Tre mesi fa io, Flavia Restivo e Andrea Giorgini abbiamo lanciato una petizione affinché venga istituita l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole superiori nella città di Roma e del Lazio.

Nel giro di poco la petizione ha raggiunto circa 34mila firme e puntiamo a raddoppiarne il numero prima di depositarle fisicamente. La petizione nasce dalla comunanza di intenti politici con Restivo durante le amministrative di Roma, per le quali eravamo candidate entrambe per la carica di Consigliere comunale.

L’Italia è uno degli ultimi cinque paesi europei a non avere come materia d’insegnamento l’educazione sessuo-affettiva, accanto a Cipro, Lituania, Bulgaria, Polonia e Romania. Questa mancanza è un tassello fondamentale per  una società più consapevole costruita sul consenso e sul rispetto.

Infatti, l’educazione sessuo-affettiva come auspicata non comprenderebbe solo la conoscenza anatomica del corpo umano, ma di un percorso che dovrebbe abbracciare il tema del consenso, dell’educazione all’intimità, che aprisse il dibattito su orientamento sessuale e identità di genere, che puntasse a trattare il tema del sesso e della disabilità, delle malattie sessualmente trasmissibili, ma anche di diritto alla salute e diritti riproduttivi. Non si parla di incoraggiare alla pratica sessuale, ma che supportare le persone giovani nel loro sviluppo sessuale ed emotivo.

La petizione

La petizione parte da un primo passo, cioè dall’istituzione di una giornata formativa con esperti esterni alla scuola e di uno sportello di consuelling online che fornisca agli studenti un luogo sicuro per ricevere informazioni scientifiche, laiche e affidabili da personale competente.

Istituire l’insegnamento l’educazione sessuo-affettivo nelle scuole come obbligatorio non sembra essere una una scelta di coscienza, ma di civiltà. Secondo il rapporto Policies for Sexuality Education in the European Union” (2013), «nella maggior parte dei Stati membri dell’Unione europea questa materia è obbligatoria (in Germania dal 1968, in Danimarca, Finlandia e Austria dal 1970, in Francia dal 1998)».

Secondo l’ultimo rapporto dell’OMS - Organizzazione mondiale della sanità - i programmi di educazione sessuo-affettiva nelle scuole confermano un impatto diretto con il drastico calo di gravidanze indesiderate, di abusi sessuali, di malattie sessualmente trasmissibili e di discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e identità di genere.

Inoltre, visto che gli stereotipi e discriminazioni di genere occupano un ruolo importante sulla conseguente espressione della sessualità, l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole «può avere un impatto positivo sulle attitudini e sui valori condivisi, sulla dinamiche delle relazioni personali, contribuendo così alla prevenzione di abusi e al rafforzamento di relazioni consensuali e reciprocamente rispettose del partner».

Attualmente in Italia i maggiori ostacoli all’istituzione dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole sono le opposizioni da parte della Chiesa cattolica e di alcuni partiti politici, come ripreso dal rapporto Sexual Education in Europe. È dal 1991 che il nostro paese prova a compiere questo importante passo avanti con un progetto di legge che voleva inserire l’insegnamento nelle classi di biologia, seguito dal tentativo fallito di realizzare un libro a fumetti commissionato dal ministero della Sanità a Silver (l’inventore di Lupo Albetto) su come i contraccettivi a barriera potessero aiutare la prevenzione di malattie come l’AIDS, a cui invece è stato preferito il libretto “non ho l’età” - come riporta Valigia Blu.

In generale negli ultimi trent’anni sono state diverse le proposte di legge ad essere bloccate sul tema: ricordiamo il Pds nel 1995, Nichi vendola e Alberta de Simone nel 1996, Flavio Rodeghiero nel 1999, Franco Grillini nel 2007, Celeste Costantino nel 2013, Giuseppina Castiello nel 2015 tra le altre.

Questo non vuol dire in assoluto che l’educazione sessuo-affettiva in Italia non ci sia, ma che manca una legge nazionale o regionale che la renda obbligatoria e ne uniformi gli insegnamenti, la metodologia e l’ampiezza. L’obbligatorietà andrebbe a colmare la disparità tra scuole in base alla lungimiranza o meno del corpo docente e delle differenze di contesto socio-demografico.

L’educazione sessuo-affettiva è importante venga vissuta in un ambiente istituzionale come quello scolastico. Innanzitutto non tutti dispongono di contesti familiari sicuri, né i familiari possono avere competenze specifiche in discipline così complesse.

In secondo luogo, una società che lavora sul benessere delle proprie cittadine è uno stato che si assume la responsabilità di affrontare tematiche come la violenza di genere, consenso e diritti riproduttivi in modo amorale e positivo. La caratteristica dell’amoralità, soprattutto, sarebbe difficile all’interno di un contesto familiare, ma fondante in un contesto istituzionale.

Avere un momento di confronto a scuola con esperti del settore aiuterebbe la nostra società a compiere un passo importante circa gli argomenti sessuo-affettivi: porterebbe la comunicazione pubblica a fare un salto dal ruolo educativo a quello informativo. Del resto non si auspica che lo Stato insegni ai cittadini cosa sia giusto fare, ma che fornisca loro ogni informazione - scientifica e accurata - su come vivere nel rispetto e nella salute di sé e delle altre persone.

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