Ramiro ha 45 anni. È arrivato dal Perù l’anno scorso con un visto turistico. A Milano, a settembre, ha trovato un lavoro come lavapiatti in nero a Chinatown e un posto letto in una casa presa in affitto da un suo lontano parente al Corvetto.

Tra quello che prendeva al ristorante (400 euro al mese) e quello che doveva pagare per l’alloggio (170 euro), facendo attenzione, ce n’era abbastanza per sopravvivere. Poi a febbraio è arrivato il lockdown e il fragile equilibrio è saltato. «Per i primi due mesi, mio cugino ha chiuso un occhio, poi però mi ha detto che dovevo trovare una soluzione perché senza i soldi che gli passavo ogni mese anche lui non sarebbe più riuscito a pagare il proprietario di casa».

La soluzione che Ramiro ha trovato è stata una panchina nel parco del quartiere. Da giugno è quello il giaciglio dove la sera posa il capo.

L’inchiesta di Scarp de’ tenis

Quella di Ramiro è la storia di apertura dell’inchiesta di Scarp de’ tenis sull’accoglienza delle persone senza dimora nel periodo invernale. Molti la chiamano “emergenza freddo”. Nulla di più sbagliato. Il freddo è come il Natale. A dicembre arriva. Ingiustificabile, allora rimanere impreparati.

Ramiro è uno degli sfrattati dal Covid intercettati da Caritas Ambrosiana. «Da aprile ad agosto 2020, tra la fase uno e la fase due dell’emergenza sanitaria, sono state 314 le domande di alloggio giunte al nostro sportello», dice a Scarp Pedro di Iorio del Servizio accoglienza immigrati di via Galvani, a poche centinaia di metri dalla stazione Centrale.

«A chiederci aiuto sono stati soprattutto stranieri, fuoriusciti dal sistema di accoglienza e in parte finiti in strada, perché a causa dell’emergenza sanitaria, perdendo il lavoro e quindi il reddito, non sono più stati in grado di sostenere i costi dei subaffitti che pagavano in nero, quasi sempre a loro connazionali».

Una stima verosimile ci fa dire che potrebbero essere 3mila oggi le persone che, solo nel capoluogo lombardo, avranno bisogno di un ricovero per la notte. Un impegno al quale il capoluogo meneghino ha risposto con efficienza negli anni passati.

Ciò che però desta preoccupazione, insieme al calo delle temperature, è la nuova ondata di contagi. Il rischio, generalizzato, è quello di dover limitare il numero dei posti dell’accoglienza e di dover chiudere, come successo al tempo del lockdown, le porte dei centri e dei dormitori.

Gli invisibili

Scarp ha avvicinato Caterina Cortese di fio.PSD la federazione che unisce le associazioni impegnate nei servizi per le persone senza dimora. «Possiamo stimare che, da un lato, per l’aumento dei senza tetto dovuto a svariate ragioni, dall’altro, a causa della riduzione dei servizi, nei prossimi mesi avremo per strada, in tutto il Paese, il 20 per cento dei senza dimora in più rispetto all’anno precedente».

Invisibili, per i quali gli appelli a “restare a casa” suonano come una tragica beffa.

L’inchiesta di Scarp de’ tenis si muove lungo le città più importanti del Paese. A Firenze, 130 posti dislocati in più strutture, l’accoglienza invernale partirà tra la fine di novembre ed i primi di dicembre, sino alla fine di marzo.

A Genova, dove pure durante il lockdown il sistema di accoglienza genovese aveva ricevuto un forte sviluppo, si registrano incertezze e precarietà. «I servizi per le persone senza dimora», dice Alberto Mortara di Fondazione Auxilium, «funzionano con modalità ridotte».

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A Roma la Caritas, ogni inverno, amplia il numero dei posti nei propri ostelli (da 90 a 105 alla Cittadella della carità, da 25 a 60 a Ostia e fino a 210 posti nel grande dormitorio di via Marsala, vicino alla Stazione termini), ma al momento i numeri sono addirittura ridotti: «In via Marsala, per il Covid, siamo dovuti scendere a 96 posti invece dei normali 188», spiega a Scarp Alberto Colaiacomo, portavoce della Caritas di Roma.

«Abbiamo fatto delle proposte al Comune, per individuare anche degli hotel Covid, spazi dove fare la quarantena prima di essere ammessi all’ostello, ma con i nuovi contagi temiamo che la situazione resterà questa: chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori».

Anche la Comunità di Sant’Egidio, d’inverno, riesce a raddoppiare i posti. Da qualche anno viene aperta anche la chiesa di San Callisto in Trastevere per dare rifugio notturno agli homeless che i volontari incontrano sulla strada nelle notti più fredde.

A Torino l’obiettivo dovrebbe essere almeno il mantenimento del migliaio di posti messi a disposizione lo scorso anno dalla collaborazione tra pubblico e privato sociale, considerando il numero stimato di circa 1.700 senza dimora a Torino. Così pure a Vicenza.

«Ma quest’anno», dice Luciano Gualzetti direttore di Caritas Ambrosiana, «non sarà sufficiente aggiungere posti letto in più nelle strutture». Occorre fantasia e responsabilità. Servirebbe un piano nazionale che poggi su alcuni cardini, dicono alla fio.PSD.

Il superamento del dormitorio come unica risposta al problema, insieme allo sviluppo di un sistema di accoglienza diffuso fatto di appartamenti e piccole comunità. E infine l’apertura di strutture che garantiscano continuità dell’accoglienza tra la notte e il giorno.

L’inchiesta completa sul numero di Scarp de’ tenis in vendita online su www.social-shop.it, in strada e davanti alle parrocchie per tutto il mese di novembre

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