La recrudescenza dei contagi da Covid-19 ricrea l’esigenza di aiutare lavoratori e imprese ad attuare i protocolli sulla sicurezza del lavoro, e di avere ispettori in grado di controllarne l’attuazione, per disinnescare sul nascere tensioni e conflitti sociali.

Non può esserci dignità del lavoro senza sicurezza. E un Paese dove ogni otto ore, già prima della pandemia, si moriva di lavoro non può dirsi civile. Sulla sicurezza, la politica deve smetterla di rilanciare appelli nei suoi convegni o nelle giornate commemorative. Servono risposte. E servono oggi.

Controlli e ispezioni non sono tutto, ma sono parte di quello che manca. In Italia si muore di lavoro anche perché ci sono pochi controlli e soprattutto pochi controllori. Serve un reclutamento straordinario di ispettori, inclusi specialisti con nuove competenze nell’analisi dei dati e nella biosicurezza. E serve un’Agenzia unica per la sicurezza del lavoro.

La sicurezza è un bene pubblico e ci vogliono risorse e apparati pubblici per tutelarlo. In Italia c’è ancora chi dice che gli ispettori sono “contro” le imprese. Ma, paradossalmente, questo qualcuno si fa portatore di una visione negativa del nostro sistema imprenditoriale.

Le imprese hanno bisogno dell’aiuto e della collaborazione di professionisti della sicurezza per essere sicure su come applicare regole e protocolli. Senza questa collaborazione, c’è solo il Far West dei diritti, che rischia di sommergere i lavoratori più deboli, di svantaggiare la stragrande maggioranza delle imprese che investono sulla sicurezza, innescando una concorrenza sleale, e di favorire focolai di conflitto sociale di cui non abbiamo bisogno mai e a maggior ragione in recessione.

Nella scorsa legislatura, è stato creato l’Ispettorato nazionale del lavoro, riunendo gli ispettori di Inps, Inail e Ministero, ma quella riforma è rimasta incompiuta per varie ragioni. Innanzitutto per la mancanza di risorse finanziarie addizionali, che ci vogliono: perché le riforme a costo zero esistono solo negli editoriali degli economisti. E poi per il solito intreccio di resistenze burocratiche e categoriali. Questi limiti non possono trasformarsi in alibi. O peggio nella scusa – ventilata da più parti – per tornare indietro, separando di nuovo i corpi ispettivi.

Nel contesto innescato dalla pandemia da Covid-19, avrebbe ancora meno senso risuscitare il settarismo di diversi corpi ispettivi. Col rischio di esporre la maggioranza delle imprese sane alla vessazione di ispezioni non governate da una visione d’insieme. E depotenziando la lotta contro fenomeni d’irregolarità complessi, il cui contrasto richiede una forte unitarietà della vigilanza e del patrimonio informativo su cui si basa.

È il momento di rilanciare un disegno riformatore con coraggio, investendoci competenze, risorse finanziare, banche dati unificate e interoperabili. Con un’Agenzia unica dotata di vera autonomia gestionale e finanziaria. Va elevata la qualità dei controlli con un unico soggetto nazionale che programmi sul terri­torio le forze ispettive: perché interve­nire in un’azienda agricola del ragusano o dell’agropontino non è come ispezionare una fabbrica brianzola, un’industria chimica o un cantiere edile. Non solo.

La vigilanza va “ripensata”: rovesciando l’approccio tradizionale che vede nell’applicazione della sanzione la sola risposta alle irregolarità, per graduare gli strumenti d’intervento in base alla gravità dei comportamenti e alla possibilità di recuperare tutte le imprese nel perimetro della regolarità.

È per tutte queste ragioni che chiediamo al governo e alla maggioranza di compiere due atti concreti senza altri indugi, con il pieno coinvolgimento delle parti sociali. Primo: costituire subito la Commissione d’inchiesta su sfruttamento e sicurezza nei luoghi di lavoro già votata dal Senato (perché è uno scandalo che una commissione proposta a inizio legislatura sia stata votata soltanto quando la maggioranza ha avuto bisogno di una casella per fare un accordo sulle presidenze delle commissioni, salvo poi dimenticarsi di costituirla). Secondo: mettere subito in campo un disegno riformatore su Agenzia unica, ispezioni e incentivi (incardinando il disegno di legge n. 526 che giace in Senato dal giugno 2018). Servono nuove risorse, idee, competenze e basi informative. E servono adesso.

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