Il decreto rilancio con l’articolo119 ha dato vita a un provvedimento senza precedenti, che riconosce una detrazione fiscale del 110 per cento per gli interventi sull’efficienza energetica e sicurezza sismica degli edifici. È un’opportunità non ripetibile per riqualificare e rendere più sicure le nostre abitazioni. 

È un importante passo per la salvaguardia dell’ambiente, per la salvaguardia delle vite umane quando si verificano importanti eventi sismici (purtroppo ricorrenti nel nostro paese), ed è una occasione importantissima per rilanciare il mercato dell’edilizia in Italia. Potrebbe avere una grande ricaduta, sia per l’indotto che genera, sia in termini di posti di lavoro diretti e, non ultimo, per la riaffermazione dell’importante ruolo sociale dei professionisti coinvolti.

Tuttavia i risultati prodotti fino ad oggi sono sicuramente modesti, le pratiche presentate all’Enea e i cantieri partiti sono appena 200, su un patrimonio edilizio di decine di milioni di unità immobiliari potenzialmente interessate.

Un problema di fondo

I motivi sono molteplici: la complessità degli adempimenti, le interpretazioni della norma, i continui aggiornamenti legislativi, la burocrazia dello stato e, soprattutto, delle banche e dei soggetti finanziari coinvolti nella cessione del credito. Evidentemente, c’è un problema di fondo.

La norma nasce con le migliori intenzioni, ma l’applicazione risente di inesperienza e ingenuità: l’utilizzo massiccio di questo credito d’imposta avrebbe un costo enorme per l’erario che, in caso di utilizzo soltanto nel 20 per cento degli edifici compatibili con le prescrizioni della norma, inciderebbe nel bilancio dello Stato, per i prossimi 5 anni, per circa 200/250 miliardi di euro. Tutto ciò spiegherebbe il tentativo continuo dell’apparato burocratico (che in molti casi è una garanzia di salvaguardia) di mettere i bastoni tra le ruote a un’iniziativa politica avventata, con grave ricaduta sui conti pubblici.

La possibile soluzione

Sarebbe bastato elevare, come per altri bonus notevolmente penalizzati da questo provvedimento, l’aliquota di detrazione al 90 per cento, per selezionare gli interventi dove realmente sono necessari ed evitare questo preoccupante fenomeno di Esco e General Contractor, che si sono gettati nell’”affare”, andando a proporre a condomini interventi improbabili a costo zero, sfruttando imprese e professionisti costretti a ridurre i loro corrispettivi, generando gravi conseguenze sui singoli proprietari degli immobili, (con l’aiuto delle approvazioni facili in Assemblea condominiale), su cui l’Agenzia delle Entrate si andrà a rivalere in caso di problemi.

Inoltre questi grandi gruppi societari, che acquisiscono il credito e che hanno facilità di fare accordi con le banche, a differenza di piccole imprese e professionisti, non hanno, per espressa volontà legislativa, alcuna responsabilità diretta nell’operazione, avendo scaricato tutto sui professionisti che asseverano.

Il rischio

Ma chi spiegherà al pensionato in difficoltà, che riceverà dall’Agenzia delle Entrate, dopo anche 5 anni, la cartella di ingiunzione di pagamento per la restituzione della detrazione utilizzata, più sanzioni e interessi, (parliamo anche di 80mila / 90mila euro ad appartamento), che dovrà fare causa al professionista, con l’assicurazione che invocherà il dolo e si tirerà fuori e le grandi società che saranno al riparo con i loro ingenti guadagni (si stima circa il 20/30 per cento dell’indotto, ovvero diversi miliardi di euro).

Ne va della stabilità sociale del nostro paese. Si fa ancora in tempo ad organizzare controlli severi in tal senso e a prolungare l’efficacia della norma per almeno due o tre anni, ma con un’aliquota più bassa del 110% e attribuendo le opportune responsabilità, soprattutto in termini di risarcimento, alle grandi società impegnate in questo ambizioso e importante progetto politico.

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