Doveva essere la svolta verde, all’insegna di quella transizione ecologica che avrebbe condotto il Paese in un futuro più pulito, per cercare di fare la propria parte nella battaglia globale alla crisi climatica in corso. Abbiamo analizzato il Piano nazionale di ripresa e resilienza e c’è ben poco di tutto questo.

Per tale motivo, con un blitz organizzato questa mattina a Roma, attivisti di Greenpeace Italia hanno fatto visita a quattro ministeri della Capitale per apporre nuove targhe e rinominarli simbolicamente.

Così il dicastero del ministro Cingolani è diventato il “Ministero della Finzione Ecologica”, quello del ministro Giovannini il “Ministero dei Treni Persi e dell’Immobilità elettrica”. I dicasteri dei ministri Patuanelli e Giorgetti sono stati ribattezzati rispettivamente “Ministero per gli Allevamenti Intensivi ed Altre Attività Inquinanti” e “Ministero dello Sviluppo che Distrugge il Pianeta”.

Ma entriamo nel vivo dell’analisi del piano. A parte pochi capitoli di spesa ben indirizzati - dalle smart grid, a un po’ di risorse per gli accumuli per le rinnovabili, dal solare agrivoltaico (per il quale però andrebbero verificati i costi per GW) fino ad arrivare al riferimento per gli elettrolizzatori, con l’obiettivo di 1 GW - il Piano presentato nelle scorse ore alle Camere da Mario Draghi rivela l’assenza di una strategia della transizione. Non pone infatti priorità chiare sulle rinnovabili e sulla mobilità urbana cui si lasciano le briciole, non propone nulla sull’agroecologia e declassa l’economia circolare a una mera questione di gestione rifiuti. Il piano, inoltre, apre di fatto all’idrogeno blu (prodotto da gas e usando il Carbon Capture and Storage) di Eni.

L’idrogeno

Certo, verranno fatte delle gare per assegnare i fondi sui progetti per l’idrogeno. Ma chi oltre a Eni - che produce già l’idrogeno - potrebbe produrre idrogeno (blu) avendo, guarda caso, a disposizione pozzi esausti di gas per fare il Ccs? Sulle rinnovabili tutto è affidato a riforme per accelerare le autorizzazioni a impianti rinnovabili, cosa su cui, a voler essere ottimisti, speriamo di vedere novità positive. Se poi a questo aggiungiamo le recentissime autorizzazioni date dal Mite a impianti a gas e trivellazioni, il quadro della transizione ecologica risulta chiaro: una finzione. 

Per capire la situazione del settore delle energie verdi dobbiamo, però, fare un passo indietro. Dopo il boom delle rinnovabili incentivate negli anni 2008-12 si è registrata una frenata, avviata già col Governo Monti e sostenuta da tutti i governi succedutisi fino al Conte bis. Il cui Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) era centrato sul gas, con buona pace dell’aspirazione “rinnovabile” del Movimento 5 Stelle. Ebbene questo andazzo pare proseguire anche con il Governo Draghi, dato che nemmeno adesso per il settore sembra esserci una svolta positiva.

Le rinnovabili?

Le rinnovabili sono state frenate da norme retroattive sugli incentivi (erano troppo generosi, bastava copiare meglio la Germania) che, assieme alle lungaggini burocratiche infinite e le competenze spezzettate tra diversi enti, hanno portato a far scappare gli investitori e a produrre tempi di autorizzazione che per l’eolico arrivano addirittura fino a 9 anni. Con il paradosso di autorizzare un progetto quando la tecnologia è già cambiata, e di molto.

Cosa andrebbe dunque fatto per invertire questa situazione, generata dalla politica a difesa del mercato del gas e da tutti (tutti) i governi degli ultimi anni? Il PNRR era l’occasione giusta per mettere risorse importanti e modificare la situazione. Si è destinato 2,2 miliardi di euro alle Comunità Energetiche – una nuova forma di autoproduzione e scambio di energia rinnovabile “territoriale” - ma solo per i Comuni sotto i 5 mila abitanti, quindi con limitate capacità di pianificazione (ci sono pochi ottimi esempi). Bene: quanto andava allora stanziato per promuovere questo nuovo schema in comuni più grandi e nelle aree a maggior consumo di energia? Questo aspetto è un esempio del minimalismo rinnovabile del Piano di Draghi.

Sempre restando in tema di città: alla mobilità sostenibile locale vanno le briciole – eppure la maggior parte della mobilità delle auto è proprio in ambito urbano – mentre si spende quasi tutto su progetti per l’alta velocità. Finanziare i treni è cosa buona, ma è necessario dare più rilevanza alle reti locale che possono avere un effetto molto più significativo nella riduzione delle emissioni di CO2. 

Una importante parentesi sul fronte energia. Il Financial Times ha in questi giorni dedicato spazio alla “minaccia esistenziale” per la multinazionale del petrolio Exxon. Una minaccia che, in Italia, aleggia anche su Eni: dall’Accordo di Parigi a oggi il Cane a sei zampe ha fatto ben poco – a parte un efficacissimo, ma altrettanto disgustoso greenwashing – con il suo piano industriale che punta a uscire progressivamente dal petrolio per spostarsi sul gas fossile (e dove lo si userà tutto quel gas?). Con un occhio alle rinnovabili finora minimalista, giusto per sventolare qualche bandierina verde.

Tornando al Pnrr, se il piano spagnolo mette la mobilità elettrica - pubblica e privata - al primo posto, il nostro Piano su questo tema è molto timido: evidentemente Stellantis non è ancora pronta a competere sul mercato internazionale e forse bisogna perdere tempo affinché recuperi lo svantaggio. 

La posizione di Cingolani

Un passaggio va fatto anche sulle affermazioni delle ultime ore dal ministro Cingolani, secondo cui le auto elettriche saranno efficaci solo quando avremo il 72 per cento di rinnovabili. Ebbene, facciamo sommessamente notare che già adesso le auto a trazione elettrica non solo riducono le emissioni di CO2 anche sul ciclo di vita, ma inoltre (come si può facilmente intuire) consentono di abbattere le emissioni di vari inquinanti, che respiriamo quotidianamente nelle città ingolfate e che pesano sulla nostra salute.

Insomma, il piano che stiamo per mandare alla Ue serve più a proteggere i ritardi dell’industria dell’auto e l’assenza di strategie serie di quell’industria petrolifera che, con una transizione energetica seria, sarebbe davvero in grandi difficoltà.

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