Il nuovo millennio ha aperto nuove opportunità al mondo, grazie all’incredibile balzo tecnologico, i progressi della scienza, il consolidamento della coscienza ambientale, la creazione di nuovi meccanismi di coordinamento multilaterale. Tuttavia, le ultime due decadi ci hanno presentato anche sfide straordinariamente complesse, dal cambiamento climatico alla cyber security, dalle pandemie alle nuove povertà al terrorismo internazionale.

A livello politico, ci siamo misurati con l’impatto destabilizzante della Brexit e dell’Amministrazione Trump, con il riacutizzarsi del confronto tra Stati Uniti e Cina e con l’attivismo di attori come Russia, Turchia e Paesi del Golfo nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, con crisi e conflitti nel vicinato europeo.

Queste sfide chiamano in causa tutti i cittadini, la politica e le istituzioni, ma sono particolarmente cogenti per le forze democratiche e progressiste, che hanno visto vacillare la resilienza delle democrazie di fronte alle minacce securitarie e alla disinformazione, hanno dovuto confrontarsi con la crescente attrattiva di modelli alternativi come quelli autocratici e populisti, e  hanno dovuto affrontare la contestazione dei valori civili e sociali su cui si fondano. La reazione di queste forze, dall’Europa agli Stati Uniti, non è stata sempre efficace, è stata raramente coesa e talvolta poco coerente.

In Italia il principale partito progressista, il Partito democratico, ha dovuto e dovrà fare i conti con scelte difficili, che non possono essere prese senza una visione complessiva del contesto internazionale e la chiara consapevolezza del ruolo che il partito vuole e può giocare, all’interno del paese e nella sua proiezione esterna. Serve una bussola identitaria e strategica. Alcuni ancoraggi del passato, come una certa ambiguità nel riconoscere l’urgenza delle sfide securitarie e identitarie accanto a quelle sociali, vanno abbandonati perché non più in grado di interpretare la realtà contemporanea.

Alcune scelte, come quella europea e atlantica, accanto all’attenzione specifica per la dimensione mediterranea, vanno rinnovate e consolidate perché garanzia di continuità e credibilità internazionale. Altre posizioni vanno elaborate e attuate per rispondere a esigenze in continua evoluzione.

Sono soprattutto queste ultime che richiedono un esercizio di riflessione ed analisi, che identifichi una serie di direttrici per affrontare le principali fratture del nostro tempo. Come conciliare, ad esempio, la spinta alla democratizzazione con la necessità di dialogare con regimi autoritari, dalla costa sud del Mediterraneo al vicinato orientale? Quale grado di iniziativa unilaterale l’Italia deve essere pronta ad assumere in caso di necessità, senza venir meno alla sua adesione alle istituzioni e al metodo multilaterale?

E ancora: esistono quote di sovranità irrinunciabili anche in uno scenario di integrazione sempre più profonda tra gli Stati europei? Quale visione possiamo proporre che sappia coniugare le principali opportunità della globalizzazione con la protezione sociale dei più deboli e la lotta all’esclusione? Come bilanciare apertura internazionale e necessità di regolamentazione e controllo da parte degli Stati in settori come quello commerciale, digitale o culturale?

Solo trovando dei punti di equilibrio valoriali e strategici su queste e altre questioni sarà possibile formulare decisioni politiche coerenti sulle molteplici questioni internazionali che ci riguardano, sulla crisi libica, sull’economia digitale, sulla difesa europea o sulla riforma delle istituzioni delle Nazioni Unite. È questo che ha spinto il partito democratico a dotarsi di un Comitato di esperti sulla politica estera, costituito dai principali referenti del partito in materia di politica estera ed internazionale e alcune delle migliori risorse del paese nel mondo universitario, della ricerca, dell’analisi politica e del policy making.

Il suo obiettivo principale è sviluppare un dialogo che definisca come coniugare, nel lungo periodo, i criteri valoriali del partito con le direttrici strategiche di una politica internazionale progressista. I risultati dei lavori del Comitato saranno presentati in autunno per dare il via ad un confronto più ampio con la comunità democratica dentro e fuori il partito.

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