La Polonia ha dichiarato le cosiddette LGBT+ free zone, ovvero comuni, contee e regioni hanno adottato soluzioni dove si impegnano ad astenersi dall'incoraggiare la tolleranza verso le persone LGBTIQ e a bloccare i finanziamenti alle organizzazioni che promuovono la non discriminazione e l'uguaglianza. In risposta a questa scelta reazionaria, l’11 marzo 2021, l’Unione europea si è dichiarata LGBT+ Freedom zone per esprimere invece l’impegno dell’Ue a essere un luogo inclusivo e di tutele dei diritti dellə suə cittadinə. Nonostante l’evidente gioco letterario tra free e freedom, più che di libertà stiamo parlando di uguaglianza e tutele minime.

Com’è noto, alla proposte dell’Unione europea come LGBTIQ freedom zone hanno votato parere contrario in 141 europarlamentari di cui ben 31 sono italiani (tra cui Susanna Ceccardi, sindaca di Cascina e candidata del centrodestra, nel 2020, alla presidenza della Regione Toscana). Un numero ancora più rilevante se si considera che gli italiani che siedono nel Parlamento europeo sono 71. I partiti che hanno votato contro a una risoluzione di civiltà sono la Lega Nord, Fratelli d’Italia e in minor parte Forza Italia.

Qualche giorno dopo sui social media in Italia è diventato largamente diffuso un video di un’aggressione a due ragazzi omosessuali alla fermata metro Aurelia del Comune di Roma. Il video è del 26 febbraio e non era stato pubblicato per facilitare l’iter legale. Le immagini sono così dure che presto entrano nei trending topic digitali italiani. Sembra difficile, nei fatti, davanti a quello che la parola freedom in realtà rappresenta - e cioè la minima visibilità e sicurezza nel poter prendere la metropolitana in una grande città tenendo la mano al proprio compagno - dichiararsi contrari, e così Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, pubblica un post dove si dice solidale con i giovani. Allo stesso modo il Partito Democratico dichiara che si impegnerà nella battaglia sul Ddl Zan.

Dopo solo un paio di giorni il dibattito si arena e nessuno parla più della proposta di legge contro l’omolesbobitransfobia. Quella stessa legge che è uno dei motivi per cui l’Italia è stata formalmente richiamata l’11 marzo dall’Unione europea, insieme al tema che vede nel nostro paese come impossibile il riconoscimento come propria della prole dell’altrə per una same sex couple, ma anche di vedere riconosciuta la loro unione sancita in un altro paese dell’Unione. Per queste e molte altre ragioni, l’Italia è classificata al trentaquattresimo posto (su quarantanove) nell’ultimo report di ILGA-Europe, l'associazione europea ombrello che riunione più di cinquecento associazioni LGBT+.

Queste leggi sono di minimo rispetto democratico, non leggi avanguardiste di civiltà illuminate. Non a caso l’Italia precede in tema di diritti LGBT+ solo paesi in situazioni drammatiche come Polonia, Turchia, Ungheria e Cipro. Del resto la legge contro l’omolesbobitransfobia è nient’altro che l’ampliamento di una legge esistente che tuteli i cittadini da attacchi violenti, verbali e fisici, come quello che abbiamo visto nel video. Invece, nel dibattito pubblico polarizzato da forze politiche come Fratelli d’Italia e Lega Nord sembra di assistere allo scontro epico tra le forze del gender e la tradizione italiana, un racconto epico che poi finisce per sfaldarsi davanti a un video - che purtroppo racconta una realtà comune - che mostra che il ddl Zan non è contro la libertà di opinione, ma contro la violenza. Una constatazione così banale che finisce per riflettere lo stato pietoso in cui versa quello che ci piace ricordare come la culla del Rinascimento.

Secondo l’ultimo sondaggio Eurispes del 2020, in Italia lə cittadinə supportano in buona parte un allargamento dei diritti delle persone LGBT+. Il 67,8 per cento della popolazione è favorevole alle unioni same sex couple, il 59,5 al matrimonio egualitario arrivando fino a oltre il 77 per cento per lə giovani tra i 18-24 anni. Anche sul tema adozioni - quindi nemmeno il semplice riconoscimento della prole dellə coniuge - la percentuale di favorevoli è del 42 per cento. Quello che sembra mancare è la volontà di proporsi con forza e radicalità sui temi dei diritti civili. In Italia il dibattito non è dunque polarizzato, poiché l’aggettivo presupporrebbe vi siano due poli opposti a contrapporsi. Piuttosto sembra che il dibattito sia invece radicalizzato nel pensiero di destra, che si sta inasprendo anche a causa di uno sfasamento tra l’attuale geografia dei diritti (rimasta molto indietro) e la visibilità crescente nella cultura pop delle persone LGBT+.
Da una parte il settore culturale, e delle aziende, sta procedendo a una lenta ma progressiva inclusione delle persone LGBT+ nelle rappresentazioni e regolamenti interni - anche grazie alle rinnovate pressioni da parte di attivistə - dall’altra le argomentazioni delle forze più conservatrici provano a far passare l’idea che l’allargamento dei diritti di una parte di cittadinə rappresenti l’erosione dei diritti di tuttə le altrə.

Questo disallineamento porta a una sorta di shock “postcoloniale” dove l’uomo moderno - e uso la parola uomo non a caso - incapace di riconoscere i propri privilegi come tali, li denomina piuttosto come elementi identitari. Prende cioè la propria esperienza personale - che certamente ha una dignità - e la eleva a verità nella lettura socio-politica. Abituati costantemente dalle destre a questa lettura emotiva della politica, lə cittadinə non sembrano avere gli strumenti necessari per leggere questa lotta di rivendicazione di diritti civili come l’ampliamento di diritti basici e minimi, che nulla toglierebbe loro.

Al contrario: i risvolti positivi per le coppie eterosessuali dai diritti LGBT+ sono sempre stati rilevanti. Basti pensare che a usufruire delle unioni civili in Italia sono soprattutto persone eterosessuali e i benefici che una legge sull’adozione da parte delle coppie same sex porterebbe sul tema delle adozioni omogenitoriali, cioè con un solo genitore. Le stesse tutele e visibilità, conquistate dalla comunità LGBT+ e da quella femminista, che permettono a Giorgia Meloni di essere una madre non sposata in Chiesa e non per questo non tutelata dalla legge.

Tuttavia vorrei vivere in un paese che adotta soluzioni minime di rispetto dellə propriə cittadine non perché queste convengono anche alla maggioranza. Ma perché è giusto.

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