È stato il tema per cui lo scontro tra la Polonia e l’Unione europea si è fatto più duro, persino più di quello generatosi intorno all’indipendenza della magistratura o per la nuova legge sull’aborto. Si tratta delle cosiddette zone “Lgbt free”, uno status di cui un centinaio di regioni, province e singole città polacche hanno voluto “fregiarsi” a partire dall’estate 2019: un atto ideologico che ha evidenziato la deriva omofoba e razzista di parte del Paese.

Di conseguenza, a fine luglio 2020, sei di queste cittadine polacche si sono viste negare i fondi dall’Ue nell’ambito del programma “Europa per i cittadini”, nato per contrastare fenomeni di emarginazione e istanze anti-democratiche; a settembre, poi, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen aveva dichiarato che in Europa non ci sarebbe stato spazio per simili forme d’intolleranza.

Inizialmente, il governo polacco aveva deciso di intervenire per rifondere parzialmente le realtà locali colpite dal veto europeo; in seguito, però, sul tema è calato il silenzio.

La scorsa settimana è stato Bartosz Staszewski, attivista per i diritti civili e regista, nonché promotore di una campagna fotografica sui comuni polacchi “Lgbt free”, a riportare in auge l’argomento. Staszewski ha scoperto, infatti, che la Precarpazia ha perso 1,8 milioni di euro proprio a causa delle sue posizioni sul tema. I fondi andati perduti erano stati stanziati da Norvegia, Islanda e Liechtenstein nell’ambito del progetto “La via dei Carpazi”, di cui la regione sudorientale polacca era leader.

Servivano a sostenere fiere, festival e promozione di prodotti tradizionali dell’area: le sovvenzioni Eea e Norway grants mirano proprio alla riduzione delle disparità socio-economiche e al rafforzamento delle relazioni bilaterali con quindici paesi dell’Europa centrale e meridionale. Tutto è stato cancellato senza alcuna possibilità di appello.

Com’è andata

«Il fatto risale al settembre di quest’anno, quando un deputato norvegese aveva chiesto alla ministra degli Esteri del suo paese, Ine Marie Eriksen Søreide, quale fosse l’intenzione del governo riguardo ai fondi da destinare ad iniziative in Polonia, data l’istituzione delle zone anti-Lgb», racconta Staszewski. «La ministra aveva risposto che sarebbe stata cancellata ogni forma di sostegno. All’epoca la notizia uscì su alcuni giornali, poi venne dimenticata. Ho quindi deciso di scrivere alla diplomazia norvegese per sapere quali località avessero subito l’interruzione dei fondi. Questo perché le autorità polacche continuano ad evitare le domande in merito, sostenendo che la questione non sia di interesse per il Paese».

A Staszewski è stata inviata direttamente la corrispondenza tra Frode Dal Fjeldavli, responsabile per l’erogazione dei fondi norvegesi, e Izabela Barczyk-Olszewska, deputata alla raccolta dei fondi regionali polacchi, dove si legge: «Adottando una risoluzione che si riferisce esplicitamente all'ideologia Lgbt, il partner principale discrimina un gruppo specifico di persone», con esplicito riferimento alla Precarpazia. Una portavoce del ministero degli Esteri norvegese ha confermato che quanto pubblicato da Staszewski è assolutamente autentico; mentre, sul versante polacco, sono solo le autorità regionali a parlare, confermando l’annullamento dei fondi e minacciando ricorsi.

Anche la cittadina di Wilamowice, non lontano da Bielsko-Biała, nella regione della Slesia, aveva inizialmente ottenuto un contributo di 1.2 milioni di euro per la creazione di un museo folcloristico locale. Essendosi dichiarata zona Lgbt-free, rischia ora di perdere il finanziamento. Il segretariato centrale dei fondi norvegesi, infatti, ha sospeso l’erogazione del contributo e ha affermato di voler approfondire la situazione di compatibilità. Il sindaco di Wilamowice, Marian Trela, ha confermato che i soldi sono stati bloccati e che è in corso la procedura di verifica.

I primi passi indietro

Intanto, si registrano anche alcuni passi indietro rispetto alle precedenti posizioni anti-Lgbt. A fine settembre era stata la provincia di Sztum, nel nord del Paese, poco distante da Danzica, a cancellare la risoluzione firmata a febbraio. Le autorità locali avevano sottolineato che non si era trattata di una mossa opportunistica, perché allora si parlava poco di eventuali sanzioni europee e per niente di possibili tagli dei fondi norvegesi, e che si era voluto dunque evitare di trasmettere una falsa immagine della comunità come non accogliente.

Solo una decina di giorni fa è toccato al comune di Nowa Dęba, nella Precarpazia, fare marcia indietro e recedere dallo stato di zona “Lgbt free”. Nowa Dęba aveva perso in ottobre il gemellaggio, in atto da 14 anni, con la cittadina irlandese di Fermoy proprio a causa di una risoluzione di stampo omofobo. Su quindici membri componenti il consiglio comunale, dieci si sono dichiarati favorevoli al ritiro della risoluzione, altri quattro non hanno partecipato al voto ed uno si è astenuto. “Ultimamente sui giornali sono comparsi troppi articoli offensivi nei confronti della nostra cittadina. Si tratta di fake news che mirano a colpirci e che non restituiscono nulla di una comunità aperta e tollerante quale la nostra», ha detto il sindaco Wiesław Ordon per motivare il ripensamento.

Di pari passo con queste revisioni, sono da registrare diverse dichiarazioni di amicizia e solidarietà nei confronti del movimento Lgbt da parte di realtà locali: ultima in ordine di tempo è stata la cittadina di Szprotawa, ad ovest della Polonia. «Il Comune si impegna a osservare i principi fondamentali di uguaglianza e rispetto per la diversità di tutte le persone, indipendentemente da sesso, razza, età, disabilità, origine etnica, religione, credo e orientamento sessuale», si legge nel documento approvato dai consiglieri.

In un quadro così complesso, anche riaffermare un valore apparentemente scontato come la tolleranza può assumere un significato di rilievo.

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