Sui fatti di sabato 9 ottobre a Roma, e il salto di qualità di quello che può ben definirsi “squadrismo nero” contro la Cgil, il dibattito pubblico torna a incartarsi sul convitato di pietra del busto in bronzo di Benito Mussolini. È fascismo? Che relazione c’è col fascismo storico? In che modo forme di violenza politica possono richiamarsi o riportarci verso il fascismo? E si parla di gruppi isolati, o quelle in azione sono avanguardia di un fenomeno di massa che a quello si riconduca? A 99 anni esatti dalla “marcia su Roma”, il richiamo alla quale è stato esplicitamente fatto ieri dal leader di ‘Forza Nuova’ Giuliano Castellino, ma celebrata nel 2019 anche dal governatore delle Marche Francesco Acquaroli, del partito di Giorgia Meloni, è bene, senza complicare fino a un dibattito per studiosi, ma senza trivializzare, come spesso viene fatto sui grandi media, provare a chiarire alcuni punti.

Cosa si intende per neofascismo

Quando si paventa un “nuovo fascismo” si possono intendere tre cose: il fascismo storico, nelle due accezioni di movimento e regime, oppure il neofascismo della storia missina e dell’eversione nera degli anni Settanta. Quest’ultimo è allo stesso tempo più vicino e più lontano. Più vicino, perché alcuni agitatori di quella stagione sono tuttora attivi, basta pensare a Roberto Fiore, o militano perfino in forze parlamentari, Lega e Fratelli d’Italia, come le recenti inchieste di Fanpage hanno evidenziato. Ma è anche più lontano, perché quello da un lato si richiamava direttamente al reducismo repubblichino e dall’altro fungeva da manovalanza subalterna nello stragismo nel contesto della guerra fredda.

Ben più interessante, per fatti con rilevanza penale come l'assalto squadrista alla Cgil a Roma, o per migliaia di altri episodi di violenza censiti su tutto il territorio nazionale nel XXI secolo, tra i quali almeno quello del fascioleghista Luca Traini a Macerata trascese a livello globale nell’eversione suprematista bianca, fare dunque riferimento all’epoca anteriore all’avvento del fascismo, al “fascismo movimento” e non al “fascismo realizzato”. Quest’ultimo infatti fu evidentemente ben altro.

Gli elementi fascistoidi

Nessuno (dotato di senno, cultura, ponderazione) di fronte ai fenomeni odierni può infatti pensare al "fascismo regime", al Ventennio, alla guerra, alla militarizzazione dei rapporti sociali (Enzo Collotti, scomparso questa settimana), alla “religione politica” declinata nel culto del Littorio (Emilio Gentile), e neanche, almeno in quella forma, al compromesso personale tra il duce e le classi dominanti (Luigi Salvatorelli).

Allo stesso tempo il chiamare il regime fascista in causa per negarlo è un elemento polemico usato strumentalmente proprio per assolvere gli elementi fascistoidi, nel discorso pubblico, nelle mentalità, e nel personale politico, sotto i nostri occhi. Siccome il fascismo storico, intendendo con questo il “fascismo regime”, è morto e sepolto, allora nessun richiamo al fascismo, nemmeno al fascismo “malattia morale” crociano, sarebbe ammesso. E sarebbe invece ovviamente ammesso tutto l’armamentario polemico del presunto “fascismo degli antifascisti” che sarebbero illiberali nel denunciare un fascismo inesistente. Non solo: per decenni abbiamo visto la criminalizzazione in blocco dei movimenti sociali di sinistra: anche una sola vetrina rotta, in manifestazioni dove sfilavano decine di migliaia di persone pacifiche, era funzionale alla demonizzazione di tutti.

Il ribaltamento

Qui si assiste a un palese ribaltamento: se la violenza è a destra, il trascinamento di “pochi violenti” assolverebbe automaticamente la massa, “pacifica per antonomasia” e portatrice di legittime rivendicazioni. Meno male, verrebbe da dire, se non fosse palese la strumentalizzazione, il doppiopesismo e il tentativo di negare sempre e comunque la pericolosità delle destre attuali per la tenuta del regime democratico.

Dunque, è proprio l’evocazione del fascismo storico a divenire una foglia di fico per non parlare di fascismo, laddove il dibattito pubblico dovrebbe almeno reintrodurre la fondamentale differenza che Renzo De Felice faceva tra "fascismo movimento" e "fascismo regime". Nelle masse anonime che scendono in piazza contro il Green Pass, manovrate, manovrabili, radicali e radicalizzabili, che sfilano fianco a fianco con fascistelli di varia risma, e pensano che la Cgil sabato abbia avuto quello che si meritava, è presente tutto il paradigma del “fascismo movimento” che – attenzione – non era solo lo squadrismo, ma era un ben più ampio schieramento che non solo a questo guardava con simpatia, ma era innanzitutto insofferente verso l’italietta liberale e quel defatigante esercizio di trattativa e di equilibrio di poteri chiamato democrazia. È quello che Renzo De Felice definiva il ribellismo “del ceto medio [che si considera] schiacciato tra borghesia e proletariato” (declinabile all’oggi in miti quali l'Europa matrigna e l'immigrato invasore). Questa, negli ultimi decenni, si è espressa per esempio nella ribellione [evasione] fiscale o nell'odio antiimmigrati, transitando sotto numerose bandiere e non sposandone nessuna, come anche il declino di Matteo Salvini pare indicare.

Massa e pandemia

Il fascismo storico si propose come quello che, in nome della nazione, ripristinava legge e ordine. Le odierne masse anonime, illuse per decenni di non essere più proletarie, ma senza divenire mai davvero ceto medio (anche per cronica mancanza di acculturazione, come i dati testimoniano per l’Italia più che altrove), sembrano qui non cercare più legge e ordine ma un’anomia caotica. Sconcertato dalla pandemia, questo piccolo ceto medio insofferente, spaventato, rancoroso e incompiuto nelle proprie aspirazioni si è prima disperso e poi si è riorganizzato ancora più a destra. Lo ha fatto nel negazionismo per il Covid e nell’infantile no al vaccino, alle mascherine, al passaporto verde, ma spacciando tutto questo come battaglia libertaria. Una libertà – va da sé – individualista, asociale, vittimista, pigra, totalmente slegata da ogni responsabilità sociale, quindi certamente fascistoide.

Il livello di violenza odierna è incomparabile con quello del dopoguerra di cent’anni fa. Il fenomeno squadrista assassinò circa duemila persone in un paio d’anni, facendo poca differenza tra socialisti, cattolici e liberali e contribuendo in modo decisivo alla resistibile ascesa del cavalier Mussolini. Tale differenza è chiara, ma siamo comunque di fronte a una miscela esplosiva.

Il pericolo è qui e ora

Masse intimamente fascistoidi, che negli anni hanno appoggiato battaglie come quelle salviniane pro-armi, indottrinate dai media a non discernere il falso dal vero, vedono un’avanguardia indiscutibilmente fascista, quale quella di gruppi come Forza Nuova, che aspira a mettersi alla loro testa, usando la violenza per scavalcare l’estremismo dell’estrema destra parlamentare, la più grande estrema destra parlamentare d’Europa, con la quale il dialogo, le relazioni (politiche ed economiche), il cameratismo, le cene, nelle birrerie di Monaco o in un ristorante marchigiano, non si sono mai interrotti.

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