- Il settore convegnistico/congressuale è ancora in attesa di una disciplina ad hoc che permetta agli organizzatori, ai clienti e agli enti ricettori di poter impostare con un minimo di strutturazione, lungimiranza e certezza la propria programmazione annuale o pluriennale.
- Federcongressi si è mossa: le linee guida sono al vaglio del ministero della Salute per essere recepite (si spera senza cambiamenti in peius) con ordinanza del ministro. A oggi, tuttavia, siamo un limbo decisorio che rende molto complessa l’attività, minando sensibilmente il già debilitato indotto garantito dal settore.
- L’impatto della pandemia, purtroppo, si trascinerà ancora per molto tempo. Sarebbe quindi opportuno e necessario partire con politiche non di sostegno diretto, ma di maggiori agevolazioni fiscali.
Il complesso settore convegnistico, congressuale e di intrattenimento in generale ha avuto, negli ultimi (quasi) due anni, alterne vicissitudini e subìto, in quanto attività economicamente rilevante, interventi normativi nazionali e locali non sempre omogenei e razionali. Quello che più ha influito su predetti settori è stato il continuo “stop and go”.
L’incertezza dei tempi e il grande dispendio organizzativo/economico richiesto dalla macchina preparatoria hanno spinto gli organizzatori e le agenzie di settore a ridurre al minimo i motori in attesa di una maggiore “stabilità” e certezza normativa.
Lo stesso nostro complesso “Paganini Congressi”, qui a Parma, ha visto innumerevoli momenti di avvicinamento da parte di interlocutori nazionali ed interinazioni, “ammiccamenti” poi non finalizzati o solo parzialmente finalizzati, proprio a causa dell’incertezza sulle reali possibilità di ripartenza definitiva.
Diverso, in parte, il discorso per i luoghi di cultura - che il più delle volte, come nel nostro caso combaciano con i centri congressi/convegni (pensiamo a cinema, teatri, musei ecc.) che hanno visto una riapertura graduale e che, a oggi, possono giovarsi del 100 per cento della capienza (solo in zona “bianca”).
Una disciplina
Il settore convegnistico/congressuale, viceversa, è ancora in attesa di una disciplina ad hoc che permetta agli organizzatori, ai clienti ed agli enti ricettori di poter impostare con un minimo di strutturazione, lungimiranza e certezza la propria programmazione annuale o pluriennale. In tal senso Federcongressi si è mossa e si sta muovendo in maniera decisa affinché venga superata la discrasia di trattamento delineato dal DL 139 dell’8 ottobre u.s che ha portato le capienze al 100 per cento, come detto, per gli spazi culturali con conseguente deroga al distanziamento interpersonale, non facendo, tuttavia, alcun riferimento alle attività convegnistiche e congressuali. Solo la Conferenza delle Regioni, con atto del 13 ottobre 2021, ha preso posizione equiparando i centri congressuali e le location per eventi ai luoghi di cultura.
Tali linee guida sono al vaglio del ministero della Salute per essere recepite (si spera senza cambiamenti in peius) con ordinanza del ministro. A oggi, tuttavia, siamo un limbo decisorio che rende molto complessa l’attività, minando sensibilmente il già debilitato indotto garantito dal settore.
In attesa, appunto, di interventi diversi, restano in vigore le norme e linee guida precedenti (DL n. 52/22.04.2021 e le linee guida del 28 maggio 2021 – Conferenza delle Regioni) dove non si fa riferimento, differentemente da quanto era previsto ad esempio per teatri, ad un numero massimo di ingressi specificando, tuttavia, l’obbligatorietà del distanziamento interpersonale di 1 metro.
Tale previsione ha reso, di fatto, gli spazi utilizzabili a circa il 50 per cento della capienza nominale. I convegni e i congressi che, per loro stessa etimologia e natura, hanno nell’incontro personale e nello scambio relazionale il focus dell’attività, sono stati minati - e lo sono purtroppo tutt’ora- in questo elemento essenziale.
Un gap non colmato dai collegamenti in remoto che hanno si reso possibile l’effettuazione delle convention a distanza, ma che chiaramente non possono essere sostitutivi del “contatto” umano. Non trascurabile e marginale, infine, è lo sforzo economico richiesto inizialmente a tutti gli operatori del settore, per adeguarsi alle normative sanitarie in tema di prevenzione da infezione da Covid -19: dall’obbligo di dispositivi di protezione individuale (molte volte introvabili se non a costi esorbitanti), alla misurazione della temperatura corporea (quindi aumento del personale dedicato), alla sanificazione specifica degli ambienti ed al controlli in generale.
L’impatto della pandemia
I decreti “ristoro” che dal 2020 a oggi si sono susseguiti, non hanno frenato l’emorragia economica a cui siamo stati sottoposti. Solo la volontà e la tenacia degli operatori ha permesso alle strutture di mantenere i “motori al minimo” adeguandosi, a volte, ad inconsuete richieste (nel nostro caso abbiamo ospitato concorsi ed udienze del Tribunale) proprio per limitare la rapidissima e repentina discesa delle concessioni.
L’impatto della pandemia, purtroppo, si trascinerà ancora per molto tempo. Sarebbe quindi opportuno e necessario partire con politiche non di sostegno diretto, ma di maggiori agevolazioni fiscali, intervenendo sul costo del lavoro e sull’abbattimento delle accise/imposte di alcuni costi fissi di struttura o per servizi essenziali (si pensi, ad esempio, al riscaldamento ed all’elettricità).
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