Mentre i tifosi soffrono, chi guarda soltanto al vile denaro si fa una domanda semplice: il progetto della Superlega può funzionare? La risposta sembra essere positiva, anche se dipende quale prospettiva si adotta. Per le squadre fondatrici del nuovo campionato europeo per club è un potenziale affare, per gli altri un potenziale disastro.

È una perfetta metafora della globalizzazione e degli errori che abbiamo commesso nel gestirla in questi anni nei paesi occidentali: benefici per alcuni vincitori, costi per molti sconfitti. Ci sarebbe la possibilità di riequilibrare, ma i vincitori non hanno interesse a condividere parte del valore che creano e non lo faranno.

La Superlega serve a costruire un prodotto di intrattenimento vendibile in tutto il mondo, in particolare in Asia. La Cina è diventato un mercato così strategico per il basket americano che i vertici della NBA si devono piegare a quelli del Partito comunista.

Nel 2019 Pechino ha minacciato ritorsioni per un tweet a sostegno di Hong Kong di un dirigente degli Huston Rockets e subito la NBA si è dovuta riallineare per non mettere a rischio almeno 500 milioni di ricavi annuali. Marchi e aziende della più grande classe media emergente del mondo ora avranno un altro sport su misura: il calcio europeo.

La Superlega diventerà un concorrente inaffrontabile per tutte le leghe nazionali che oggi vendono i loro diritti di trasmissione in Cina, come il gruppo Suning proprietario dell’Inter che trasmette la Serie A. Tra una Serie A senza Inter, Milan e Juve e una Superlega che include anche Real Madrid, Barcellona ecc, lo spettatore cinese preferirà sempre la Superlega. Quindi il valore dei diritti tv della Serie A crollerà all’estero.

La logica del pacchetto

E in Italia? Pure. I diritti televisivi si vendono a pacchetto in virtù delle preferenze dei tifosi. Semplificando un po’, se io sono tifoso dell’Inter darò valore massimo alle partite in cui gioca l’Inter e quasi zero alle altre, specie se sono in contemporanea. I tifosi delle squadre piccole sono diversi: sono molto interessati a seguire la loro squadra, ma anche ai big match della giornata che, per definizione, non coinvolgono mai la loro squadra e sono quasi un prodotto a parte.

 Per questo la Lega, tramite i suoi intermediari, vende le partite a pacchetto invece che singolarmente: costringe, di fatto, tutti i tifosi a pagare anche per partite alle quali non sono davvero interessati. E lo spacchettamento tra leghe – i diritti della Serie A sono venduti separatamente dalla Serie B, che a sua volta ora è trattata con monopoli differenziati tra satelliti e digitale terrestre da un lato e streaming dall’altro – è studiato per massimizzare i ricavi per il venditore dei diritti. In modo che sia massimo il potere del titolare dell’esclusiva nel mercato di riferimento, cioè che possa spremere il più possibile dai tifosi.

Con la Superlega il valore dei vari pacchetti crolla: i tifosi del Cagliari continueranno a essere disposti a pagare per veder giocare il Cagliari, ma pagheranno una cifra inferiore sia perché il Cagliari giocherà con squadre meno importanti ma anche perché una parte di loro deciderà di dedicare parte del budget che ha a disposizione per pagare l’abbonamento alla Superlega.

I tifosi dei club esclusi dalla Superlega sono scontenti perché, per quanto disposti a seguire il proprio club sempre e comunque, sanno che l’interesse per il campionato nel quale la loro squadra gioca crollerà. Per dirla con linguaggio economico, l’utilità che deriva da una partita della propria squadra del cuore dipende in gran parte da chi è l’avversario (e più l’avversario è forte, maggiore l’utilità che deriva dalla vittoria). Per i tifosi di Juve, Milan e Inter, invece, la qualità dell’intrattenimento è destinata a migliorare: invece che vedere Romelu Lukaku segnare al Crotone, lo vedranno segnare al Manchester City.

Il ricatto

Gli azionisti dei club della Superlega lo sanno e scommettono sul fatto che, alla fine, le leghe nazionali non potranno permettersi di espellere i club più prestigiosi che, grazie alla Superlega, avranno una ulteriore notorietà a livello mondiale.

I tifosi del Bologna o dell’Atalanta dovranno però accontentarsi di vedere i propri giocatori in campo con le riserve della Super squadra, un po’ come le squadre di Serie C che hanno l’illusione di giocare contro la Juventus quando affrontano la sua squadra Under 23, usata per testare futuri campioni, non certo per vincere quel campionato minore.

In sintesi: l’operazione Superlega sembra destinata a creare valore da una parte – il nuovo campionato – e a distruggerlo dall’altro, le leghe nazionali. Non sappiamo quale sarà l’effetto netto, ma anche se fosse positivo a beneficiarne sarebbero le 12 squadre fondatrici della Superlega a spese delle decine e decine di squadre e tifosi che lasciano in campionati nazionali svuotati. Una perfetta storia di globalizzazione che, nel passaggio dal locale al globale, genera costi per molti, ricchezza per pochi e disuguaglianza per tutti.

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