta e ossa. Quindi potresti anche fare teatro, contemporaneamente, ovviamente sei cinema vivente… A te interessa far musica fino a un certo punto, no?
Fino a un certo punto. No, non è vero. Sono sicuro che sia una cosa che potrò fare per sempre, perché poi scrivere la canzone e la melodia giusta è impagabile. 
Dici che prima o poi ci metterai il nome, la faccia, come musicista? Il nome completo qual è?
Giorgio Quarzo Guarascio. 
Il cognome lo cambiamo. Guarascio è troppo… si arrotola un po’. Non è facilmente pronunciabile.
Tutti fenomeni è brutto però, ma lo terrò per la musica. 
Forse te l’ho già chiesto, nelle risse tu meni?
No. So’ il primo a scappare. Non lo so. Cioè, in situazioni estreme mi potrei anche fare coraggio, un po’ di audacia ce l’ho. 
E dove la tiri fuori?
Dalla paura, perché sono uno che ha così tanta paura che… soprattutto della piazza, del pomeriggio. 
Hai paura di sparire?
Sì. Non c’è niente che mi fa più paura di stare su una nave di notte, mettere le mani così e vedere quel buio. Sì. Sono proprio molto legato alla vita. Ho paura di crepare. Sono attaccato diciamo al dilemma e al miracolo della vita. E perciò ho paura per gli irrisolti e per gli irrisolvibili. Quindi potrei anche non mangiare e non bere, però alla vita ci tengo lo stesso.
Vuoi sapere come andrà a finire?
Sì, vorrei sapere come andrà a finire e come andremo a finire. 
Vabbè, dai. Hai anche 25 anni. 
Sì.
A parte che non ne hai 25, ma come minimo 172. Ma neanche, sei a.C., sei avanti Cristo, quindi come minimo ne hai 2024. 
Sono rigido, come dici tu. Mi devo un po’ sciogliere. 
No, non sei rigido, però sicuramente ti sei dato tante cinghie. 
Ah, sì. San Pietro in vincoli. 
Eh, sì. Sei pieno di vincoli che ti sei dato da solo. Tipo Houdini: ti sei messo in una valigia, ti sei buttato nel Tevere, sei incatenato, non chiedi aiuto, ma nonostante tutto tutti intorno cantano le canzoni tue… tiri al miracolo, in poche parole. 
Sì.

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